LIBIA: BENGASI IN MARCIA CONTRO I SOLDATI ITALIANI “COMPLICI DI TRIPOLIâ€
“QUEI MILITARI HANNO COMPITI POCO CHIARI”
L’Italia sempre più al centro della crisi libica.
Nel cuore delle basi del maresciallo Khalifa Haftar, l’ostilità per le scelte di campo considerate filo-tripoline del governo italiano solleva passioni e accuse davvero pesanti.
Per domani si stanno organizzando a Bengasi e Tobruk cortei di protesta contro Roma in quelle stesse piazze e di fronte alle moschee che nel febbraio 2011 lanciarono la sfida alla dittatura di Muammar Gheddafi. Soprattutto, dopo le richieste di sostegno e aiuto a Roma da parte della coalizione della Tripolitania che fa capo a Fayez Sarraj, anche le forze in Cirenaica che stanno con l’uomo forte di Bengasi chiedono all’Italia di essere ascoltate, accusandola persino di sostenere il terrorismo assieme a Turchia e Qatar.
E lo fanno in queste ore con un appello dai toni forti di denuncia contro le «mosse pro Tripoli» italiane e, come scrivono, contro la «presenza di soldati italiani con compiti poco chiari e sicuramente non di carattere umanitario». Il documento è firmato da 45 tra leader della società civile, dirigenti di associazioni umanitarie e personalità tra Tobruk e Bengasi.
Per le strade la gente insiste nel magnificare la sicurezza e la mancanza di vessazioni da parte delle milizie. Bengasi è una città molto sporca, con ancora ben visibili i danni delle rivolte di otto anni fa, il mare inquinato e le infrastrutture mancanti.
«Ci mancano i fondi per garantire la ricostruzione. Ma almeno Haftar ha posto fine alla criminalità , sono terminati i sequestri di persona e specialmente polizia ed esercito obbediscono a un comando unificato. Non ci sono milizie a importunare e rubare come invece avviene a Tripoli», ci dice Mohammad Alsharif, un consulente finanziario 32enne che ha lavorato con importanti associazioni umanitarie occidentali.
Già in passato lo stesso Haftar aveva puntato il dito contro l’ospedale militare italiano di Misurata accusandolo di costituire a tutti gli effetti una forma di aiuto bellico al campo avversario. Ma ora l’appello va molto oltre nello sparare a zero contro «le forze militari» italiane che si trovano nell’Accademia dell’aeronautica militare di Misurata «con il compito di proteggere la base».
E specifica: «Da questa base sono partiti gli aerei che hanno bombardato i civili a Tarhuna, Allasabah, Ein Zara, Suk al Khamis e sulla strada principale per Gharian». Aggiunge inoltre che gli italiani starebbero fornendo «un supporto logistico a bande e milizie che stanno combattendo contro l’esercito nazionale libico».
Ad aggravare i toni, torna l’accusa alle milizie legate a Sarraj, per cui alcune sarebbero legate all’estremismo islamico e al traffico di esseri umani.
Già il 16 aprile Abdulhadi Ibrahim Iahweij, responsabile dell’ufficio per gli Affari Esteri in Cirenaica, aveva pubblicato una «lettera al popolo italiano» chiarendo che solo il suo governo sarebbe stato in grado di garantire il blocco del traffico di migranti.
Da Roma, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, dopo aver incontrato l’inviato dell’Onu per la Libia Salamè, dice: «Noi crediamo nel dialogo, anche se non è facile. Ma esiste e si può portare avanti: occorrono determinazione e azioni talvolta non visibili, ma efficaci. Occorre credere nella possibilità che esiste di raggiungere il risultato, nell’interesse della comunità internazionale, del popolodella Libia, nel nostro interesse come Italia e come Europa».
(da “Il Fatto Quotidiano”)
Leave a Reply