LIBIA, L’ACCORDO C’E’ MA SENZA AL SERRAJ E HAFTAR
LA CONFERENZA DI BERLINO METTE D’ACCORDO TUTTI I BIG SULLA TREGUA: DA PUTIN A ERDOGAN FINO AGLI USA… MA I DUE RIVALI NON SI ACCODANO E NON SI INCONTRANO, ACCETTANO SOLO IL CESSATE IL FUOCO
Sulla tregua in Libia c’è l’accordo di tutti gli 11 tra paesi e istituzioni comunitarie rappresentate a Berlino. Da Vladimir Putin al turco Erdogan, l’egiziano al Sisi e i rappresentanti degli Emirati arabi uniti, gli Stati uniti rappresentati dal segretario di Stato Mike Pompeo, Francia, Germania, Gran Bretagna, Unione Europea, Algeria, Lega Araba, Unione Africana: nelle 4 ore di conferenza ospitate nella Cancelleria tedesca, nessuno di questi big player alza il dito per dire no alla bozza di conclusioni che parla di tregua e dice no all’opzione militare.
Tutti d’accordo, bozza di sei pagine e 55 punti approvata. Solo non si vedono nè Fayez al Serraj, alleato di Erdogan e premier del governo di Tripoli riconosciuto dall’Onu, nè Khalifa Haftar, il generale della Cirenaica che nelle sue milizie conta mercenari russi, emirati, egiziani ed è considerato vicino anche a Macron.
Al Serraj e Haftar, i due rivali sul campo, sono a Berlino ma di fatto non siglano la bozza di accordo. Nè si stringono la mano. Non si incontrano nemmeno. Non intervengono a dire la loro in plenaria.
Restano fuori tutto il tempo e rigorosamente in stanze separate. Angela Merkel li incontra prima e dopo la conferenza, sempre in colloqui separati.
E’ la Cancelliera a informarli del fatto che tutti i ‘big’ riuniti a Berlino hanno approvato la bozza di conclusioni. Da loro riesce a ottenere la disponibilità “per il secondo passo — spiega Merkel in conferenza stampa – cioè creare un comitato militare che possa intervenire” per monitorare il cessate il fuoco in Libia.
Non è poco, ma non basta per essere certi che domani in Libia non si sparerà . La stessa Merkel è cauta, benchè soddisfatta dell’esito della conferenza di Berlino, prova europea in grande stile per recuperare terreno sull’affare libico cercando di sfilarlo alla contesa dei pesi massimi Erdogan e Putin.
“Non abbiamo risolto tutti i problemi”, ammette la Cancelliera. E anche il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov non può che ammettere: è ancora “impossibile” organizzare un dialogo tra le parti in conflitto
Tanto più che il documento approvato a Berlino non parla di “sanzioni a chi viola l’embargo sulle armi alla Libia”, spiega sempre Merkel. “Il documento approvato oggi sarà adottato al Consiglio di Sicurezza. Abbiamo detto che in caso di violazioni saranno fatti i nomi”.
Però, aggiunge, “credo che oggi sia stata creata la base per poter procedere con il percorso delineato da Salamè”, l’inviato dell’Onu in Libia, presente a Berlino insieme al segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres.
“Credo che sia un processo molto vincolante. Sono state concordate alcune cose in tempi molto brevi, con controlli serrati, per garantire che si possa giungere a una soluzione politica e a un cessate il fuoco permanente”.
Sulla carta, l’Ue riesce a rimettere l’affare libico sui binari della diplomazia delle Nazioni Unite. Tenta di ‘annacquare’ il potere di Putin e Erdogan in una tela multilaterale che per ora trova l’accordo di tutti e che, è l’argomentazione usata dagli europei con i libici, è la migliore garanzia per una Libia unita.
Riesce a tenere dentro questo schema anche gli Stati Uniti, la cui assenza dallo scenario libico ha agevolato l’entrata in campo di Turchia e Russia. Ma c’è da dire che a Berlino non viene Donald Trump in persona, al contrario di Putin.
Il presidente degli Stati Uniti invia Pompeo, peso massimo dell’amministrazione Usa ma non è il ‘numero uno’. “C’è attenzione da parte americana a coordinarsi con noi e con gli altri soggetti coinvolti e lavorare ai seguiti. Massima attenzione”, assicura Conte che lo ha incontrato.
Alla conferenza di Berlino seguiranno altri incontri, tra cui quello con i libici ospitato dall’Onu a Ginevra a fine mese.
Domani a Bruxelles un consiglio degli Affari Esteri farà il punto della situazione alla luce dell’accordo raggiunto oggi.
La prospettiva, discussa qui oggi, è di rivedere la composizione del consiglio presidenziale libico, in modo che rappresenti tutte le parti in causa in Libia: non solo Tripoli, ma anche Tobruk.
Sul tavolo c’è anche l’ipotesi di un passo indietro del premier al Serraj, sebbene non ammessa ufficialmente. Lui non la prende benissimo. Non a caso, al suo arrivo a Berlino accusa l’Ue, “arrivata tardi e male” sulla Libia.
Intorno all’ora di pranzo, dopo aver incontrato Guterres e Salamè in un hotel in Friedrichstrasse, vicino alla Cancelleria, Conte la mette così: “Non chiediamo a nessuno degli attori di fare un passo indietro, ma chiediamo decisi passi avanti verso la stabilizzazione e la pacificazione”. E poi si ritira per una chiacchierata di aggiornamento con il ministro Luigi Di Maio, che stamane ha incontrato i suoi omologhi turco Mevlut Cavusoglu ed egiziano Sameh Shoukry.
A Berlino si discute anche dell’invio di una forza di interposizione dell’Onu per il rispetto della tregua, opzione caldeggiata dall’Italia e sulla quale oggi è possibilista anche l’Alto rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell, il britannico Boris Johnson.
Ma non è roba che possa essere messa in atto domattina, anche perchè sconta la riluttanza della maggioranza degli Stati membri dell’Unione: a cominciare dai tedeschi per finire ai francesi. E comunque, prima c’è da vedere se la tregua sarà rispettata.
La decisione sull’invio di una forza di interposizione spetta poi al “consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”, dice lo stesso Conte ribadendo la disponibilità dell’Italia.
Al Serraj e Haftar “non sedevano al tavolo” della conferenza di Berlino e dunque “formalmente non hanno condiviso i 55 punti” della dichiarazione, ma “sono stati costantemente aggiornati e confidiamo che si impegnino anche loro al cessate il fuoco”, sono le parole del presidente del Consiglio italiano.
Ma intanto oggi la conferenza di Berlino non è stata confortata da buone notizie provenienti dalla Libia. Anzi.
Dopo avere bloccato ieri i terminal petroliferi della Sirte, oggi le forze di Haftar hanno fatto interrompere la produzione del più grande campo petrolifero libico, quello di Sharara. Il petrolio resta nel conflitto, a dispetto di tutte le promesse di pace.
(da “Huffingtonpost”)
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