“MANAGER STRAPAGATI E INCOMPETENTI HANNO DEPREDATO L’ATAC, ORA VI FACCIO I NOMI”
INTERVISTA A ESPOSITO, L’ASSESSORE CHE HA PORTATO IL DOSSIER IN PROCURA
L’Atac secondo Stefano Esposito è un «far west», un’azienda «senza speranze» dove in questi anni «la politica ha scorrazzato liberamente», promuovendo «manager senza competenze che hanno qualcosa da nascondere » e prendono decisioni in un «clima costantemente avvelenato », di «guerra permanente coi dipendenti».
Tutto questo, al netto di ciò che potrà emergere dalle inchieste aperte in procura e presso l’Anac.
Indagini che, sostiene l’assessore capitolino ai trasporti, rischiano, al confronto, di far apparire il simbolo di Tangentopoli, Mario Chiesa, e il suo Pio Albergo Trivulzio di Milano «un collegio di lattanti».
Tre mesi dopo il suo ingresso nella squadra di Ignazio Marino, a due settimane dalle decadenza della giunta che lascerà spazio all’arrivo del commissario nominato dal governo, Esposito punta il dito contro i vertici della municipalizzata, quelli che «quando hanno saputo delle mie dimissioni hanno brindato ».
Chi ha stappato lo champagne, assessore?
«Quei 15-20 manager superpagati a 200-250 mila euro l’anno, quelli a cui dissi, appena arrivato qui a luglio “io vi romperò i coglioni” ».
I nomi, assessore.
«Posso immaginare che un brindisi l’abbia fatto Giuseppe Depaoli, il direttore del personale che mal sopportava le mie iniziative per provare a mettere un po’ di pace col personale, preferendo invece lavorare in un clima di scontro permanente».
Si è chiesto il perchè?
«Forse perchè fa comodo avere questo clima per nascondere i veri problemi dell’azienda e dire che è colpa dei lavoratori».
Depaoli ha brindato da solo?
«Lui è una delle peggiori espressioni dell’azienda dal punto di vista gestionale. Ma in Atac c’è il responsabile delle relazioni industriali indagato per la vicenda della Parentopoli, il capo dell’ufficio legale coinvolto in quella dell’Ama. Può una municipalizzata che versa in queste condizioni permettersi manager così? Non dico che vanno licenziati, ma almeno messi di lato».
E i suoi rapporti con l’amministratore delegato dimissionario Danilo Broggi?
«Ho chiuso con lui da più di un mese, da quando mi promise di dare il via libera al bilancio l’8 di settembre. Salvo poi non approvarlo e non dirmi nulla».
Ma una parte di questo management è stato nominato dalla giunta Marino.
«Una parte, esattamente. Per il resto, questi sono gli stessi vertici che hanno liquidato 1,2 milioni di euro al responsabile della bigliettazione parallela».
Com’è finita quella vicenda?
«È in mano alla procura».
E la bigliettazione in Atac ora è regolare o ci sono ancora angoli bui?
«Non ho elementi per pronunciarmi, nè in un senso, nè nell’altro ».
Lei ha consegnato in Procura un dossier sugli appalti in azienda. Poi ha citato Mario Chiesa, l’arrestato che dette il via a Tangentopoli.
«Ma lui era un lattante in confronto alla cifre in ballo oggi: si parla di gare per 2 miliardi e 200 milioni di euro, 4500 miliardi delle vecchie lire. Dove li hanno spesi, visto che il servizio è così scarso? Con un giro così vorticoso di soldi speriamo sia tutto in regola ».
Puzza di tangenti?
«Il sospetto è lecito. La reazione rabbiosa che ho ricevuto in azienda quando ho chiesto approfondimenti su questi appalti mi fa pensare che abbiano qualcosa da nascondere».
Cos’è mancato in questi anni ad Atac?
«Il controllo della politica, l’indirizzo. Lo dice la storia: nell’era Alemanno gli assessori invece di dare la linea, passavano all’azienda gli elenchi di chi assumere e dei dirigenti da promuovere».
Il centrosinistra è assolto?
«Io sono di parte eppure ho sempre detto che una situazione così non si crea in 5 anni. La logica consociativa e clientelare che vige oggi in Atac non può essere figlia solo del centrodestra. Con Alemanno è arrivato lo sfascio organizzativo, l’eliminazione delle persone competenti che hanno dovuto fare posto a manager incapaci. Ho cominiciato a monitorare le gare a trattativa privata a partire dal 2011. Ma andando indietro chissà cosa si trova».
Mauro Favale
(da “La Repubblica”)
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