“LA MATEMATICA CE LO DICE: STIAMO PRECIPITANDO”: INTERVISTA A LORENZO PREGLIASCO
IL FONDATORE DI YOUTREND: “IMPERDONABILI LE DEBOLEZZE DEL TRACCIAMENTO E I RITARDI NEL CONTENIMENTO”
“Provare a rassicurare dicendo che la situazione dei contagi da coronavirus in Italia non è come a marzo è come cadere dal 20esimo piano e arrivati al terzo dire ‘fin qui tutto bene’. Il problema non è come si sta al terzo piano, ma cosa succede dopo”. Lorenzo Pregliasco, cofondatore di YouTrend e professore all’Università di Bologna, usa questa metafora per smontare, dal punto di vista statistico, il mantra di chi, di fronte a un aumento dei contagi che è “indubbiamente esponenziale”, tira fuori il paragone con marzo come fosse un unguento calmante.
Lo abbiamo raggiunto al telefono per commentare la corsa del virus – 15.199 nuovi contagi e 127 morti nelle ultime 24 ore – e ragionare su alcuni dati. A cominciare dalle terapie intensive, che oggi sono diventate 926.
Il numero dei pazienti ricoverati in terapia intensiva si avvicina sempre più a quota mille, come nel primo giorno di lockdown nazionale. Come commenti questo dato?
“Con il ritmo di crescita degli ultimi giorni, ragionevolmente tra domani e venerdì supereremo il numero dei ricoveri in terapia intensiva del giorno in cui è stato decretato il lockdown nazionale, ovvero l’11 marzo, quando le terapie intensive erano 1.028. Chiaramente c’è una differenza importante: a marzo questo dato era concentrato soprattutto in un’unica regione o due, mentre oggi questa situazione è più diffusa. Questo aspetto da un lato può essere considerato positivo, perchè la pressione è più diluita; dall’altro è un rischio perchè vuol dire che la situazione può peggiorare in maniera diffusa in tutto il Paese”.
Perchè è importante porre l’attenzione sul trend settimanale, più che sui bollettini quotidiani?
“Osservando i numeri giornalmente si rischia di perdere di vista l’effetto ‘a strascico’ tipico del contagio. Prendiamo il caso dei morti: oggi ci sono stati 127 decessi; nell’ultima settimana, rispetto a quella precedente, c’è stata una crescita di oltre il 100%, vale a dire che i decessi giornalieri sono più che raddoppiati. Prima crescono i casi, poi crescono i ricoveri, le terapie intensive e le persone decedute. Nell’ultima settimana osserviamo una crescita dei casi del 98%, quindi sostanzialmente il doppio, i decessi sono aumentati del 136% e i tamponi solo del 24%. Il virus corre quattro volte più velocemente della nostra capacità di fare tamponi. E questo non va affatto bene”.
Nel mentre il sistema di test & tracing sembra sempre più in affanno… Cosa dicono i trend?
“Il meccanismo del tracciamento – come può confermare chiunque abbia avuto esperienze dirette in queste settimane – inizia a mostrare criticità pesanti dal punto di vista dell’accessibilità ai tamponi e dei risultati. Quando il numero dei positivi sale così tanto, diventa difficile tracciare: si possono tracciare 100 casi, non 10.000. Questo è il primo ostacolo, che si lega direttamente al secondo, ovvero la difficoltà di accesso ai test. Questa difficoltà , unita ai tempi di attesa dei risultati, fa inceppare il meccanismo di individuazione dei nuovi positivi e andare fuori controllo il contagio”.
Come si arresta questo trend, in assenza di nuove chiusure?
“Il problema, più che il lockdown formale, rischia di essere un lockdown di fatto: tantissime persone, con i numeri di questi giorni, rischiano di finire in isolamento o in quarantena. Ci si aspettava che, in prepaparazione di ottobre, si accelerasse la capacità di testing, cosa che però è avvenuta fino a uno certo punto. C’è sicuramente stato un incremento dei test rispetto ai mesi scorsi, però i livelli sono ancora troppo bassi per garantire un contenimento. Purtroppo, in questa situazione, o si ha un sistema di test & tracing efficiente, rapido e diffuso, oppure l’alternativa sono misure di contenimento”.
