LA CARNEVALATA MILITARE DI PALAZZO CHIGI PER TENERE A BADA LA FRONDA DI SALVINI
MELONI IRRITATA CON SALVINI, PER CONTENDERSI IL VOTO DEI RAZZISTI SI INVENTANO DI NUOVO IL BLOCCO NAVALE IRREALIZZABILE, TANTO CI SONO I FESSI CHE CI CREDONO
Il videomessaggio all’ora dei tg è la mossa del cavallo. Giorgia Meloni la attua per scavalcare il pressing dell’Europa e per liberarsi dallo spettro incombente del fallimento su uno dei punti centrali del suo programma. Ma anche per svincolarsi dalla morsa della Lega che, in versione pre-Pontida, sull’immigrazione si è messa ad attaccare a testa bassa.
Il silenzio diventa imbarazzo e poi rabbia, nella giornata più nera della premier. Aveva promesso il blocco navale, aveva esordito al governo con un provvedimento contro le Ong, poi ha inseguito la chimera di un accordo con il governo della Tunisia retto da un autocrate. E ora si ritrova con un boom di sbarchi e con gli alleati del Carroccio a prendere le distanze, quasi a maramaldeggiare sul suo approccio troppo soft al problema.
La decisione di dare una risposta plateale, viene presa in mattinata, al termine di una riunione a Palazzo Chigi con i ministri Matteo Piantedosi e e Guido Crosetto, e con il sottosegretario Alfredo Mantovano, che precede la partecipazione all’assemblea di Confindustria. Matteo Salvini, si fa notare, non c’è.
Motivazione ufficiale che non scaccia i cattivi pensieri: il leader leghista è a Palermo, impegnato nel processo a suo carico. L’accelerazione, comunque, matura. E matura, per Meloni, in un clima di crescente insofferenza, di irritazione verso Bruxelles e verso i compagni di viaggio. Meloni scrive la lettera a Ursula von der Lyen, invitandola a verificare di persona la tragedia di Lampedusa (ma anche a garantire i 250 milioni dell’Ue promessi a Saied), scrive pure a Charles Michel per additare come “insoddisfacenti” i risultati degli impegni presi dai Paesi dell’Europa sulla tutela dei confini esterni.
Ma decide infine di rifilare una stoccata ai leghisti che in queste ore dicono chiaro e tondo che la via diplomatica della premier “non funziona”. Ecco come nasce quel passaggio del video in cui Meloni scandisce: «La strategia del governo italiano è quella più seria. Anche se ci vorrà tempo e determinazione».
D’altronde, la comunicazione serale arriva nel bel mezzo di uno scontro aperto nel governo. L’ultimo affronto, per la responsabile del governo, arriva da Roberto Calderoli, ministro di lunga navigazione e provata vicinanza al titolare di via Bellerio: «Quando Matteo Salvini era ministro degli Interni – dice Calderoli a metà pomeriggio – tutto ciò non si verificava, per cui a buon intenditor poche parole». Meloni legge queste parole e trasecola. Il malessere rimbomba nella battuta feroce trasmessa da fonti della Presidenza: «Calderoli sta chiedendo le dimissioni di Piantedosi?».
E non è affatto piaciuta, né alla premier né al ministro della Difesa Guido Crosetto, la dichiarazione di Salvini sulla necessità di inviare la Marina nel Mediterraneo per fermare le imbarcazioni dei migranti. Al di là del merito, questa affermazione viene letta come un’invasione di campo. L’ennesima, da parte dell’ex Capitano che ha fatto della lotta all’immigrazione illegale un cavallo di battaglia, quando ancora sognava di fare il premier.
Il ministro della Difesa ricorda bene cosa accadde a marzo, prima del consiglio dei ministri di Cutro, quando nella bozza del decreto scritto per poter dare la caccia «agli scafisti in tutto il globo terracqueo» spuntò il famigerato “dispositivo integrato interministeriale di sorveglianza marittima”, un organismo che avrebbe dato tutto il potere proprio alla Marina e dunque a Crosetto, escludendo Salvini dalle operazioni di sorveglianza in mare. Il vicepremier, in quell’occasione, andò su tutte le furie e chiese di ritirare l’emendamento. Solo qualche mese fa, si sottolinea, Salvini fece di tutto perché la Marina non si potesse occupare di immigrazione e adesso la invoca. E dagli ambienti del ministro della Difesa arriva un’altra battuta senza filtro: «Salvini è passato dal “faso tuto mi!” a una cosa che assomiglia al “mandate l’esercito” di alemanniana memoria…». Il sarcasmo che anima gli “off” del governo la dice lunga sul momento. Una cosa è certa: la Difesa adesso avrà un ruolo non secondario nella partita: al ministero di Crosetto, e non agli Interni, è stata affidata la realizzazione dei nuovi centri dove saranno trattenuti gli immigrati illegali.
L’enfasi della reazione di Meloni, quell’appello accorato in coda, rivolto direttamente agli elettori («Lavoriamo ogni giorno per mantenere gli impegni che abbiamo sottoscritto con voi») racconta dell’incubo di un flop, anche alla luce dei sondaggi che raccontano di una flessione del consenso per il partito della premier. Sullo sfondo, il timore più sottile. Che del fallimento dell’azione di contrasto all’immigrazione illegale stia tentando di avvantaggiarsi non l’opposizione. Ma, guarda un po’, il compagno di banco.
(da agenzie)
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