LA FILOSOFA SERUGHETTI: “BOCCIA CON LA SUA “COMUNICAZIONE” HA DISTRUTTO LA LOGICA DEL POTERE MASCHILE, HA DIMOSTRATO LA VULNERABILITA’ DEL POTERE E HA COLPITO PROPRIO L’ASPETTO DELL’IPOCRISIA DELLA “FAMIGLIA TRADIZIONALE”
“MELONI HA SBAGLIATO A NON CHIAMARLA PER NOME, E’ INCAPACE DI DIMOSTRARE SOLIDARIETA’ A UN’ALTRA DONNA PERCHE’ LEI SI RITIENE PERFETTA, SALVO POI CIRCONDARSI DAL POTERE MASCHILE”
Le logiche del potere maschile sono sempre le stesse, ma “Maria Rosaria Boccia ha gestito totalmente in proprio, senza mediatori, quella che lei chiama la sua verità.
La forza dei social è stata determinante ed è la prima volta che accade. Non mi viene in mente un altro caso in cui l’effetto sia stato così rapido ed efficace”. Lo dice all’ANSA la filosofa della politica Giorgia Serughetti del caso Boccia-Sangiuliano che ha portato alla dimissioni del ministro.
Docente alla Bicocca di Milano, Serughetti al Festivaletteratura di Mantova è stata protagonista di un incontro dedicato a ‘Un altro genere di potere’ che fa riferimento al suo ultimo libro Potere di altro genere. Donne, femminismi e politica (Donzelli).
“Il caso Boccia-Sangiuliano sembra la riedizione un po’ grottesca, ma neppure troppo, dei cosiddetti scandali berlusconiani del 2009-2011. La logica che vediamo all’opera, quella per cui alcune donne ottengono da uomini di potere delle promesse e in qualche caso, degli incarichi, delle risorse, in fondo non è mai stata davvero messa in discussione, non è mai diventata un oggetto di dibattito pubblico” spiega. “Oggi come allora quello che vediamo è che questi uomini di potere, che usano le donne in questa modalità, rimangono vittime del loro stesso gioco perché le donne parlano.
Le donne non sono più da tanto tempo soltanto oggetti da usare o da tenere buoni con regali e promesse. Sono dotate di voci, capaci di raccontare la propria storia e di farlo sempre più da protagoniste e in questo modo veramente smascherano il gioco, denudano il re e provocano delle reazioni a catena” sottolinea la filosofa.
Ma questo caso “racconta moltissimo anche del conflitto oggi tra mezzi di informazione. Se pensiamo ai casi berlusconiani, una Patrizia D’Addario aveva bisogno che qualcuno, che i giornalisti andassero a raccoglierne la testimonianza, cosa che hanno poi fatto anche nel caso di Maria Rosaria Boccia, ma in un secondo momento. Il primo medium per l’espressione della voce della protagonista sono stati i social. Questo ha dato all’imprenditrice un potere gigantesco nel destabilizzare un sistema. Boccia ha avuto la possibilità di destrutturare, confutare e quindi far saltare una produzione di narrazioni, mediate dalla Rai nello specifico, quindi da un organo sotto controllo partitico e governativo, che un uomo di potere poteva controllare, contrapponendo le proprie versioni dei fatti” afferma Serughetti. In questa situazione “del tutto inedita, in cui i media tradizionali non sono più il veicolo principale di propagazione delle narrazioni pubbliche, anche il controllo, da molti contestato, che il governo fa dell’informazione, può saturare in verità fino a un certo punto lo spazio delle informazioni. Resta comunque una possibilità di far coesistere narrazioni diverse” spiega Serughetti. Narrazioni diverse che hanno fatto emergere “la piccolezza del personaggio Sangiuliano, quella che si è rivelata una totale vulnerabilità. La sua narrazione al Tg1 sembra un residuo del passato, di un altro modo di pensare il rapporto tra politica e media, tra politica e informazione.
Insomma, un tentativo ultima spiaggia per mettere uno stop alle narrazioni alternative, che non ha funzionato. È un caso unico per la dinamica, però ci racconta qualcosa che è più grande di così, ci racconta come sia vulnerabile il potere. Qui c’erano delle colpe evidenti proprio nell’aver indebitamente mescolato vita pubblica e vita privata. Un membro importante del governo è stato colpito su un terreno che per il governo è significativo, quello della famiglia”. “È chiaro che un po’ di intenzione nelle azioni della Boccia c’era, ma lei viene fuori come una persona che non ha i tratti della vittima e non sarebbe giusto rappresentarla così”. In ogni caso questo “non può farci spostare lo sguardo sulla demonizzazione della approfittatrice di turno. Il fatto che queste approfittatrici possano introdursi nei luoghi di potere mi pare che racconti ancora una volta come viene pensato e gestito il potere maschile. La vulnerabilità non è della persona Sangiuliano ma istituzionale” sottolinea la filosofa. “La premier Giorgia Meloni che non chiama questa donna con il suo nome ne esce male. Ha sposato la difesa della figura di potere in cui aveva riposto la sua fiducia, ha trattato Boccia come una approfittatrice. Meloni distingue sempre se stessa dalle altre donne, lei è una donna eccezionale, ha capito come farsi valere, ma non è mai uscita una sua dichiarazione di solidarietà con le altre donne o una manifestazione di disagio per il tipo di modello maschile di potere da cui è circondata” afferma Serughetti.
(da Ansa)
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