LAMPEDUSA, IL GOVERNO ORA VUOLE LE TASSE DEGLI ULTIMI SETTE ANNI
NEL 2011 L’ESECUTIVO AVEVA SOSPESO LA RISCOSSIONE DEI TRIBUTI SULL’ISOLA, COLPITA DALL’EMERGENZA PROFUGHI… IL SINDACO: “PRONTI ALLE BARRICATE”
Dovranno presentare le ultime sette dichiarazioni dei redditi. E a un certo punto dovranno quindi pagare le tasse che per sette anni il governo aveva congelato: tutte insieme, tutte in una volta. O al massimo con una rateizzazione.
È una tegola pesante quella che rischia di cadere sulla testa degli abitanti di Lampedusa. Una tegola che probabilmente molti cittadini dell’isola più a Sud d’Europa ignorano. Distratti dal mare cristallino e da una stagione turistica finalmente tornata agli splendori di un tempo, non si saranno accorti di un provvedimento pubblicato il 7 agosto sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
Un documento con cui il direttore Ernesto Maria Ruffini dispone entro il 31 gennaio del 2018 la “ripresa degli adempimenti tributari, diversi dai versamenti, non eseguiti per effetto delle disposizioni emanate in seguito all’eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa nell’isola di Lampedusa”.
Era uno dei cosiddetti risarcimenti concessi da Roma agli abitanti dell’isola siciliana, nel 2011 unico punto d’arrivo dei migranti in fuga da Libia e Tunisia.
In quei mesi migliaia di profughi sfuggiti dalle conseguenze della Primavera Araba approdavano sulle coste lampedusane a ritmo continuo.
Una situazione caotica che aveva praticamente cancellato la stagione turistica locale, di gran lunga prima fonte di reddito per i lampedusani.
Per questo motivo l’allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi aveva concesso la sospensione delle imposte ai cittadini dell’isola per un anno.
Una sospensione che negli anni è stata poi rinnovata con appositi emendamenti inseriti nei vari decreti milleproroghe: ogni dicembre l’Agenzia delle Entrate si preparava a riscuotere ma da Roma posticipavano la moratoria con norme ad hoc inserite nelle leggi di Bilancio.
L’ultima scadenza era fissata per il 15 dicembre del 2016. Sono i giorni convulsi successivi alla vittoria del No al referendum costituzionale, con Matteo Renzi che si dimette da premier ma solo dopo aver portato in Parlamento la legge di Bilancio.
Che per la prima volta non contiene alcun emendamento sulle tasse dei lampedusani. Poco male, però. Basterà aspettare l’arrivo del nuovo governo di Paolo Gentiloni e la conversione in legge del decreto Minniti dell’aprile scorso.
Al Senato, infatti, un maxiemendamento del governo inserisce l’agognata norma nel provvedimento.
“In considerazione del permanente stato di crisi nell’isola di Lampedusa, il termine della sospensione degli adempimenti e dei versamenti dei tributi è prorogato al 15 dicembre 2017. Gli adempimenti tributari di cui al periodo precedente, diversi dai versamenti sono effettuati con le modalità e con i termini stabiliti con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate”, recita l’emendamento presentato in commissione Affari costituzionali dal senatore Bruno Mancuso e poi recepito nel maxi testo del governo.
“È stata un’iniziativa di noi senatori siciliani di Ap e del Pd per aiutare i lampedusani”, dice il parlamentare alfaniano, che non è a conoscenza del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate arrivato questa volta a sorpresa in piena estate. “Onestamente — ammette — non ho notizia di questa disposizione anche perchè mancano cinque mesi alla scadenza dell’ultima proroga: certo proveremo ad attivarci con una qualche interrogazione. Il tempo c’è tutto”.
Chi invece conosce molto bene la vicenda è Totò Martello, albergatore e sindaco di Lampedusa dal giugno scorso.
“Subito dopo la mia elezione — racconta — ho chiesto un incontro al viceministro delle Finanze, Enrico Morando, per provare a risolvere questa situazione che si trascina ormai da anni: ho provato ad ottenere una cancellazione anche parziale o uno sgravio ma il governo sembra disposto a concedere soltanto una rateizzazione“.
A Lampedusa, in pratica, l’esecutivo è tornato a battere cassa all’improvviso dopo sette anni di proroghe.
“Una situazione davvero incredibile — dice il primo cittadino — Come incredibile è l’atteggiamento dell’Agenzia delle Entrate nei nostri confronti. Chiederò un altro incontro per capire se è normale questo accanimento ma spero che il governo trovi una soluzione altrimenti è chiaro che qui siamo pronti ad azioni eclatanti. Nel resto d’Italia devono capire che i lampedusani non hanno pagato le tasse, non perchè sono speciali: qui la crisi del settore turistico è durata per tre anni dopo la Primavera Araba. E non è che quando uno riprende a lavorare, riparte di nuovo ai livelli precedenti: è impossibile pensare che i lampedusani paghino le tasse degli ultimi 7 anni”.
Ma come mai il governo si è svegliato ad agosto per chiedere agli abitanti dell’isola gli ultimi sette anni di tributi?
A Lampedusa circola una ricostruzione puramente politica dei fatti.
Una sorta di retroscena che collega l’emendamento del governo al decreto Minniti — con il quale viene concessa l’ultima proroga — alle elezioni amministrative del giugno scorso. È il turno elettorale in cui la sindaca uscente, Giusi Nicolini, vicinissima a Matteo Renzi e componente della direzione nazionale del Pd, viene sconfitta a sorpresa da Martello, ex comunista ed ex bersaniano, ora sostenuto da una lista civica appoggiata da pescatori e albergatori.
Insomma l’ennesima sospensione dei tributi era una sorta di favore alla Nicolini, premiata dall’Unesco, considerata un simbolo dell’accoglienza dal segretario dem che se l’è portata persino a cena da Barack Obama alla Casa Bianca.
Poi, dopo la sconfitta alle amministrative, ecco che da Roma si sono ricordati delle tasse di Lampedusa addirittura in un lunedì d’agosto: una vera e propria bastonata per il nuovo sindaco Martello, acerrimo nemico dell’ex sindaca.
“Beh, è chiaro che una ricostruzione del genere non posso essere certo io a smentirla“, dice il neo primo cittadino, eletto dopo una campagna elettorale dai toni molto simili a quelli di una faida locale: da una parte i sostenitori di Nicolini, dall’altra i suoi detrattori a darsele di santa ragione.
E anche ora che i lampedusani hanno votato, la guerra intestina che contrappone le due anime dell’isola non può certo dirsi conclusa. “Non si riesce a capire che fine abbiano fatto i 26 milioni di euro che avrebbe concesso il governo di Silvio Berlusconi: ho scritto una lettera al dirigente per capirlo. Idem per i 20 milioni del Cipe quando il premier era Enrico Letta: risultano impegnati solo 500 mila euro per uno studio del ministero, ma non c’è nessun progetto esecutivo. E poi ovviamente le consulenze”, si lamenta Martello. Che al suo ingresso in municipio racconta di aver trovato una sorpresa: “Tutti i computer dello staff del sindaco erano stati formattati: dentro non c’era più nulla”.
Insomma oltre alle tasse degli ultimi sette anni i lampedusani hanno anche altri problemi.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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