L’EUROPA CHIEDE AI GRECI LA TESTA DI TSIPRAS
LA UE SCENDE IN POLITICA: DISMETTE I PANNI DEL GOVERNO TECNICO E CHIEDE DI SFIDUCIARE IL PREMIER ELLENICO
Bruxelles e i Paesi europei hanno scelto: non si tratta più.
L’unica via che il popolo greco ha per restare nell’euro è votare sì al referendum di domenica.
È una discesa in campo senza precedenti nella storia dell’integrazione europea quella messa in atto oggi dalla Commissione, seguita a ruota dal Parlamento, allineati a loro volta con le indicazioni arrivate poco dopo dai leader europei, Merkel in testa.
Il messaggio è chiaro: solo con un sì rimane aperto il canale del negoziato e il Paese può restare nella moneta unica.
Una metamorfosi dell’Europa tecnica che per prendere in contropiede lo strappo di Alexis Tsipras ha deciso di giocare direttamente sul terreno della politica.
Chi si aspettava un ultimo tentativo di mediazione da parte dell’esecutivo Ue, dopo che il presidente Jean Claude Juncker ha invitato pubblicamente i greci a votare a favore è rimasto deluso.
L’Europa non parla più con Tsipras, ma si rivolge direttamente al popolo ellenico. Quasi un ingresso diretto nella campagna referendaria che ha l’effetto di chiedere di fatto ai cittadini di sfiduciare il proprio premier in carica.
Un’iniziativa storica, che indipendentemente dall’esito dalla consultazione crea un precedente per il futuro dell’Unione.
Quello che, senza ormai nemmeno troppi misteri, era stato realizzato sottotraccia nel 2011, con le manovre per costringere alle dimissioni Silvio Berlusconi durante la crisi dello spread, ora si replica in modo più scoperto con il premier greco Alexis Tsipras. Le istituzioni vogliono la sua testa per tornare a negoziare con un nuovo governo. Quasi inevitabile, in caso di un successo dei sì che sconfesserebbe la politica del premier greco costringendolo alle dimissioni.
E quasi poco importa se a parole la cancelliera tedesca dica che “nessuno vuole influire sulle decisioni” del referendum del popolo greco.
Perchè spiegando poi che “se il governo greco dopo il referendum volesse negoziare ancora, noi non chiuderemmo la porta” fa arrivare un messaggio esattamente opposto. Cioè il canale delle trattative che può tenere agganciata Atene all’Eurozona passa solo e soltanto da un sì alla consultazione.
Parole ancora più chiare, forse troppo, quelle utilizzate dal presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi, che in un Tweet in inglese: “Il referendum greco non sarà un derby tra la Commissione Ue e Tsipras ma euro contro dracma. Questa è la scelta”.
Se da un lato il primo ministro ha optato per un profilo basso scegliendo di non esprimersi sulla questione, e quindi di non iscriversi pubblicamente nel fronte del sì, dall’altro il messaggio affidato a Twitter lascia intendere abbastanza chiaramente per quale scenario faccia il tifo il presidente del Consiglio.
Nessuno, fino ad ora, pur lasciandolo intendere, ha mai evocato in queste settimane il ritorno della dracma e l’automatismo dell’uscita dall’euro in caso di default.
Lo stesso Juncker, che nel suo discorso ha usato parole insolitamente nette nei confronti di Atene, si è spinto solo ad affermare che un no dei greci al referendum “Vorrebbe dire che la Grecia dice no all’Europa”.
Nessun riferimento diretto all’uscita dalla moneta unica al ritorno alla dracma.
Il tutto mentre le diplomazie di tutto il mondo si muovono per cercare di ricucire le distanze.
In una conversazione telefonica il presidente Usa Barack Obama e il presidente francese Franà§ois Hollande “si sono trovati d’accordo a unire i loro sforzi per favorire una ripresa dei negoziati, per permettere il più rapidamente possibile una risoluzione della crisi e garantire la stabilità finanziaria della Grecia”, hanno spiegato dall’entourage francese, mentre persino la Cina è arrivata ad auspicare una ripresa immediata dei negoziati. “Vogliamo che la Grecia rimanga nell’Euro e chiediamo ai creditori e agli attori istituzionali coinvolti nelle trattative di non esaurire il dialogo e il negoziato”, ha spiegato il premier cinese premier cinese Li Keqiang.
“La Cina è un amico dell’Ue ma siamo pero’ determinati a dare una mano e assistenza alla Grecia. Le ricadute sulla stabilita’ economica globale della crisi greca sono reali”.
Sullo sfondo si è registrato l’ultimo tentativo in extremis di ricucire due parti che, se prima erano distanti, ora sembrano aver deciso di non parlare nemmeno più.
La regia è quella del presidente dei Socialisti e Democratici Gianni Pittella che ha provato a chiedere la convocazione di un nuovo Eurosummit per discutere di un’eventuale proroga almeno fino a domenica delle trattative.
“È vero che la posizione di Juncker sembra di chiusura, ma serve anche a rispondere ai toni duri usati da Tsipras. Il presidente della Commissione ha anche detto che ‘tutte le porte restano aperte’”, spiega una fonte dell’Europarlamento.
L’iniziativa dei socialisti per ora si è scontrata però con il secco no della cancelliera Angela Merkel.
“Al momento non vedo nessun motivo vincolante per un vertice straordinario Ue” e “non prevedo di andare ad Atene”.
Gli occhi insomma sono puntati ormai solo su domenica, quasi dimenticandosi ormai di quella che fino a qualche giorno fa era la più importante delle scadenze, il 30 giugno, con la conclusione del piano di salvataggio e la rata da 1,6 miliardi da rimborsare al Fondo monetario internazionale.
È ormai scontato che domani la Grecia non pagherà , facendo scattare la procedura con cui il Paese sarà dichiarato in default con il Fmi.
Non più tardi di qualche giorno fa, il peggiore degli scenari possibili.
Ora, un problema quasi minore, in vista di quello che da consultazione sulle proposte dei creditori è diventato quasi ufficialmente il primo, in molti sperano unico, referendum sulla permanenza di un Paese nell’Eurozona.
(da “Huffingtonpost”)
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