MELONI TEMPOREGGIA SULLE EUROPEE PER SNERVARE LEGA E FI
STALLO IN SARDEGNA
Siccome un po’ tutto si tiene, la prima conseguenza delle tensioni sulle regionali è lo slittamento della decisione di Giorgia Meloni sulle europee. La premier oscilla, come un pendolo, tra il sì, il no e il forse. I pro (il partito) e i contro (la presidenza del G7). Ha tempo fino all’8 maggio per prendere una decisione. Quanto basta per friggere gli alleati di Lega e Forza Italia. Tra accelerazioni e frenate, la leader di Fdi sa che così può tenere tutti sulla corda. La sua presenza come capolista può valere, secondo i dati che girano in via della Scrofa, fra il 3 e il 5 per cento in più per le liste dei patrioti. Lo spread, insomma, che passa fra un successo annunciato e una vittoria in carrozza che veleggia verso quota 30 per cento. Tutti questi ragionamenti sembrano slegati rispetto alla partita sarda, che si porta dietro quelle abruzzese, lucana e piemontese. Ma non è così. Meloni sa di avere la forza di dare le carte. E quindi aspetta. Convinta che l’idea di concordare con Antonio Tajani e Matteo Salvini una linea comune sulle europee sia stata superata dai fatti. Il capo del Carroccio si è sfilato, quello di Forza Italia preferirebbe evitare di correre, anche se dice che ci starebbe pensando. E così si arriva alla Sardegna, caso ormai nazionale.
Dalle parti di Fdi sono convinti che ormai la spunterà il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu sul governatore uscente Christian Solinas, diventato la linea Maginot di Salvini. Che fa esclamare ad Andrea Crippa, vicesegretario leghista: “Ah, quando c’era Silvio! Berlusconi sì che era un capo della coalizione generoso”. Nostalgia canaglia.
Sempre Crippa (che è l’oggetto contundente usato da Salvini) prima che i leader si vedessero a Palazzo Chigi ieri sera, spiegava che le minacce di Francesco Lollobrigida non gli fanno perdere il sonno e che insomma lui si sarebbe trovato meglio a dialogare con Giovanni Donzelli, coordinatore nazionale del partito. Schermaglie su schermaglie: questo offriva il menu in attesa che la grande capa riunisse i leader prima di cena per arrivare a una decisione che però non c’è stata (si rivedranno oggi: la premier ha parlato in privato con il leader leghista).
Si sa che in Sardegna bisogna presentare le liste entro il 22 gennaio e il nome del candidato governatore a loro collegato entro il 25. Salvini continua a dire – chissà se è vero – che l’indipendentista Solinas potrebbe appoggiare, se fatto fuori, Renato Soru. E il tutto a favore di Alessandra Todde, candidata rossogialla di espressione M5s che zitta zitta si è già fatta 40 tappe elettorali sull’isola mentre il centrodestra locale e nazionale si prende ancora a piatti in faccia. Alla fine Meloni, Tajani e Salvini – tra cabina di regia sul Pnrr e Consiglio dei ministri – parlano, si confrontano ma senza trovare un accordo. Ormai la Sardegna si trascina dietro anche la Basilicata dove il forzista Vito Bardi non è proprio sicurissimo della ricandidatura. Anzi. Sempre da Fratelli d’Italia, dove ormai la parola chiave è “riequilibrio”, si scommette una pizza sul fatto che alla fine la spunterà un candidato civico (si parla del presidente locale di Confindustria Francesco Somma). “Ma noi allora mettiamo in discussione anche l’Abruzzo di Marsilio”, ripete senza crederci nemmeno troppo Crippa, vice Salvini con licenza di menare fendenti. Di fatto il tavolo è destinato ad aggiornarsi. Magari a oggi, quando Meloni sarà tornata dalla visita in Emilia Romagna con Ursula von der Leyen. A Forlì si parlerà di alluvione, ma si respirerà aria europea. Quanto basta a far crescere suggestioni e timori dentro Lega e Forza Italia.
(da agenzie)
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