“MI HA MOLESTATA MENTRE DORMIVO”: L’ALLARME DI JESSICA SETTE GIORNI PRIMA
A INIZIO MESE LA VITTIMA DEL TRAMVIERE PADANO AVEVA CHIAMATO I CARABINIERI: “PORTATEMI VIA”.. MA NEI CONFRONTI DELL’UOMO NESSUN PROVVEDIMENTO
La richiesta d’aiuto di Jessica Valentina Faoro, una settimana prima di venir uccisa, non era rimasta inascoltata. Come emerge dalle indagini della squadra Mobile, all’una di notte del primo febbraio la 19enne aveva chiamato i carabinieri, aveva raccontato che, mentre dormiva, l’uomo dal quale viveva aveva tentato un approccio e aveva fornito l’indirizzo per l’intervento: via Brioschi 93.
Nello stesso bilocale dove tra martedì e mercoledì il tranviere 39enne Alessandro Garlaschi l’ha colpita almeno cinque-sei volte con un coltello da cucina, riposto nel suo contenitore senza che venissero completamente cancellate le macchie di sangue.
Una pattuglia aveva trovato la ragazza in strada. «Devo tornare di sopra a prendere i mie due zaini, non voglio rimanere più in quella casa».
I carabinieri erano saliti, nell’appartamento c’era soltanto Garlaschi e non la moglie (Jessica Valentina credeva che anzichè coniugi fossero fratello e sorella).
La situazione, esaminata con scrupolo e attenzione, non aveva presentato anomalie.
I carabinieri avevano chiesto a Jessica Valentina se avesse bisogno di una soluzione abitativa, lei aveva risposto che andava da un’amica; l’avevano invitata a telefonare di nuovo in caso di necessità e, se lo riteneva opportuno, a presentare formale denuncia; alla domanda finale sull’eventualità di chiamare un’ambulanza per i controlli al pronto soccorso, poichè aveva una febbre di 37,5 gradi, la 19enne aveva spiegato che avrebbe raggiunto da sola l’ospedale San Paolo. In bicicletta.
L’avrebbe fatto subito, giusto il tempo di ottenere da Garlaschi il «permesso» di lasciare in custodia i due zaini più il pitbull di proprietà della ragazza e venduto nei giorni seguenti.
Quella notte, Jessica Valentina non era tornata in via Brioschi. Ma era tornata i giorni seguenti. E aveva ripreso il suo posto nel bilocale di 50 metri scarsi, composto da ingresso, cucinino, soggiorno, bagno e camera da letto.
Nel cucinino c’era un divano-letto, la «stanza» della 19enne.
Garlaschi, dopo averla uccisa, ha nascosto il cadavere proprio sotto quel letto: il corpo era per metà in un borsone e per metà avvolto nel cellophane. Ha cercato di disfarsi della vittima, cospargendola di alcol. Ha atteso.
Alle 6 ha avvisato l’Atm che non sarebbe andato al lavoro per motivi di salute. Ha atteso ancora. Alle 11 ha informato il 118 della presenza di una ragazza ferita. Alle 16.50, fra le urla dei vicini («Mostro», «Maniaco», «Devi crepare in galera»), è uscito scortato da due poliziotti per il trasferimento in Questura.
(da “Il Corriere della Sera”)
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