L’ADDIO DI MUJICA, IL PRESIDENTE POVERO AMATO DAL POPOLO
LASCIA IL PRESIDENTE, IN PASSATO AVEVA TRASCORSO 15 ANNI IN CARCERE PER AVER PARTECIPATO ALLA GUERRIGLIA TUPAMAROS
«Se avessi a disposizione altre due vite, le impiegherei entrambe per aiutarvi nella vostra lotta».
Parla commosso Josè Mujica ai suoi sostenitori in uno dei tanti incontri che hanno preceduto la cerimonia con la quale oggi consegnerà la presidenza dell’Uruguay al medico Tabarè Và¡zquez, suo compagno di partito, che ritorna al potere dopo cinque anni. «Pepe», come lo chiamano i suoi, termina il suo mandato con una popolarità molto alta e una stella in ascesa, che va ben oltre i confini del più piccolo Paese del Sudamerica.
Le battaglie storiche
Icona moderna del progressismo, alfiere di battaglie storiche come la legalizzazione dell’aborto, i matrimoni fra le persone dello stesso sesso e, soprattutto, la liberalizzazione della marijuana, una legge unica al mondo che entrerà in vigore quest’anno dando allo Stato il controllo della vendita e distribuzione della canapa.
Molti leader continentali saranno oggi presenti a Montevideo per dimostrargli, ancora una volta, la stima e l’affetto che già gli hanno espresso negli ultimi mesi in tutti i forum a cui hanno partecipato.
Così come fu Fidel Castro, Mujica è diventato un punto di riferimento per i governi di sinistra della regione.
Piace perchè alle parole ha aggiunto i fatti, con uno stile di vita particolarmente austero, da «presidente più povero del mondo».
«Non sono povero – ama ripetere – ma molto ricco, perchè la mia ricchezza non viene da cose materiali ma dall’esperienza e dalle battaglie che ho portato avanti».
Dal maggiolone blu alla scelta di continuare a vivere nella casa in campagna con i polli e le galline, fino alla decisione di destinare l’ottanta per cento dello stipendio per la costruzione di case popolari alla periferia di Montevideo, condomini dove oggi vivono centinaia di famiglie.
C’è chi sostiene che un fenomeno politico come il suo era fattibile solo in Uruguay, un Paese di appena tre milioni di abitanti, con l’indice di corruzione più basso del continente e una tradizione di Welfare State che risale ai primi del Novecento.
Ma è stato lui stesso a ricordare che quel sistema sociale era stato distrutto dai militari e poi dai governi conservatori.
Protagonista nel mondo
«Durante quasi 50 anni il mondo ci ha considerati una specie di Svizzera, poi siamo stati figli bastardi dell’impero britannico, infine ci siamo impoveriti, ricordando l’unica nostra gloria sportiva, il “Maracanazo” ai mondiali di calcio del 1950. Se oggi siamo risorti in questo mondo globalizzato è perchè abbiamo imparato dai nostri errori».
Profeta no global, con un linguaggio schietto e non accademico, Mujica non ha esitato a intervenire sulla scena internazionale.
Ha ricevuto i rifugiati della guerra in Siria e poi cinque ex prigionieri del carcere di Guantanamo, dopo essersi messo d’accordo, da ex guerrigliero tupamaro con il vicepresidente americano Biden, che ha voluto essere presente oggi a Montevideo.
Ancora in politica
Il suo futuro, ora, non è certo la pensione. È stato eletto senatore con record di voti e a maggio aiuterà la moglie Lucia Topolanski, anche lei senatrice, nella corsa per la carica di sindaco di Montevideo.
Ha già detto che non esclude di candidarsi per le presidenziali del 2019, quando avrà 85 anni.
Da qualche settimana, poi, è online il suo sito web personale (pepemujica.uy), attraverso il quale intende mantenere il dialogo con gli ammiratori sparsi per il mondo.
Nella home page, una sua foto in bianco e nero e due parole di ringraziamento facili da capire in tutte le lingue: «Gracias Pueblo!».
Emiliano Guanella
(da “La Stampa”)
Leave a Reply