LIBIA, IL PAESE IN FIAMME, ANCORA BOMBE SUI CIVILI: A TRIPOLI 1000 MORTI, GHEDDAFI LASCIA VIDEOMESSAGGI COME AI PROMOTORI DELLA LIBERTA’
GOVERNO ITALIANO VILE, L’UMANITA’ DI BOSSI: “I PROFUGHI? LI MANDIAMO IN EUROPA”… LE PROTESTE CONTRO GHEDDAFI DILAGANO NEL MONDO ARABO E A MALTA LA RESISTENZA LIBICA BRUCIA LA BANDIERA ITALIANA: “SIETE COMPLICI DI GHEDDAFI”
Piovono bombe dal cielo di Tripoli.
Si fa sempre più cruenta con il passare delle ore la repressione del regime contro i manifestanti che da giorni protestano chiedendo le dimissioni di Gheddafi.
Alcune fonti parlano di nuovi raid di aerei sulla folla e mercenari che sparano sui civili.
Il presidente della Comunità del Mondo Arabo in Italia (Comai) Foad Aodi, che è in costante contatto, da Roma, con alcuni testimoni in Libia, parla di oltre mille i morti solo nella città di Tripoli.
«Manca l’energia elettrica e i medicinali negli ospedali», ha riferito ancora Aodi, che ha rivolto un appello al governo italiano affinchè si mobiliti «per un aiuto economico e con l’invio di medicinali in Libia. Il governo non rimanga in coma, sordo e cieco, alla rivoluzione che è in atto in queste ore».
Per discutere della crisi in Libia oggi si riunirà il Consiglio di sicurezza dell’Onu.
Il segretario Ban Ki-moon ha spiegato di aver parlato con Gheddafi e di averlo esortato alla moderazione. «L’ho invitato a rispettare pienamente i diritti dell’uomo, la libertà di assemblea e di parola», ha spiegato Ban, specificando di aver discusso con il Colonnello per 40 minuti.
Anche la Lega Araba, a livello di ambasciatori, ha convocato per oggi pomeriggio una riunione straordinaria per discutere della situazione in Libia. Due giorni fa il rappresentante di Tripoli presso l’organismo panarabo ha rassegnato le dimissioni per protestare contro la violenta repressione dei manifestanti.
Con le frontiere chiuse ai giornalisti, la situazione interna alla Libia resta un rebus.
Secondo l’International Federation for Human Rights (IFHR), una ong con sede a Parigi, sono circa una decina le città in mano agli insorti.
Oltre a Bengasi, dice Ifhr, i ribelli hanno preso il controllo di Sirte e Torbruk oltre che di Misrata, Khoms, Tarhounah, Zenten, Al-Zawiya e Zouara.
A causa degli scontri di questi giorni è andata distrutta la pista dell’aeroporto di Bengasi, seconda città della Libia, e gli aerei passeggeri non sono dunque in grado di atterrare nello scalo.
Gheddafi nella notte è ricomparso a Tripoli: ha parlato e si fatto riprendere dalla tv per smentire le voci di una sua fuga in Venezuela.
Appena 22 secondi di apparizione, la prima da quando è scoppiata la rivolta.
La repressione è dura e sanguinaria, con Tripoli bombardata e centinaia di morti.
Ma ad una settimana esatta dall’inizio delle manifestazioni di protesta ci sono anche i segni dello sgretolarsi del regime sotto il peso dell’insurrezione popolare, con voci di militari che passano dalla parte dei rivoltosi e le defezioni dei diplomatici a macchia d’olio.
Il giornale Libia al-Youm parla del capo di stato maggiore dell’esercito, Abu-Bakr Yunis Jabir, agli arresti domiciliari dopo essere passato dalla parte dei rivoltosi, sembra però confermare lo scollamento all’interno delle forze armate.
Fino alla notizia della diserzioni di due cacciabombardieri Mirage libici atterrati a Malta: i piloti libici a bordo hanno raggiunto l’isola senza il permesso delle autorità maltesi dopo essersi rifiutati di eseguire l’ordine di sparare sulla folla. Defezioni a macchia d’olio invece per i diplomatici libici nel mondo: dopo le dimissioni ieri dell’ambasciatore di Tripoli presso la Lega Araba, ha lasciato la delegazione libica all’Onu e il numero due della missione Ibrahim Dabbashi ha invocato un intervento internazionale contro quello che ha definito «un genocidio».
Ma anche diplomatici in Cina, Regno Unito Polonia, India, Indonesia, Svezia e Malta, hanno abbandonato la nave di Gheddafi: il chiaro segnale che se questa non sta affondando è quantomeno alla deriva.
Per quanto riguarda l’Italia, continua la posizione ambigua del nostro governo che pare interessato più a tutelare i traffici economici che la vita dei libici.
Frattini pensa solo all’incubo profughi, se li fa fuori Gheddafi insomma è meglio.
Non a caso un parola chiara in senso umanitario è stata detta oggi dal capo della feccia leghista: “Profughi? Se arrivano li mandiamo in Francia e in Germania”.
Gran senso umanitario come sempre, mentre Gheddafi ogni tanto appare e rilascia brevi dichiarazioni collegandosi al sito libico dei promotori della Libertà o ai convegni di Pionati, in puro stile berlusconiano.
Finirà che chiederà asilo politico ad Arcore: almeno il Bunga bunga è assicurato.
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