M5S, NON BASTA FARE I FIGURANTI
O DIVENTI PROTAGONISTA O RESTI CAMMEO
Il M5S vuole essere un protagonista delle vicende politiche italiane o preferisce avere la funzione del “cammeo”?
Come inedita forza politica vuole agire o intende solo produrre effetti scenici?
Il “cammeo”, nel linguaggio cinematografico, è la partecipazione di una star in un ruolo di scarsissima incidenza sull’insieme del film e sulle vicende narrate, ma capace di attrarre molti spettatori proprio perchè un “nome”.
Due questioni all’ordine del giorno, anzi ad horas, costituiscono il banco di prova per capire quale ruolo il M5S intenda svolgere: protagonista o “cammeo”.
La prima questione è la crisi di governo, che Berlusconi brandisce come un ricatto, con annesso messaggio (eversivo) da far esplodere in tutte le tv.
Ai ricatti può essere sensibile solo chi è ricattabile, dunque Napolitano e Letta diamo per ovvio che non ne siano neppure sfiorati, e la stessa cosa ci piacerebbe poter azzardare anche per l’intero gruppo dirigente del Pd.
Tuttavia la crisi potrebbe essere aperta in ogni momento, perfino mentre state leggendo questo giornale.
A quel punto il dilemma per il M5S non sarà (non è): alleanza col Pd oppure no.
Che venga messa in questi termini da gran parte dei media è anzi già fuorviante e manipolatorio.
I termini esatti della scelta suonano invece: il M5S avanza una propria proposta di governo, o si limita a lasciare l’iniziativa agli altri, regalando con ciò in monopolio alle forze politiche ogni ruolo di protagonisti?
Dire no a ogni ipotesi di Letta bis (o di un governo Amato di cui si vocifera nel Pd) va da sè, ma limitarsi a questo vuol dire, appunto, relegarsi al ruolo di “cammeo” (con cui si possono anche strappare applausi e standing ovation).
Essere protagonisti significa invece avere la forza e l’intelligenza di imporre la propria agenda e la propria iniziativa, costringendo le altre forze politiche alla subalternità , mettendole con le spalle al muro, spingendone una parte a piegarsi “obtorto collo” alle proposte di governo del M5S.
Proposte che il movimento ha rivendicato di aver già compiuto, accusando il Pd di non averle volute neppure prendere in considerazione: un governo senza partiti, guidato da una personalità di riconosciuta e adamantina “statura” repubblicana.
La lista delle preferenze del M5S per i nomi di tale personalità è stata stilata attraverso una consultazione on line di alcune migliaia di attivisti al momento dell’elezione del presidente della Repubblica.
I nomi di Rodotà e Zagrebelsky dovrebbero perciò suonare come la proposta ovvia che il M5S porterà al Quirinale in caso di crisi di governo.
Pretendere che Napolitano affidi “al buio” al M5S la carica di premier, come qualcuno nel movimento ha pure ventilato, è in patente conflitto con l’art. 92 della Costituzione ed equivarrebbe alla rinuncia a svolgere una qualsiasi azione nella crisi.
Se il M5S farà solennemente questi nomi al Quirinale, e magari fin d’ora al paese, il Pd sarà messo nell’angolo.
Non vorrà neppure sentirne parlare, un governo senza ministri di partito a chi vive di partitocrazia deve fare l’effetto dell’aglio sui vampiri.
Ma il Pd potrà davvero dire di no e basta? Perchè la soluzione a quel punto proposta dal M5S con tutti i crismi istituzionali avrebbe dalla sua i seguenti atout: personalità ineccepibili per caratura morale, prestigio professionale, credibilità internazionale e disinteresse personale, che sceglierebbero ministri con le stesse caratteristiche, cioè l’Italia delle eccellenze sotto tutti questi profili.
Con quali argomenti il Pd potrebbe dire di no? Come potrebbe giustificarsi con il proprio elettorato potenziale?
È stata al governo con i Brunetta e le Biancofiore e troverebbe ripugnante sostenere come premier chi per tutta la vita ha operato in coerenza con i valori di “giustizia e libertà ” che il Pd sbandiera in ogni comizio come irrinunciabili?
E come spiegherà il Pd che preferisce andare alle elezioni con il Porcellum, o evitarle con un governicchio Letta bis o Amato ter, pur di rifiutare la proposta avanzata dal M5S, che anche quasi tutti gli elettori democratici apprezzerebbero?
Il tutto, in un orizzonte di incredulità europea per chi si piega al ricatto di un Delinquente patentato, e di manifestazioni di massa sul web e nelle piazze a favore di un governo di legalità repubblicana.
Quanto alla riforma elettorale, seconda cartina di tornasole su cui misurare la capacità del M5S di essere protagonista, la scelta del solo modello proporzionale (con collegi piccoli e metodo d’Hont) rischia anch’esso di fare “cammeo”.
I sistemi proporzionali hanno il pregio di rispettare (più o meno) il criterio della rappresentanza, ma il difetto di non consentire agli elettori di scegliere la maggioranza di governo, demandata alle “pastette” post-elettorali.
Il M5S avrebbe perciò dovuto (dovrebbe) mettere sul tappeto, oltre a una proposta di proporzionale, anche una proposta di maggioritario.
A due turni, perchè quando le forze elettorali principali sono più di due (e oggi in Italia sono tre: Pdl, Pd, M5S) il maggioritario a un turno trasforma le elezioni in roulette.
E poichè con le elezioni-gioco-d’azzardo del Porcellum (o il Mattarellum) Berlusconi potrebbe, con meno di un terzo dei voti, prendersi tutto, per la democrazia sarebbe una “roulette russa”.
Per cui il M5S farebbe bene ad avanzare anche una proposta di legge elettorale maggioritaria, ricalcata sul doppio turno con cui si elegge il sindaco, e proporre alla discussione entrambi i modelli, a seconda che si voglia privilegiare la capacità dell’elettore a essere rappresentato o a scegliere la maggioranza di governo.
Paolo Flores D’Arcais
(da “il Fatto Quotidiano”)
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