Il professor Franco Locatelli domenica, ospite a Mezz’Ora in Più su RaiTre, ha detto che non siamo in una situazione di crescita esponenziale del contagio, contraddicendo un articolo di Paolo Giordano sul Corriere della Sera. Una volta per tutte: siamo o no in una fase esponenziale?
“I contagi sono esponenziali. Il punto è che nel momento in cui si ha un raddoppio stabile di settimana in settimana, c’è chiaramente una crescita esponenziale. Poi può essere che, guardando i dati giorno per giorno, non lo sia quotidianamente, nel senso che ci sono delle oscillazioni. Però il dato settimanale è chiaro: se la crescita percentuale è stabile — e così è stato su base settimanale negli ultimi 14 giorni — la crescita è esponenziale. Questa non è un’interpretazione, è matematica”.
Possibile che dopo tutti questi mesi la lettura dei dati sia ancora così difficoltosa?
“Nel bollettino di un giorno qualunque, ci sono almeno 5 dati che andrebbero interpretati: c’è il numero dei casi, c’è il numero dei ricoveri, il numero delle terapie intensive (che peraltro è un saldo: noi non sappiamo ogni giorno quanti effettivamente entrano e quanti escono, sappiamo solo se è + o -), c’è la questione dei tamponi (quando parliamo di tamponi, parliamo di test effettuati nell’arco delle 24 ore o di tamponi di cui si conosce già il risultato? Non è irrilevante: è dimostrato che c’è spesso un ritardo di diversi giorni tra l’attuazione del tampone e il risultato…). Purtroppo lo diciamo da tempo: ci sono ancora molti elementi di confusione nel modo in cui vengono diffusi i dati. Credo che la cosa importante sia trasmettere a chi ci legge la consapevolezza che i dati vanno messi nel contesto e che esistono diversi tipi di dati”.
Tra chi minimizza o prova a rassicurare, il mantra “non siamo come a marzo” è uno dei più rassicuranti. Come far capire che non è così?
“E’ un mantra piuttosto debole. Dire che la situazione non è confrontabile con marzo, significa dire che non è confrontabile con la peggiore crisi sanitaria e di morte che abbiamo avuto negli ultimi 70 anni. Chi fa questo paragone prende a confronto un precedente non proprio positivo o accettabile, innanzitutto. La seconda osservazione è che è un’affermazione sostanzialmente falsa: chi la fa usa il paragone con marzo per tranquillizzare rispetto alla situazione attuale. Ciò non significa che bisogna farsi prendere dal panico, perchè il panico non serve mai, ma vuol dire che oggi vediamo un trend di crescita di alcuni indicatori che è del tutto paragonabile a quello di fine febbraio/inizio marzo. Questo vale anche per le terapie intensive, che oggi hanno numeri paragonabili a quelli di marzo. Purtroppo questo elemento non può essere trascurato. Dire ‘non siamo come a marzo’, oggi, è come cadere dal 20esimo piano e arrivati al terzo dire ‘fin qui tutto bene’. Il problema non è come si sta al terzo piano, ma cosa succede subito dopo”.
Come governo e come società , i numeri dell’epidemia dicono che stiamo fallendo. Era evitabile?
“Mi sembra che nelle ultime due settimane ci sia stato un ritardo, una carenza costante nell’affrontare la crisi. La settimana scorsa il governo ha fatto due dpcm diversi, ognuno dei quali appariva con ogni evidenza in ritardo sul fenomeno. Tanto più considerato un elemento, che io penso sia cruciale: per come funziona questo virus, noi siamo perennemente in ritardo. Quando si prendono delle decisioni, prima di vedere i frutti passa del tempo, e quelle decisioni erano state prese sulla base di dati che si riferiscono a una circolazione del virus già precedente. Siamo comunque in ritardo, sempre. Questo avrebbe dovuto indurre ad affrontare con più serietà la questione. A marzo si poteva capire la difficoltà di prendere le misure con questa epidemia. Oggi francamente è difficile trovare delle giustificazioni. A marzo si diceva ‘sì però nessuno sa come fare, sì però siamo i primi’. Adesso abbiamo l’esperienza dei mesi scorsi, abbiamo avuto da giugno a settembre mesi di circolazione più bassa del virus, in cui però non c’è stata nessuna operazione seria di potenziamento del test & tracing: queste a mio avviso sono mancanze imperdonabili, nel momento in cui è la seconda volta che si manifesta l’epidemia in questa proporzione”.
(da agenzie)
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