L’IMPRESA MODELLO DI RENZI A PROCESSO PER EVASIONE FISCALE
LA VISITA ALLA MULTINAZIONALE DANIELI IN FRIULI CON SETTE INDAGATI… E PARLA PURE DI TASSE
Ha parlato anche di tasse ed evasione fiscale, Matteo Renzi, ieri a Buttrio (Udine), durante la sua visita alla multinazionale Danieli.
È stato come parlare di corda in casa dell’impiccato: ad ascoltarlo c’era il presidente e amministratore delegato del gruppo Danieli, Giampiero Benedetti, che con altri sei manager della multinazionale friulana è sotto processo per reati fiscali.
Renzi ha detto che “abbassare le tasse non è nè di destra nè di sinistra: è giusto”. Benedetti, parlando dopo di lui, ha confidato di avere “fiducia in questo governo perchè sta dimostrando energia e coraggio e soprattutto perchè ha una visione di sviluppo del Paese”.
Poi gli ha consegnato una scultura che rappresenta un forgiatore: “Nella speranza che lei sappia forgiare il Paese”.
Il processo a sette uomini d’oro della Danieli è iniziato con una “udienza filtro” l’8 ottobre ed è stato rinviato al 18 gennaio 2016.
Benedetti è imputato di evasione e frode fiscale, per non aver pagato 80 milioni di euro su una cifra totale di circa 280 milioni nascosti al fisco, con il trucco della “estero vestizione societaria”, cioè la trasmigrazione all’estero, nei paradisi fiscali, di attività che hanno invece il loro ponte di comando in Italia.
La Danieli è uno dei leader mondiali nella produzione di impianti siderurgici, un colosso con 11 mila dipendenti, un fatturato di oltre 2.700 milioni di euro, un utile netto di 163 milioni.
Il suo sito web è in inglese e in cinese: l’italiano non serve, visto che l’impresa costruisce acciaierie nel mondo, in Russia e in Brasile, in Corea e nei Paesi arabi.
L’inchiesta della procura di Udine fu rivelata da un articolo del Fatto Quotidiano nel febbraioscorso.
Il nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza friulana, dopo indagini durate due anni, guidate dal procuratore aggiunto di Udine Raffaele Tito, contestò la mega-evasione alla multinazionale con base a Buttrio, ipotizzando tre fattispecie di reato.
La dichiarazione fraudolenta, “mediante un giro vorticoso, ma fittizio di operazioni finanziarie intragruppo” realizzate tra il 2005 e il 2008, per un ammontare di 12.891.551 euro di costi fittizi e 3.899.885 euro di imposta Ires evasa.
Poi l’omessa dichiarazione dei redditi per tre società considerate estero vestite, cioè con sede formale nel “paradiso fiscale” del Lussemburgo, ma di fatto gestite dal quartier generale di Buttrio, per un giro d’affari di 225 milioni di euro e per un totale di circa 73 milioni di imposte evase, nel periodo 2005-2013.
Infine la dichiarazione fraudolenta “con uso di fatture per operazioni inesistenti” in relazione a fondi occulti e operazioni sospette con una società degli Emirati Arabi Uniti, tra il 2006 e il 2010.
Nell’inchiesta sono coinvolti,a vario titolo, sei dei più stretti collaboratori di Benedetti: Alessandro Brussi, Enzo Ruscio, Zeno Bozzola, Alessandro Trivillin, Carla De Colle ed Ezio Bianchi.
Tutti si sono detti estranei alle accuse e si sono lamentati per i danni subiti in Borsa dall’azienda dopo la pubblicazione delle notizie sull’indagine.
“Il titolo Danieli, quotato in Borsa, ha registrato perdite di valore dell’ordine di decine di milioni di euro nel giorno della divulgazione della notizia e nel giorno successivo”, aveva scritto l’azienda in una sua nota.
Gianni Barbacetto
(da “il Fatto Quotidiano”)
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