CINQUE COSE DA SAPERE SUL REFERENDUM GRECO
COSA SI VOTA, IL RUOLO DELLA BCE E GLI SCENARI PER LA VITTORIA DEL “SI” E DEL “NO”
1 – Referendum: cosa si vota?
Il primo problema del referendum greco è: cosa si vota? Ufficialmente, la proposta dei creditori. “Sì”, se si accetta, “no”, se si rifiuta.
E il quorum per considerarlo valido è il 40%.
Ma ieri il presidente della Commissione europea Juncker ha diffuso una nuova versione del documento che Bce, Ue e Fmi stavano discutendo con il governo greco, prima dell’interruzione delle trattative, venerdì scorso.
Ci sono delle piccole concessioni su nodi cruciali, ad esempio l’Iva sugli alberghi non sarà aumentata al 23%, come proposto in un primo momento, resterà al 13%.
O la spesa militare non sarà tagliata a 200 milioni, ma resta a 400 milioni.
Il problema, probabilmente, è che Alexis Tsipras rischiava già di non avere la maggioranza in Parlamento per un accordo che impone comunque nuovi sacrifici.
E secondo Yanis Varoufakis i 15,5 miliardi proposti da qui a novembre sarebbero comunque stati insufficienti per la Grecia, ormai al collasso. E’ questo che ha fatto decidere Tsipras di rovesciare il tavolo e indire un referendum.
2 – Come sopravvivere fino al voto
Le incognite sono molte, da qui a domenica. Sia da parte greca, sia europea.
La più importante, per la sopravvivenza di Atene, è cosa farà la Bce.
Ieri ha mantenuto il livello di liquidità d’emergenza che può essere concessa alle banche al livello di venerdì scorso, 89 miliardi, e ha costretto il governo a chiudere le banche e la Borsa e a introdurre un controllo dei capitali. Draghi ha detto che rimarrà «vigile», dunque pronto a intervenire per non provocare il collasso del sistema bancario.
Ma la Bce non vuole rimanere col cerino in mano, non vuole passare alla storia come la «colpevole» del default ellenico.
E’ improbabile che chiuderà i rubinetti, come chiedono da tempo alcuni banchieri centrali, tedeschi in testa. Draghi preferisce garantire la sopravvivenza di Atene finchè non saranno i greci a decidere del proprio destino. E la Grecia?
3 – L’incognita del presidente della Repubblica
Mentre da Bruxelles arrivano voci su un possibile vertice straordinario il 1 luglio, ad Atene alcuni guardano con attenzione al presidente della Repubblica, il conservatore Prokopis Pavlopoulos.
Il suo portavoce ha smentito domenica voci su possibili dimissioni.
Ma Pavlopoulos ha anche detto che non resterà presidente, se la Grecia uscirà dall’euro. Le sue dimissioni costringerebbero Tsipras quasi sicuramente alle elezioni anticipate, non avendo l’attuale maggioranza di governo (Syriza e Anel) la maggioranza di due terzi per eleggere un nuovo presidente.
4 – Cosa succede se vince il “sì”
Tsipras e Kammenos, i due leader della maggioranza di governo (la Grecia è guidata da un esecutivo rosso-nero, costituito dall’estrema sinistra di Syriza e la destra nazionalista di Anel) faranno campagna per il no.
Dunque, nel caso di vittoria dei sì, alcuni ministri hanno già detto che il governo si dimetterà , com’è logico che sia.
A quel punto gli scenari sono due: elezioni anticipate o, vista la drammaticità della situazione, un governo di unità nazionale o addirittura tecnocratico.
Il presidente Pavlopoulos tenterà di convincere i partiti dell’opposizione Nea Dimokratia, Pasok e To Potami e una fetta più moderata di Syriza a votare un esecutivo di unità nazionale per firmare l’accordo con i creditori ed evitare il default.
Le prossime scadenze della Grecia sono immediatamente successive alla data del referendum: il 10 e il 17 luglio sono previsti rimborsi di bond per 3 miliardi, il 13 una rata del Fmi da 450 milioni (che si aggiunge ai mancati pagamenti di giugno da 1,6 miliardi) e il 20 luglio vanno restituiti alla Bce ben 3,5 miliardi.
Al momento, nei sondaggi, i “sì” sono avanti, forse la chiusura delle banche alimenterà la paura e la propensione dei greci a voler chiudere l’intesa con la vecchia Troika.
Ma non è detto: potrebbe anche alimentare la rabbia contro i creditori “strozzini” e rovesciare il clima.
5 – Cosa succede se vince il “no”
Sarebbe la vittoria del governo greco, ma è improbabile che i creditori possano tenerne conto e riaprire un negoziato con Atene, dopo i disastrosi mesi di impasse negoziale da fine gennaio al tragico vertice dello scorso fine settimana.
Ci si avventurerebbe nelle “acque inesplorate” da cui i leader europei, incapaci di trovare un accordo con la Grecia, hanno spesso messo in guardia. Incapace di far fronte ai suoi debiti, Atene fallirebbe e sarebbe costretta, molto probabilmente, a uscire dall’euro.
Tonia Mastrobuoni
(da “La Stampa”)
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