LA TRATTATIVA PER EVITARE LA CRISI DI GOVERNO SUL MES
TRA “LOGICA A PACCHETTO” E GARANZIE…ANCHE IN FORZA ITALIA C’E’ MARE MOSSO
“Se mercoledì prossimo 16 senatori grillini più l’intero gruppo di Forza Italia voteranno contro il Mes, il giorno dopo il premier Conte dovrà salire al Quirinale per dimettersi. Vi sembra uno scenario probabile?”.
L’auspicio dei giallorossi è che non lo sia. Il conto alla rovescia verso il 9 dicembre è iniziato, i “pontieri” della maggioranza (e nell’opposizione) sono in campo. Primo Luigi Di Maio, che ribadisce il no alla riforma ma punta a disinnescare “un voto di sfiducia sul premier che abbiamo incaricato noi”.
Al ministero delle Politiche Europee si lavora per un compromesso che riduca nettamente l’area del dissenso in casa M5S, e consenta eventualmente a Silvio Berlusconi di imboccare il sentiero dell’astensione.
Due i punti sul tavolo: subordinare il via libera al Mes “sanitario” a un ulteriore voto parlamentare ad hoc e limare la “logica a pacchetto” chiesta dai frondisti M5S.
Intanto si attende l’assemblea dei gruppi Cinquestelle domani sera per capire i rapporti di forza interni. Mentre tra gli azzurri, dopo le scintille di ieri, si tenta la ricucitura.
Con gli occhi di tutti puntati sul Senato, dove non soltanto i numeri ballano ma si terrà il primo voto e quindi andrà data la linea. E dove le assenze mirate potrebbero fare la differenza.
Il boccino in mano ai Cinquestelle
Il boccino, però, per il momento ce l’hanno i Cinquestelle, dove 16 senatori e una quarantina di deputati sono usciti allo scoperto con una lettera per chiedere che non venga approvata la riforma del Mes “istituzionale” e soprattutto che non venga utilizzato il Mes “sanitario”.
La fronda ha scatenato un putiferio, con parlamentari che hanno ritirato la firma. L’ex ministro Toninelli fa sapere che la sua firma in calce è una fake news. Il capo delegazione Bonafede, ha escluso che salti il governo: “Basta leggere la lettera, c’è scritto che non c’è un problema di maggioranza”.
La tensione però resta alta e, alla vigilia del chiarimento, è ancora scontro. Le chat dei parlamentari ribollono. “Complimenti alla minoranza che scrive lettere e che vuole Draghi a Palazzo Chigi” l’accusa rivolta dall’ex sottosegretario Gianluca Vacca ai “dissidenti”. “Nessuno vuole Draghi premier, ma nemmeno che si facciano le stesse cose…” la replica. I più oltranzisti non mollano. “E’ una battaglia europeista, per chi vuole che scatole infernali come il Mes vengano smontate e sostituite da veri meccanismi di salvataggio. Andremo fino in fondo perchè siamo dalla parte giusta della storia” scrive il deputato Francesco Forciniti. E Giovanni Currò: “Il Mes è uno strumento anacronistico, serve la “logica del pacchetto”.
Il perimetro della trattativa
Al ministero guidato da Enzo Amendola, dopo l’incontro di ieri con i capigruppo giallorossi, si punta a “un testo condiviso, chiaro e che dia pieno mandato al governo”.
In realtà , un canovaccio c’è già . La possibilità di prevedere esplicitamente nella risoluzione il rinvio della partita sui 37 miliardi del Mes “sanitario” e la sua subordinazione a un successivo voto parlamentare ad hoc.
Una condizione che il Pd non avrebbe difficoltà a concedere, ma che non è considerata “garanzia sufficiente” dall’ala dura degli oltranzisti M5S. Che chiedono la “logica a pacchetto”, ovvero l’inserimento in un pacchetto più ampio, comprensivo dell’Edis (il sistema europeo di assicurazione dei depositi) e del Next Generation Eu, ovvero il Recovery Fund per i Paesi colpiti dall’emergenza Covid.
