NEL GRAN CAOS LIBICO, L’UNICO A GODERE È HAFTAR (E QUINDI PUTIN): GLI UOMINI DEL GENERALE DELLA CIRENAICA AVANZANO VERSO TRIPOLI, CHE E’ IN BALIA DEGLI SCONTRI ARMATI E DELLE MANIFESTAZIONI CHE PUNTANO A RIMUOVERE IL GOVERNO DI DBEIBAH
COME NEL 2019, HAFTAR VUOLE APPROFITTARE DELLA GUERRA TRA MILIZIE, SEGUITA ALLA MORTE DI AL KIKLI (E DEL PUGNO DI FERRO DEL GOVERNO), PER RIUNIFICARE IL PAESE SOTTO IL SUO CONTROLLO … LE MIRE DI MOSCA E DI ERDOGAN E L’IMPOTENZA ITALIANA DI FRONTE AL DISASTRO DELL’EX COLONIA
Le violenze a Tripoli sono riesplose nella notte tra il 14 e il 15 maggio ma gli scontri armati nella capitale libica non sono l’unico dato di cronaca cittadina da tenere d’occhio.
«Raccomandiamo ai nostri concittadini di evitare di recarsi nella Libia occidentale finché la situazione non si normalizzerà»: a parlare èMaria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, che ieri mattina ha informato i suoi connazionali in Libia che la situazione, al momento, è incerta. Per usare un eufemismo.
E le notizie non fanno ben sperare: l’auto di Ali al-Jabari, il comandante delle Forze di supporto ai servizi di sicurezza libici, controllate dal ministero degli Interni di Tripoli, è stata presa di mira ieri mattina da un attacco combinato, finendo sotto il fuoco incrociato degli Ak-47 di una milizia la cui identità non è nota.
Al-Jabari è uscito illeso ma questo tentativo di omicidio è un altro, grande, tassello nel complicato scenario libico di queste ore.
«Da ieri ci siamo nascosti in cantina» dice al manifesto Samir: la sua voce è agitata, i messaggi vocali sono strozzati, si sente il vociare delle figlie in sottofondo. «Si stanno ammazzando tra loro» dice, riassumendo così la nuova balcanizzazione della città
Tutti contro tutti e nessuno che controlla nulla, nemmeno il governo
riconosciuto, che perde i pezzi: mercoledì la ministra della Giustizia Halima Al-Buseifi, una delle sostenitrici più ardite del patto di non belligeranza, e di co-esistenza, tra il governo e le milizie tripolitane, si è dimessa mentre le armi crepitavano in città.
E ieri il procuratore della Corte penale internazionale, Karim Khan, ha invitatoo il procuratore generale libico a fare il possibile per consegnare Osama Almasri Njeim, il torturatore che l’Italia ha rispedito a casa su un volo di servizio
Tra il 14 e il 15 maggio mentre in alcune aree di Tripoli si sparava e si combatteva «c’è stata una manifestazione di protesta: la gente chiedeva le dimissioni del primo ministro Abdulhamid al-Dbeibah e molti invocavano anche l’arrivo di Haftar».
La «gente», la chiama Samir: i manifestanti non erano persone comuni o, almeno, non solo.
Tra loro c’erano i miliziani che fino a lunedì erano comandati da Abdel Ghani al-Kikli e che oggi si trovano senza un comando, senza un lavoro.
Loro e le loro famiglie: hanno preso d’assalto l’ex quartier generale della milizia, ora occupato dalla 444esima Brigata fedele al governo, e hanno anche incendiato diversi veicoli blindati. Per tutta risposta, gli uomini della 444esima gli hanno sparato addosso.
Quest’ultimo fatto potrebbe essere la nuova matrice dello scandalo e molti media internazionali, soprattutto russi, raccontano queste vicende come «fuoco sui manifestanti».
Nel frattempo altre milizie, da Zawiya e legate ad al-Kikli, si stanno mobilitando verso Tripoli, da ovest, e da sud-est sono in arrivo proprio gli uomini di Haftar, che come nel 2019 sembra intenzionato a voler approfittare della crisi tripolitana per mettere le mani sulla città. E sull’intera Libia.
Gli uomini di Al-Kikli hanno distribuito invece armi leggere ai gruppi armati nei distretti orientali di Tripoli, sono state erette barricate e bruciati pneumatici a ‘Arada e Souq al-Jumaa e il complesso di al-Rajma, al centro di un vecchio accordo tra il governo e le milizie come snodo logistico per le merci, è stato occupato dalle milizie.
La Turchia , che è uno dei principali alleati del governo tripolitano, ha espresso «profonda preoccupazione» per l’escalation di violenza e si è offerta di mediare per la pace, anche se non è un mistero il quasi cambio di casacca di Ankara, da Tripoli a Bengasi.
E Haftar? Ieri la milizia guidata dal gangster Haitham El-Tajouri ha diffuso foto e video di azioni di guerriglia a Tripoli: i miliziani sono a bordo di veicoli con il logo Rib87, gli stessi, molto riconoscibili, che usano gli uomini di Haftar, che continuano ad avanzare verso Tripoli, sebbene più lentamente, da sud e sud-ovest.
Mentre a Tripoli regna l’incertezza, e la paura, nell’”altra” Libia, la Cirenaica, si va avanti business as usual: mercoledì, sulla pagina Facebook dell’aeroporto di Benina, vicino Bengasi, è stata pubblicata la notizia della visita di una delegazione saudita, nell’ambito dei preparativi per la ripresa dei voli tra Arabia Saudita e Libia orientale.
(da agenzie)
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