LA SARDEGNA DEI PARADOSSI: UN VOTO, DUE PRESIDENTI
DOPO 22 GIORNI DALLE ELEZIONI REGIONALI MANCANO ANCORA I DATI DEFINITIVI DI 12 SEZIONI ELETTORALI DI SASSARI
Se un suggerimento si può dare ai politici che a Roma si stanno arrovellando su che razza di legge elettorale dare a un Paese stremato dalla loro incapacità di decidere, è quello di buttare un occhio a quanto sta succedendo in Sardegna.
Sull’isola, a distanza di 22 giorni dalle elezioni regionali, ancora è buio pesto sulla proclamazione del vincitore.
Presumibilmente, l’economista Francesco Pìgliaru.
Presumibilmente, perchè 12 sezioni elettorali sassaresi (dodici sulle 1.836 di tutta l’isola) stanno procedendo ormai da due settimane a un estenuante riconteggio delle schede.
E anche se l’esito complessivo del voto non sarà messo in discussione, fino a quando le operazioni non saranno concluse sarà impossibile proclamare ufficialmente il nuovo governatore e il nuovo consiglio regionale.
Come del resto ha potuto sperimentare l’ambasciatore del Regno Unito Christopher Prentice protagonista di una recente visita ufficiale in Sardegna: durante la quale, ricorda il quotidiano della Confindustria, ha dovuto incontrare tanto il presumibile futuro presidente della Regione, quanto il suo predecessore Ugo Cappellacci che formalmente risulta ancora in carica.
Tutta colpa, a quanto pare, di un assurdo e complicatissimo regolamento elettorale di 275 pagine, approvato fulmineamente a dicembre del 2013 nel corso di un consiglio regionale destinato agli ammortizzatori sociali.
Tanto è bastato perchè il meccanismo dello spoglio andasse in confusione e si arrivasse a questa situazione incredibile, se non nei Paesi che con la democrazia devono ancora fare i conti.
E ci si potrebbe anche ridere sopra a questa vicenda, se non fosse che l’ultima di una lunga serie di storie nelle quali la miscela esplosiva fra mediocrità politiche e ottusità burocratiche ha prodotto effetti devastanti.
Tre anni e mezzo ci sono voluti per invalidare le elezioni regionali del Piemonte. Tre anni e mezzo trascorsi fra ricorsi e controricorsi, culminati con una iniziativa del Movimento 5 Stelle che ha piegato le residue resistenze di Roberto Cota imponendogli di fissare entro pochi giorni le nuove elezioni pena commissariamento.
Per non parlare poi delle tempeste giudiziarie che hanno tenuto sulla corda per anni tanto la Lombardia quanto il Lazio, ossia le due Regioni italiane più popolose e «pesanti» dal punto di vista economico e politico.
Cose che però non hanno risparmiato neppure il piccolissimo Molise.
In un decennio sono state annullate dal Tar per irregolarità ben due elezioni regionali: e ogni volta che per decisione dei magistrati si è tornati al voto, il risultato elettorale è stato ribaltato. Nel 2000 aveva vinto il centrosinistra e con le nuove elezioni si è affermato il centrodestra: nel 2013 è accaduto esattamente il contrario.
Ciliegina sulla torta, anche il voto molisano del 2013, a un anno di distanza dalla chiusura delle urne, è ancora sub judice al Consiglio di Stato.
Si potrebbe aggiungere che le vicende emerse da due anni a questa parte, partendo dal caso dei denari pubblici dissipati con modalità talvolta scandalose dai gruppi regionali del Lazio, non depongono certo a favore della qualità morale della classe politica scaturita dal voto regionale. Le Regioni nelle quali non ci sono consiglieri finiti indagati o già condannati per l’uso indiscriminato e personale dei fondi di partito si contano sulle dita di una mano.
Ed è anche per questo ancora più incredibile che non si sia pensato di affrontare con serietà e determinazione anche il tema di certi assurdi meccanismi elettorali locali.
Spesso anche uno diverso dall’altro.
Vale la pena di ricordare che il tanto deprecato Porcellum partorito nel 2005 dal centrodestra non è altro che la versione nazionale del sistema adottato qualche anno prima dalla Regione Toscana governata dal centrosinistra. E quando non ci si mettono di mezzo le regole, ecco che ci pensano le persone.
Pìgliaru aspetta da 22 giorni la proclamazione? Si consoli.
Il nuovo presidente della Provincia di Bolzano Arno Kompatscher ha assunto la carica l’8 gennaio 2014, 73 giorni dopo le elezioni del 27 ottobre 2014.
Delle due l’una. O il suo predecessore Alois Durnwalder ci teneva così tanto a scavallare l’anno nuovo, consacrando in questo modo il quarto di secolo consecutivo al potere, oppure in Alto Adige hanno deciso di fare come gli Stati Uniti d’America, dove il presidente si elegge a novembre ma governa da gennaio.
Regole americane, ma stipendi nostrani: visto che il presidente della Provincia di Bolzano guadagna l’equivalente di 2.000 euro al mese più di Barack Obama.
Sergio Rizzo
(da “il Corriere dela Sera”)
Leave a Reply