MELONI RIVENDICA I DATI SULL’OCCUPAZIONE FEMMINILE, MA NON DICE CHE L’ITALIA E’ ULTIMA IN UE SU DONNE E LAVORO
CONTRATTI PRECARI, SOTTOPAGATI E A TERMINE
Anche Giorgia Meloni ha scritto un messaggio sui suoi canali social per l’8 marzo, in occasione della Giornata internazionale della donne. E ha rivendicato le politiche che il suo governo ha messo in campo per sostenere ad esempio l’occupazione femminile. “La festa della donna non è solo un giorno di celebrazione, ma un’occasione per riflettere sulle conquiste raggiunte e sugli obiettivi ancora da perseguire – ha scritto la presidente del Consiglio – Grazie al supporto di politiche concrete messe in atto dal nostro governo, abbiamo promosso l’occupazione femminile, i cui risultati – certificati dai dati Istat – ci rendono particolarmente fieri.
Sulle rivendicazioni di Meloni in materia di occupazione va fatta qualche precisazione. Se è vero che il tasso di occupazione femminile risulta tendenzialmente in crescita negli ultimi anni, è anche vero che l’Italia resta fanalino di coda in Europa per quanto riguarda il tasso di donne che lavorano.
Non solo siamo uno dei Paesi dove meno donne hanno un’occupazione – con tutte le conseguenze che questo può avere sulle diverse forme di violenza di genere, in quanto la dipendenza economica è spesso tra gli ostacolo che impediscono alle vittime di violenza domestica e ai loro figli di allontanarsi dalla relazione abusiva – ma anche dove la qualità dell’occupazione è più precaria.
Il dato che ci parla generalmente di un aumento del tasso di occupazione, infatti, va contestualizzato.
Quel numero, da solo, non ci racconta il tipo di occupazione a cui stiamo facendo riferimento. Non ci dice, ad esempio, che tra le donne occupate risultano anche quelle che hanno contratti precari, sottopagati e a termine.
Né ci dice quante, in quella stessa platea, sono costrette a un part-time per poter conciliare il lavoro e la famiglia.
E non ci dice nulla, infine, sull’instabilità perenne con cui molte donne hanno a che fare nel mondo del lavoro, a causa di una cultura sessista che continua a discriminarle dando per scontato che in un certo momento della loro vita abbandoneranno la carriera per potersi prendere cura dei figli.
Insomma, sicuramente l’aumento dell’occupazione femminile è un dato positivo, ma che va considerato nel contesto del mercato del lavoro che le donne italiane si trovano ad affrontare: un mercato dove c’è ancora troppa precarietà e discriminazione.
Anche l’Istat, che tanto spesso Meloni cita per certificare il miglioramento dell’occupazione femminile, in un report pubblicato a settembre 2023, ha sottolineato:
Quando si parla di lavoro “non-standard” ci si riferisce a rapporti caratterizzati da una ridotta continuità nel tempo e/o da una bassa intensità lavorativa. In altre parole, contratti a termine e part time involontario. E ad essere coinvolte in queste modalità lavorative – questo ci dicono i dati del 2022 – sono soprattutto le donne: il 27,7% delle occupate sono lavoratrici non-standard contro il 16,2% degli uomini. La quota di lavoratori non-standard raggiunge il 45,7% tra le donne giovani (a fronte del 33,9% dei coetanei), il 36,1% tra le residenti nel Mezzogiorno (22,1% gli uomini della stessa ripartizione), il 36,4% tra le donne che hanno al massimo la licenza media (18,6% gli uomini con lo stesso livello di istruzione) e arriva al 40,7% tra le straniere (28,3% tra gli stranieri maschi). Lo svantaggio femminile si evince anche dalle retribuzioni: i dati del 2019 mostrano che in media le donne percepiscono una retribuzione oraria dell’ 11% inferiore a quella degli uomini, con differenze territoriali che variano tra il -13,8% nel Nord-ovest e il -8,1% nel Sud.
Al di là di qualche decimo in più di trimestre in trimestre sul valore del tasso di occupazione femminile, tra una maggiore instabilità, gender pay gap, tetti di cristallo e part-time obbligati, sulle partecipazione delle donne al mercato del lavoro c’è ancora tanto da fare.
(da Fanpage)
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