LA “BUONA SOLA” DI RENZI E’ LEGGE, APPENA 48.000 PRECARI AVRANNO UN POSTO ( E SOLO GRAZIE AL TOURN OVER)
DEI 100.000 PROMESSI 52.000 NON VEDRANNO UN EURO… IN COMPENSO AVREMO UN PRESIDE MANAGER DEL NULLA… E IN AUTUNNO FARA’ MOLTO CALDO
Nel caldo torrido della Roma di luglio i deputati sciamano dall’ingresso principale di Montecitorio. Hanno appena trasformato “la buona scuola” in legge.
Ad accoglierli, al di là delle balaustre, una musica che potrebbe essere dei Modena City Ramblers, e un gruppo di insegnanti che fischia, e urla, e inveisce: “Ma ve la siete letta la legge o avevate troppa fretta di partire per il weekend?”.
È solo un preludio di quello che succederà ad ottobre.
Perchè uno strano incrocio tra scelte ponderate e alchimie parlamentari ha permesso l’approvazione della riforma quando anche gli ultimi maturandi avevano sostenuto l’orale. Ma quando i cancelli si riapriranno, la musica sarà diversa.
Dalle slide di Palazzo Chigi ad oggi la strada è stata accidentata. E ha percorso parallelamente la strada di tutto l’anno scolastico appena trascorso.
I 12 punti presentati lo scorso settembre avevano scatenato proteste e dissenso. Una protesta che si è allargata a macchia d’olio negli ultimi mesi, e che aveva portato Matteo Renzi ad annunciare uno stop e un momento di riflessione con una grande assemblea pubblica.
I tempi e le ragioni della politica hanno prevalso su quelle dell’ascolto, come dicono i critici. O, a dar retta ai sostenitori, si rischiava di bucare l’inizio dell’anno e dover rimandare tutto al 2016-2017.
Fatto sta che il governo ha accelerato, e chiuso la partita ben prima della pausa estiva, anche grazie ad un contestatissimo voto di fiducia posto al Senato.
Da settembre a oggi di sostanziale è cambiato che dei 100mila precari che dovevano essere assunti solo 48mila avranno l’agognato posto di lavoro.
Una circostanza, tra l’altro, dovuta in gran parte al fisiologico turnover, il saldo tra chi esce e chi entra nel mondo del lavoro (in questo caso nei posti di ruolo).
Gli altri 52mila dovranno aspettare. Quanto, non si sa.
Arriverà certo la nomina “giuridica”, ma sul reale percepimento dello stipendio consequenziale all’entrata in classe la partita rimane aperta.
Molto sarà in mano ai presidi. Perchè, sia pure aggiustato e limato, il caposaldo della riforma rimane l’autonomia scolastica, consegnata in larga parte all’autorità dei dirigenti scolastici.
Un eccessivo accentramento di poteri che non ha convinto nemmeno una fetta del Pd.
Al dirigente scolastico saranno assegnati compiti di direzione, gestione, organizzazione e coordinamento, oltre che di responsabilità nella gestione delle risorse, finanziarie e strumentali, e dei risultati del servizio, nonchè della valorizzazione delle risorse umane.
Insomma, la gestione di tutta la comunità scolastica. Dall’anno prossimo, inoltre, avrà la responsabilità di proporre gli incarichi ai docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento.
Una mattinata vissuta alla Camera in un clima surreale.
Solo 277 i sì, con i vertici del Partito democratico che non hanno fatto lavoro di “cammellaggio” dei peones, sicuri di incassare il via libera.
Eppure i quasi 40 voti sotto la maggioranza assoluta spingono i pompieri a gettare acqua sul fuoco prima che divampi l’incendio. Interviene perfino il ministro Stefania Giannini: “Numeri dovuti alle assenze più che al dissenso”.
Dissenso che però c’è stato. Pier Luigi Bersani e Gianni Cuperlo non hanno partecipato al voto. Pallottoliere alla mano, altri 37 colleghi hanno disertato il voto come scelta politica, tra cui l’ex capogruppo Roberto Speranza.
Il Movimento 5 stelle annuncia appelli al presidente della Repubblica, la Rete degli studenti iniziative a partire dal primo giorno di scuola.
Se per il Palazzo il caldo di luglio è quello dell’afa romana, a settembre a scottare sarà la protesta.
(da “Huffingtonpost“)
Leave a Reply