MIGRANTI IN ALBANIA, RAMA SCARICA LA MELONI: “IL CENTRO SARA’ UN FLOP”
CROLLA IL CASTELLO DI BALLE DEI SOVRANISTI, ANCHE IL PREMIER ALBANESE BOCCIA IL PROGETTO: “CI SARANNO RICORSI, VERRA’ BLOCCATO DALLE REGOLE UE”
Il messaggio su WhatsApp compare esattamente all’ora dell’appuntamento: «Sono qua dietro, nel cortile». Passo pesante, ma piede veloce, Edvin Kristak Rama, detto Edi, compare dal nulla nel giardino di un albergo affollatissimo di Tirana.
I turisti che si buttano in piscina a bomba, le famiglie che si avventano sul buffet: all’improvviso sono spariti tutti. C’è solo lui, seduto a un tavolino con un espresso già bevuto e un biscotto intonso. Difficile non notare il premier d’Albania: 2 metri e zero uno, il leader più alto di tutto il mondo occidentale. Quando l’ho cercato con un messaggio sul telefonino mi ha risposto dicendomi che in Albania l’ospitalità è sacra, e mi ha detto che voleva vedermi subito. Tirana tutto intorno è un gigantesco cantiere. Solo gru che tirano su grattacieli a tempi di record.
«Presidente, voi ormai costruite palazzi in una notte, e il centro italiano per i migranti in Albania è fatto solo di quattro ruspe abbandonate. C’è qualcosa che non va». Rama assume subito l’espressione di un commissario di maturità di fronte a candidati un po’ ciucci. E spiega che «quella roba lì è solo italiana. L’Albania ha dato disponibilità e terreni, ma nulla di più».
Cantiere in alto mare
Un pezzo del porto di Shengjin e una ex base militare abbandonata a Gjader, a 20 minuti di pullman. Il resto sono affari nostri: è tutta una questione di appalti pubblici e subcontratti italiani. «Ma siete sicuri che non sia già pronto?» aggiunge malizioso. «E su presidente…non faccia così». E allora, all’improvviso Rama diventa confidenziale: «Amico mio, il centro comunque in qualche mese sarà pronto, quello è niente. Ma il problema sarà farlo funzionare. E sarà molto difficile per le procedure: come fai a far ruotare 3000 persone in 28 giorni con la burocrazia italiana e con le regole europee?».
Rama prevede ricorsi, battaglie politiche e spiega che le leggi non sono quelle albanesi. Insomma, lì sono solo affari nostri. Ora dicono che Rama sia un po’ in freddo con i socialisti europei. Che a marzo non sia venuto a Roma al congresso del Pse anche per questi centri di “esternalizzazione” di migranti: non sono proprio una grande idea progressista. E che quindi voglia lanciare qualche segnale di riavvicinamento a quel mondo. Adesso intanto qualche ospite dell’albergo lo riconosce e si ferma a salutarlo. Lui si alza, stringe mani, ma poi torna sul punto. «Anche questo piano Mattei… coma fai a portarlo avanti? Sì, puoi fare accordi, aprire centri in Tunisia o in Libia. Ma sai quanto soldi ci sono in ballo sul traffico dei migranti su quelle coste? Ed è tutto gestito molto in alto».
“Ci vorrebbe D’Alema”
Qui il premier albanese cita rapporti dei servizi di mezza Europa. Mica basta la volontà politica, l’unica strategia, dice, sarebbe diluviarli di soldi. Ma tanti, tanti. «Lo sai chi ci vorrebbe? D’Alema ci vorrebbe!». E qui il premier albanese ritira fuori il suo spirito da vecchio socialdemocratico, forse cercando una riappacificazione con i socialisti europei, sospettosi dei suoi troppi WhatsApp con Meloni. «Presidente, ma adesso che c’entra D’Alema?».
Rama si illumina e racconta della baia di Valona, nel ‘98, nelle mani degli scafisti. «Poi arrivò Massimo, misero un radar sull’isola di Saseno, nel canale d’Otranto, aprirono canali di immigrazione agevolata, e poco a poco finì tutto: oggi ci sono mezzo milione di albanesi in Italia».
La fila di gente che vuole fare i selfie con lui si ingrossa. Il problema è che le foto vengono sempre paradossali: il premier gigante e gli avventori inevitabilmente più bassi. Commenta una turista delusa con il suo nuovo selfie presidenziale: «È come con Meloni… siamo sproporzionati!».
(da La repubblica)
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