LA DUCETTA IN VERSIONE COMBAT, DIMENTICATELA: LA GIORGIA CHE VOLERA’ DOMANI A WASHINGTON E’ UNA PREMIER IMPAURITA, INTENTA A PARARSI IL SEDERINO PIGOLANDO DI ”INSIDIE” E “MOMENTI DIFFICILI”
IL SOGNO DI FAR IL SUO INGRESSO ALLA CASA BIANCA COME PONTIERE TRA USA-UE SI E’ TRASFORMATO IN UN INCUBO IL 2 APRILE QUANDO IL CALIGOLA AMERICANO HA MOSTRATO IL TABELLONE DEI DAZI GLOBALI . PRIMA DELLE TARIFFE, IL VIAGGIO AVEVA UN SENSO, MA ORA CHE PUÒ OTTENERE DA UN MEGALOMANE IN PIENO DECLINO COGNITIVO DALL’UCRAINA ALLE SPESE PER LA DIFESA DELLA NATO, DA PUTIN ALLA CINA, I CONFLITTI TRA EUROPA E STATI UNITI SONO TALMENTE ENORMI CHE IL CAMALEONTISMO DI MELONI E’ DIVENTATO OGGI INSOSTENIBILE
La Giorgia versione Combat, che dall’alto della sua statura si trasformava in un Rambo coi boccoli che non ha paura di fulminare con un’occhiata quel galletto di Macron e di sfanculare il Consiglio europeo rifiutando il voto a Ursula von der Leyen, beh, dimenticatela.
Messa dal destino cinico e baro davanti al viaggio a Washington di domani, ecco avanzare una Meloni che non nasconde le incertezze e mette prudentemente le manine avanti: “È un momento difficile, vediamo come va nelle prossime ore”.
A farle compagnia nel pararsi il sederino è il suo “Genio” di Palazzo Chigi, Fazzolari: “Il viaggio non è facile sicuramente ed è ricco di insidie perché le dichiarazioni americane fanno pensare alla volontà di una politica fortemente protezionistica, cosa che danneggerebbe fortemente l’Italia.
Non so quanto possa essere vantaggiosa per gli Usa ma per l’Italia e l’Europa una politica protezionistica Usa può essere un grande pericolo”
E dato il periodo pasqualino, la premier è consapevole che l’incontro con lo Sfasciatutto col ciuffo arancione potrebbe rivelarsi una Via Crucis con lo Studio Ovale trasformato in Golgota, avendo di fronte un personaggio che va oltre il pirandelliano da “Uno, nessuno e centomila”, decisamente un tipino al di là di ogni razionalità, più imprevedibile di una scimmia sotto Lsd.
Nei palazzi romani un “pestaggio” alla Zelensky della premier viene dato al 20/30 per cento, mentre la probabilità che l’Underdog ritornerà a casa con un pugno di mosche in mano è quotata dagli addetti ai lavori al 60%.
Un buon 20% ottiene invece è l’ipotesi che Trump ricopra di lodi la Regina della Fiamma con baci abbracci sotto i flash. Insomma, il faccia a faccia si presenta come una enorme incognita da 1-2-X: ammettiamolo, domani può succedere tutto o niente.
Col famigerato senno del poi, il bilaterale con Trump, così a lungo sollecitato, alla fine si è rivelato un madornale cul-de-sac politico.
Per settimane la Statista della Garbatella ha pietito l’invito alla Casa Bianca, aggrappata alla giacchetta dell’ambasciatrice italiana negli Usa, Mariangela Zappia (non certo il massimo del potere diplomatico).
In quei giorni, la “Giorgia dei Due Mondi” era ancora gonfia di speranza di potersi giocare le sue carte di ”pontiere” tra Washington e Bruxelles.
Purtroppo, il Caligola americano delle sue preghiere francamente se n’è fottuto. Però il due volte bancarottiere di New York trovava il tempo per ricevere il premier britannico Keir Starmer e il presidente francese Emmanuel Macron. Due bilaterali che hanno destabilizzato il sistema nervoso e immunitario di “Io so’ Giorgia”.
Si era anche illusa la poverina che uno scambio di occhiate e moine con Trump avrebbe fatto schiattare il fegato del suo principale “nemico”, Matteo Salvini, nel frattempo auto-incoronatosi il più trumputiniano dello Stivale, fino allo schiaffo della video-partecipazione al congresso leghista di Firenze di Elon Musk.
I sogni di gloria della Ducetta sono morti alle 16, ora Usa, del 2 aprile, quando l’Idiota del Maga ha dato vita al “Liberation day” in cui ha sfasciato il sistema globale annunciando la follia economica di porre dazi reciproci a tutti i Paesi del mondo (poi sospesi per tre mesi, tranne che per la Cina).
