LE IENE E IL SERVIZIO “SCOMPARSO” SUI RIMBORSI M5S: IL PEZZO NON ANDRA’ IN ONDA
IL SERVIZIO CHE SMASCHERA CECCONI E MARTELLI NON SI PUO’ VEDERE PER RAGIONI DI PAR CONDICIO
Il servizio delle Iene sui rimborsi del MoVimento 5 Stelle non andrà in onda. C’è la campagna elettorale, c’è la par condicio e il programma Mediaset non fa parte di quelli considerati come testata giornalistica, quindi Mediaset ha imposto la cancellazione del servizio dalla programmazione fino a dopo le elezioni.
E il servizio non finirà nemmeno sul sito del programma, come si pensava ieri.
La decisione presa dai responsabili della programmazione del Biscione è spiegabile con il rischio di multe a cui va incontro l’emittente in caso di violazione delle regole. «Per noi le Iene possono anche uscire col servizio, non abbiamo nulla da nascondere. Chi sbaglia nel M5S paga, loro invece ne fanno curriculum e li candidano», ha detto ieri la deputata M5S Carla Ruocco dimostrando un coraggio che è mancato da altre parti nel suo schieramento.
Luigi Di Maio ha invece sostenuto che la questione del buco è semplicemente contabile: “Probabilmente, quello che Repubblica chiama buco è solo un problema di contabilizzazione perchè dai calcoli del Mef non ci sono ancora, e questo è sicuro, i bonifici di febbraio, cioè dell’ultimo mese di restituzione”.
Secondo Di Maio quindi i bonifici dell’ultimo periodo non sono stati rendicontati e questo ha creato il “buco” di cui si sta parlando. Un’ipotesi che ha un punto a favore derivato dal fatto che lo stesso Luigi Di Maio, così come altri parlamentari, ha completato la sua rendicontazione soltanto il 9 febbraio, l’altroieri, dopo lo scoppio del caso Cecconi & Martelli.
Ma l’ipotesi ha anche un punto a sfavore, che riguarda i tanti deputati e senatori M5S nel frattempo cacciati o andati via, che però hanno continuato a rendicontare e versare sul conto.
Uno di questi è Riccardo Nuti, l’ormai quasi ex onorevole siciliano che nel frattempo ha fatto causa a Grillo per il nome e il simbolo.
Anche il senatore Giuseppe Vacciano, che ha abbandonato i 5 Stelle senza però riuscire a dimettersi, ha detto che se la tabella certifica tutti i versamenti, allora vi sono pure quelli degli espulsi che hanno continuato a versare lì: anche lui ha versato 20mila euro nel 2017. Ma non si sa se la tabella tiene o meno conto di chi è uscito nel M5S
Il caso di Andrea Cecconi e Carlo Martelli comunque resta aperto.
Per due motivi: nessuno ha ancora capito precisamente cosa abbiano fatto i due parlamentari e il rischio che le sanzioni annunciate ieri da Di Maio non abbiano alcun effetto per questioni di regolamento.
A quanto pare il problema è che i due hanno registrato bonifici mai effettuati oppure effettuati e poi annullati, ma non si comprende come i due siano stati “beccati”; non certo grazie alle pezze d’appoggio fornite dal M5S nel sito tirendiconto.it, visto che la dicitura “bonifico richiesto” — che permette di annullarlo successivamente — è presente in molte rendicontazioni dei parlamentari grillini (anche in quelle di Di Maio).
Una fonte al vertice del M5S ha spiegato oggi a Ilario Lombardo della Stampa che l’impazzimento di voci «è dovuto ai molti ritardi nella rendicontazione».
Alcuni grillini sono in arretrato di quattro o cinque mesi e sono stati invitati a mettersi in regola. Le pressioni dallo staff ai vertici sono aumentate proprio nei giorni in cui Cecconi e Martelli hanno confessato. L’1 febbraio, incastrati dalle Iene, i due capiscono di essere stati scoperti e si rivolgono alla Casaleggio per chiedere scusa e rimediare.
La storia viene tenuta nascosta, perchè nel M5S sperano che grazie alla par condicio non vada in onda. Dal 2 febbraio però sul sito tirendiconto.it i bonifici aumentano. Segno che i messaggi partiti dai vertici hanno centrato l’obiettivo: «Mettetevi in regola. Siamo in campagna elettorale». Le pressioni funzionano anche perchè fanno leva sul timore di chi è in arretrato di attirare altri sospetti.
«Quando scopriamo qualcuno che sbaglia il M5S non lo protegge ma lo mette fuori», ha detto il capo politico proprio ieri, come riporta Il Messaggero.
Ma fuori da cosa, esattamente? Di Maio promette solo ora i controlli dei probi viri sui bonifici, ma le liste sono chiuse e Cecconi e Martelli sono capilista con la rielezione in tasca. Si poteva prevenire? «Ma no, la polizia mica previene tutti i crimini, quando lo scopri lo punisci e basta», dice Di Maio.
Un ragionamento che fa acqua da tutte le parti. In primo luogo la polizia di solito indaga, non aspetta che arrivino le Iene o i giornalisti.
In secondo luogo il controllo interno non può non spettare ai capi del gruppo, che avrebbero dovuto controllare e valutare cosa ci fosse che non andava e come si sia arrivati a scoprirlo.
Se, come sembra sicuro, le magagne si sono scoperte grazie alle fonti aperte, ancora una volta toccava ai 5 Stelle vigilare. Non l’hanno fatto e si sono ritrovati con i casi Cecconi e Martelli.
Che verranno sicuramente eletti in Parlamento e poi, secondo quanto hanno detto, rinunceranno al seggio come Dessì anche se non c’è alcuna procedura automatica e le loro dimissioni dovranno essere eventualmente votate dall’Aula.
Dove però i 5 Stelle non avranno la maggioranza assoluta. C’è di più: tecnicamente, essendo eletti, Cecconi e Martelli avranno così completato la loro esperienza politica nel MoVimento 5 Stelle: non avranno quindi un’altra (teorica) chance per un altro mandato a un altro livello elettivo.
La loro esperienza politica terminerà dopo l’elezione del 5 marzo. È il caso di dire che finirà col botto.
(da “NextQuotidiano”)
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