NEL PARCO NAZIONALE DI ABRUZZO, LAZIO, MOLISE LA CONVIVENZA TRA UOMINI E ORSI E’ PACIFICA, GRAZIE A SEMPLICI REGOLE
INVECE CHE SPARARE CAZZATE, LA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO IMPARI A STUDIARE COSA FANNO IN ALTRE REGIONI
L’altro ieri è arrivata la firma sull’ordinanza del presidente della provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti. L’orso che ha aggredito e ucciso il podista Andrea Papi il 26enne trovato morto tre giorni fa in una zona boschiva della Val di Sole (Trentino), dovrà essere abbattuto. Fugatti ha parlato di «una situazione di immediato e gravissimo pericolo per l’incolumità e la sicurezza», che si risolverebbe con l’abbattimento non del solo esemplare che ha aggredito il runner – sembra Mj5 – ma con il ridimensionamento del progetto europeo Life Ursus, nato per incrementare il numero di esemplari nelle Alpi tramite il rilascio di alcuni esemplari provenienti dalla Slovenia.
Al momento sono circa 100 gli orsi nella provincia di Trento. Dopo il ridimensionamento si ridurrebbero a 50. Il dibattito è acceso. I sindaci della Val di Sole hanno accolto con giubilo il provvedimento: «Il numero di orsi va ridotto». Mentre le associazioni ambientaliste, come l’Organizzazione Nazionale Protezione Animali (Oipa), Legambiente e la Lega Anti Vivisezione (Leal), parlano di «spirito di vendetta».
Come limitare le interazioni. L’esempio del parco d’Abruzzo, Lazio e Molise
Gli esperti fanno notare come non sia il numero di orsi a generare problemi, ma piuttosto le occasioni di incontro con gli esseri umani, che dovrebbero quindi essere limitate. Questo è esattamente quello che è stato fatto in Abruzzo e in Molise, dove la convivenza con i plantigradi va più liscia che in Trentino e nelle regioni confinanti, dove si sono registrati casi di orsi entrati nei giardini delle case.
Per evitare tutto ciò, nel parco nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise, il movimento degli escursionisti viene disciplinato. Ad esempio, nelle zone di riserva integrale e di riserva generale, non è consentito uscire dai sentieri. «Su alcune si può andare liberamente, anche con il cane, sempre al guinzaglio, o il cavallo e la bici; in altre no», spiega Luciano Sommarone, direttore del parco.
Le regole del parco
Perciò, nella “zona A” della riserva ci si può muovere solo a piedi, sui sentieri segnati, e senza cani al seguito. Niente cavalli, muli, asini e mezzi meccanici, incluse le mountain bike che potrebbero eccitare gli orsi e scatenare risposte a quelle che gli animali interpreterebbero come minacce.
«Da noi vivono una sessantina di esemplari di orso bruno marsicano e, come per tutti gli animali selvatici, per limitare le interazioni con l’uomo è necessario togliere ogni forma di richiamo — continua Sammarone al Corriere della Sera —. Regolamentare l’accesso ai sentieri ha anche il vantaggio che gli orsi imparano da dove arriva il disturbo e quindi ci stanno alla larga. Sono animali che quando vedono le persone, tendenzialmente scappano».
La densità abitativa
Va detto che l’orso marsicano è geneticamente meno aggressivo di quelli portati dalla Slovenia sulla Alpi. Esiste anche una differenza di densità abitativa tra le valli del Trentino e quelle del Centro Italia. Oltre a una diversa abitudine di chi ci vive alla presenza dei plantigradi. All’interno del nostro Parco ci sono 7 centri abitati ma l’uomo in Abruzzo ha imparato a convivere da sempre con la presenza di questi mammiferi e ogni anno i pastori abruzzesi mettono in conto che qualche pecora sarà mangiata dall’orso, continua Sammarone illustrando anche la pratica diffusa intorno al parco delle tre regioni, di utilizzare pollai antiorso.
In Trentino, invece, ci si concentra di più sui cassonetti della spazzatura, considerati capaci di attirate gli animali, e quindi blindati e chiaramente assenti dai parchi. Ad ogni modo, specifica Sammarone: «In Trentino l’unità di abitanti per km quadrato è due, tre volte la nostra e le persone che frequentano la montagna sono molte di più per cui aumenta anche la possibilità di incontrare gli orsi».
(da agenzie)
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