I Dem, a loro volta, fissano due paletti “irrinunciabili”. Uno: impossibile accettare una preventiva rinuncia al Mes “sanitario”. E due: impraticabile anche l’accettazione di una riforma “sub iudice”, ovvero con entrata in vigore rinviata (che creerebbe difficoltà anche in ambito europeo).
Intorno a questo perimetro, si tratta. Numeri alla mano: lo scoglio decisivo sarà in Senato. La maggioranza a Palazzo Madama conta 168-170 voti, contro i 146-149 dell’opposizione al completo. Per un voto a maggioranza semplice, la soglia sostenibile di dissenzienti grillini non può superare i 7-10. Considerando che alcuni senatori (Quagliariello, Saccone, Romani) voteranno a favore.
E che è atteso un “soccorso” dalle file dell’opposizione sotto forma di assenze mirate o persino di astensioni.
Al centro dell’attenzione c’è Forza Italia, spaccata dall’allineamento repentino sulle posizioni di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Ma la cautela è molta: “Si può anche pensare di “salvare” il governo — ragiona un senatore — Ma se poi il governo cade lo stesso perchè non c’è l’autosufficienza, allora al danno si aggiunge la beffa…”.
Polveriera Forza Italia
Se alla Camera la fibrillazione è forte, al Senato la situazione del partito azzurro sembra sotto controllo. La capogruppo Anna Maria Bernini ha convocato l’assemblea mercoledì stesso (un modo anche per impedire che eventuali dissensi maturino), e assicura: “Saremo compatti”.
Pochissimi i “ribelli”, tra cui Andrea Cangini che sul voto sta riflettendo. Anche a Palazzo Madama, però, diversi non hanno apprezzato l’”allineamento” a Salvini e — soprattutto — che sia stata Licia Ronzulli ad anticipare la posizione ufficiale.
Un punto che potrebbe portare la deputata Renata Polverini a votare in dissenso: “Molto stupita delle modalità di comunicazione, Fi sta votando contro la sua storia”.
L’assemblea di ieri sera ha visto un duro scontro di posizioni. Meno di 60 su 91 i presenti. Antonio Tajani e la capogruppo Maria Stella Gelmini hanno difeso il no al Mes: “Non è che se votiamo lo scostamento diventiamo comunisti nè se votiamo no al Mes diventiamo salviniani — ha argomentato Tajani — Sono questioni tecniche e votiamo sempre a favore degli italiani”.
Botta e risposta con Renato Brunetta, che chiedeva “responsabilità ” per “non essere isolati in Europa”, ma il responsabile economico ha avuto uno scontro anche con Giorgio Mulè che gli ha rimproverato l’apprezzamento per Di Maio. Sestino Giacomoni ha insistito che la linea non è cambiata, e che la differenza tra i due Mes è sempre stata chiara.
I nervi sono alle stelle. Tra Paolo Russo, dell’area di Toti (che ha schierato i suoi per il sì) e Paolo Zangrillo volano parole grosse. Scintille anche tra Mulè, che secondo alcuni aspirerebbe a sostituire la Gelmini, e Osvaldo Napoli.
Il vice-capogruppo Roberto occhiuto — che sta preparando la risoluzione sul Mes — avvisa tutti: “Chi vota in dissenso è fuori”.
Aut aut che porta con sè una coda di veleni, quando circola la voce che Brunetta potrebbe perdere il suo ruolo nel partito. L’entourage del Cavaliere però smentisce. Resta la sensazione di una partita in cui i personalismi si intersecano. “Ormai è una guerra tra bande” scuote la testa un deputato. Adesso si tenta di ricucire le lacerazioni. L’idea è quella di una doppia risoluzione che vincoli anche ad accettare il Mes “sanitario”. Tuttavia, a mercoledì mancano cinque giorni. E saranno lunghi.
(da “Huffingtonpost”)
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