L’ITALIA PERDE I SUOI FRUTTETI: IN 15 ANNI TAGLIATO UNO SU TRE
MERCATO IN CRISI ED ESPORTAZIONI FERME: COSI’ IL SETTORE AGRICOLO AFFONDA
Da una parte il luglio record, con gli italiani che consumano il 30 per cento di frutta in più rispetto al 2014.
Dall’altra la crisi del settore e dei frutteti, dove una pianta su tre è andata perduta negli ultimi quindici anni.
E poi i costi della filiera, con i prezzi che si alzano del 500 per cento dal campo alla tavola.
Ha tanti volti la storia recente della frutta italiana, così com’è stata raccontata — ieri a Milano, tra i padiglioni di Expo 2015 — da Coldiretti.
Ma il dato è prima di tutto economico: senza export l’Italia che coltiva non sopravvive. Non bastano la ricchezza e la varietà offerte dalle nostre terre.
Con il mercato interno che si è ristretto per la crisi, le vendite verso l’estero diventano fondamentali. Specie per la frutta, che in Italia cresce tanto e bene ma altrove (leggi: in Nord Europa) molto meno.
Rischio speculazione
Dal 2000 a oggi a scomparire sono stati una pianta di limoni su due, quattro peri e peschi su dieci, tre aranci su dieci, oltre un melo su quattro.
Si è passati da 426 mila a 286 mila ettari coltivati a frutta, proprio mentre le importazioni dall’Italia crescevano del 37 per cento.
«Un trend drammatico — dice il presidente Roberto Moncalvo — che ha effetti pesanti sul piano economico e occupazionale per le imprese agricole. Occorre intervenire per promuovere i consumi interni e sostenere le esportazioni, che sono rimaste pressochè le stesse di quindici anni fa. E va frenata la speculazione: sul campo la frutta viene sottopagata, sotto i costi di produzione, e poi venduta anche a cinque o sei volte tanto».
Il nodo russo
Costerà pure troppo, ma tra i banchi del mercato la frutta sembra più popolare che mai, almeno per questo secolo.
In un luglio record, complice il caldo, la spesa per frutta e verdura ha superato per la prima volta quella per la carne: 99,5 euro per famiglia al mese, contro 97 euro per filetti e braciole.
«Nel settore ci sono dei punti di forza clamorosi, ed Expo è l’occasione anche per mostrarli ai 140 Paesi presenti», dice il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina.
Che ammette tutti i guai legati al blocco delle importazioni verso la Russia, imposto da Putin il 7 agosto 2014.
«Siamo in un passaggio delicato, con tanti prodotti da gestire a fronte della situazione. Nell’ultimo Consiglio agricolo europeo l’Italia ha ottenuto un risultato importante: sarà la Ue a ritirare 50 mila tonnellate di prodotti italiani — per la prima volta anche frutta fresca di stagione — e aiutare così le aziende in difficoltà ».
La qualità non basta
Eppure problemi e ostacoli non vengono solo da lontano.
Molti dipendono anche da limiti tutti nostri.
«Dobbiamo essere umili: la qualità non basta. I prodotti bisogna saperli vendere, e c’è chi lo fa meglio di noi».
È la provocazione di Sergio Fessia, commerciante piemontese che seleziona frutta e verdura per i negozi Eataly del nord Italia.
«I contadini non sono sciocchi: piantano quando possono guadagnare. E negli ultimi anni ci sono stati casi di peschi tagliati, in Emilia e Piemonte, con i frutti attaccati al ramo. Non conveniva nemmeno raccoglierli. Se non esporta, l’agricoltura chiude. E oggi il Nord Europa compra frutta in quantità , ma spesso da Paesi che sanno vendere meglio — Spagna in primis e poi Francia — e anche quando offrono qualità inferiore e prezzi più alti. A volte le nostre aziende sono troppo piccole per evadere ordini che arrivano anche a duemila quintali: ecco perchè serve l’umiltà e la capacità di unirsi e fare consorzi più forti».
Stefano Rizzato
(da “La Stampa“)
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