Da notare che il tabellone offerto alle telecamere in mondovisione da King Donald non faceva cenno ai singoli stati del Vecchio Continente, ma semplicemente all'”Europa”, scassando via anche la speranzella anti-Ue di ottenere da “America First” un trattamento accondiscendente per i prodotti export italiani.
Il delirio di onnipotenza e deficienza di Trump, che ha mandato a puttane i mercati, è continuato indefesso ogni santo giorno che Dio manda in terra: eccolo che sbertuccia trucidamente i leader mondiali in fila per “baciargli il culo”.
Una irrazionalità da Croce Verde con urgente T.S.O.: ad esempio, tre giorni fa si è rivolto con parole amichevoli alla Cina, ed oggi l’ha sfanculata: Xi Jinping ha bisogno dei nostri soldi.
Volare oggi a Washington per l’Underdog è diventata un’incognita al cetriolo che arriva minacciosa nel momento peggiore. Ecco: prima dei dazi aveva un senso, ma ora, che si può ottenere da un egomane in pieno declino cognitivo?
Tanto è vero che, dal 2 aprile, Giorgia Meloni ha smesso di bussare con insistenza alla Casa Bianca, ma il destino è cinico e baro ed è Trump che l’ha invitata e Meloni è rimasta così “vittima” delle sue precedenti sollecitazioni, ma anche dell’essersi posta come la paladina del trumpismo in Europa al grido che “bisognava negoziare”. Il tango si balla in due ma se Donald vuol pestare solo i tuoi piedi, che stamo a fa’?
Ora la Ducetta ha messo in soffitta la sua presenza, unica leader europea a parlare, alla convention CPAC di Washington (persino il lepeniano Jordan Bardella si era chiamato fuori dopo il saluto romano di Steve Bannon), e come gongolava quando l’allora presidente eletto la lodava come “colei che ha preso d’assalto l’Europa”…
E ora? Fa bene Giorgia Meloni a dire: “Siamo in un momento difficile, basta polemiche”. Anche perché ogni cosa che dirà a Trump potrà facilmente essere usata contro di lei, a partire dal sostegno all’Ucraina.
In tre anni di guerra, la premier del Colle Oppio non ha mostrato alcuna esitazione nello schierarsi al fianco di Biden e Zelensky, a difesa di Kiev e contro l’invasione russa.
Peccato che per Trump, Biden e Zelensky, lo ha ribadito anche dopo la strage di civili a Sumy, siano i veri “responsabili” del conflitto.
Una strage, tra l’altro, condannata da tutti i leader occidentali e minimizzata come un “errore” dei russi dal presidente americano, che si è rifiutato di condividere il documento del G7 contro Mosca.
Gli sherpa di Palazzo Chigi tremano all’ipotesi che Trumpone se ne esca con un elogio allo “statista” Putin, che metterebbe in fortissimo imbarazzo la turbo-atlantista Meloni.
Altro argomento delicato sarà quello della spesa per la Difesa: l’Italia è il fanalino di coda della Nato per i soldi versati in armamenti e faticherà non poco a raggiungere il 2% del Pil, vecchio obiettivo dell’Alleanza Atlantica ormai giudicato da molti obsoleto.
Washington pretende che i “parassiti” europei arrivino almeno al 5%, una quota irraggiungibile per le disastrate finanze italiane, come confermato dal ministro dell’Economia, Giorgetti: “Fare debito europeo per improbabili eserciti destinati a entrare in guerra e ad acquistare armi in Germania e Francia: no”. Ma dall’altra parte, c’è il piano “RiarmEu” di Ursula che impone di portare almeno al 2% la spesa della Difesa.
Come ricorda Politico EU nella sua influente newsletter Brussels Playbook: “L’Italia, terza economia della zona euro, è tra le ultime della classe se si guardano i dati concreti dal punto di vista statunitense. È in ritardo sulla spesa per la difesa. Ha inoltre un enorme surplus commerciale di beni con gli Stati Uniti, con esportatori italiani che vendono di tutto, da alimenti e prodotti agricoli ad auto e farmaci”.
Non appare chiaro, agli osservatori di Bruxelles, “cosa possa offrire Meloni. Roma non ha il potere di negoziare un accordo commerciale o di ridurre le normative digitali.”
Altro questione spinosa sarà il rapporto con la Cina. Giorgia Meloni, durante l’era Biden (che definì “aggressiva” la politica del Dragone in Asia e non ebbe problemi a bollare Xi Jinping come un “dittatore”), non ha avuto alcun tentennamento nell’abbandonare il Memorandum sulla via della Seta, firmato dall’Italia nell’era Giuseppe Conte.
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