NO PERDITEMPO AL QUIRINALE
MATTARELLA SI ASPETTA “SOLUZIONI CONCRETE”, ALTRIMENTI POTREBBE AFFIDARE UN PRE-INCARICO CHE TUTTI TEMONO… GOVERNO ENTRO IL CONSIGLIO EUROPEO DI FINE GIUGNO… O I PARTITI TROVANO UN ACCORDO O CI PENSA MATTARELLA
C’è un punto fermo al Quirinale. Che orienta questa lunga fase di “decantazione”.
Il punto fermo è che, prima o poi, un governo dovrà nascere. Quel “prima o poi” ha una data precisa.
Quella del Consiglio europeo convocato a Bruxelles il 28 giugno. Per quella data è necessario che ci sia un governo nel pieno dei suoi poteri.
Perchè è opportuno che sia un governo nel pieno dei suoi poteri a gestire un appuntamento di tale rilievo politico.
A Bruxelles non sarà un vertice ordinario. I capi di Stato e di governo dovranno discutere di temi cruciali per il futuro dell’Ue, dalla revisione del trattato di Dublino che disciplina la politica europea sull’immigrazione alla discussione sul budget comunitario per il settennato 2020-2027.
Il problema non è l’autorevolezza di Gentiloni in Europa, che non è in discussione. Ma è chiaro che un negoziato di tale rilievo politico, per l’Europa e per l’Italia, richiede un governo, non quanto stimabile, non in ordinaria amministrazione.
È questo il punto di approdo del percorso, nel quale viene messo in conto che, se i partiti non troveranno un’intesa, il capo dello Stato potrebbe anche compiere scelte solitarie, indicando un nome e comunque sollecitando tutti alla “responsabilità “. Perchè il ritorno alle urne non è un’ipotesi contemplata.
E rappresenterebbe un unicum nella storia dell’Italia repubblicana, proprio nel settennato di Sergio Mattarella: ci sono state legislature durate poco — un paio d’anni — ma non è mai accaduto che una legislatura non si avviasse per niente.
Dunque, se non maturerà un’intesa, comunque ci sarà un tentativo presidenziale.
Ma sarebbe l’estrema ratio, dopo averle tentato tutte affinchè maturi un accordo tra i partiti. Proprio tutte, a partire da una paziente attesa passando, se dovesse servire, per qualche tentativo andato male e da una pressione soft affinchè i partiti abbiano un sussulto di responsabilità .
È per questo che dal Quirinale trapela che “ci si aspetta un secondo giro di consultazioni decisivo” giovedì e venerdì.
Altrimenti non è affatto escluso che, a quel punto, il capo dello Stato si assuma l’onere — e rappresenterebbe il fallimento dei partiti e della loro capacità di trovare un’intesa — di affidare un pre-incarico.
Insomma, non un terzo giro di consultazioni ma il primo tentativo.
Col nome del “pre-incaricato” che sarà reso noto magari non venerdì ma dopo qualche giorno.
Ecco, un secondo giro “decisivo”. Che non solo sgombri il campo dal retropensiero di un ritorno rapido alle urne, ma che faccia emergere una cornice nella direzione di una possibile intesa di governo.
Ci si aspetta cioè che i partiti “portino una soluzione” perchè un conto è accordare tempo per favorire intese, altro è perdere tempo.
E non si può chiedere che di aspettare altri quindici giorni affinchè maturi ciò che non è maturato finora, a oltre un mese dalle elezioni.
È necessario cioè che emerga un innesco vero di trattativa, i cui echi rimbalzano sul Colle più alto in modo confuso.
C’è chi scommette, ad esempio, che Renzi nei prossimi giorni riapparirà con una sua mossa. Altri danno per certo che, dopo le elezioni in Friuli, Salvini abbandonerà il Cavaliere per stringere l’accordo con Di Maio secondo uno schema che prevede una sorta di separazione consensuale: Berlusconi che, pur non partecipandovi, dà il via libera alla nascita di un governo, ricevendo in cambio rassicurazioni per le sue aziende.
È lo schema dei tre passi indietro: di Berlusconi, ma anche di Salvini e Di Maio che dovrebbero rinunciare alla premiership a favore di un nome terzo.
Più smussato rispetto all’accordo organico tra Lega e Cinque Stelle che, al momento, sembra essere franato come la data dell’incontro tra i due leader.
Al momento di questo schema più smussato non si intravede uno sviluppo concreto, complice anche il clima elettorale, con il voto in Friuli e in Molise.
Ecco, Mattarella proverà a capire se, su questo o su altri schemi, al netto delle voci ci sono “soluzioni concrete” che i partiti gli prospettano nell’ottica di dar vita a un governo, prendendo atto di cioè che è evidente dalla sera del voto: nessuno ha la maggioranza e servono accordi tra le forze politiche per realizzarla.
Di certo il capo dello Stato non darà a nessuno l’incarico pieno senza numeri certi, consentendo a un governo di giurare e di andare a caccia di voti in Parlamento.
È il cosiddetto governo di minoranza, formula che si è affacciata nelle riflessioni dei leader del centrodestra per “bruciare” Salvini.
Agli occhi di Mattarella una cosa del genere rischia di produrre un risultato paradossale: qualora il governo giurasse e non avesse i numeri per la fiducia in Aula, resterebbe in carica per il disbrigo degli affari correnti.
Col risultato che si passerebbe da un governo per il disbrigo degli affari correnti ad un altro.
Ma Mattarella stavolta non asseconderà una generica richiesta di tempo, per problemi tattici o calcoli politici.
Se non emergeranno “soluzioni” nel corso dei colloqui, a quel punto toccherà a lui valutare quali soluzioni mettere in campo.
E non è affatto escluso che possa conferire un pre-incarico, proprio quel cioè quel mandato che Salvini e Di Maio temono, nella paura di bruciarsi, perchè dopo un bel giro sotto i riflettori potrebbe essere destinato a un fallimento.
Ma è evidente che, se non sarà prospettata al capo della Stato la strada per formare una maggioranza, sarà inevitabile che si procederà per tentativi successivi.
E anche i fallimenti e i tentativi andati a vuoto, insegna l’antica sapienza costituzionale, possono aiutare ad acquisire consapevolezze in questo lungo percorso. Di fallimento in fallimento, di tentativo in tentativo, rendono comprensibile all’opinione pubblica perchè, a un certo punto, Mattarella sarà chiamato a scelte solitarie.
(da “Huffingtonpost”)
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