NON ERANO SCAFISTI, ASSOLTI DOPO 3 ANNI E MEZZO DI CARCERE
GUIDAVANO LA BARCA SOTTO LA MINACCIA DEI TRAFFICANTI CHE RIMANGONO ORMAI IN LIBIA E MINACCIANO I LORO PARENTI
Cinque di loro sono rimasti in carcere dai 2 ai 3 anni e mezzo.
Tutti assolti dalla corte d’Assise di Palermo, presidente Sergio Gulotta, i sette imputati per il naufragio del 24 agosto in cui morirono asfissiati 53 migranti.
La procura di Palermo aveva chiesto cinque ergastoli e due assoluzioni. La corte ha invece ritenuto che tutti non fossero colpevoli dei reati di omicidio colposo plurimo, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e naufragio. In cinque sono stati immediatamente scarcerati dopo la lettura dela sentenza.
L’indagine era stata coordinata dai pm Renza Cescon, Calogero Ferrara e Annamaria Picozzi.
Le motivazioni verranno depositate fra novanta giorni e solo allora si saprà se, come nel caso delle assoluzioni per gli oltre 200 morti dell’altro tragico naufragio dell’agosto 2015, gli imputati erano sì gli uomini che guidavano la barca, tracciavano la rotta e comunicavano con telefoni satellitari per farsi soccorrere, ma lo facevano sotto la minaccia dei trafficanti di uomini che rimanevano in Libia e minacciavano i loro parenti.
Una sorta di “scafisti per necessità ”, come li ha definiti il giudice nel processo per i 200 morti del canale di Sicilia.
Gli imputati, di nazionalità marocchina, libica e siriana si sono sempre professati innocenti e hanno sempre sostenuto di essere stati costretti a condurre la barca.
I migranti vennero salvati dalla nave Poseidon della marina Svedese mentre erano alla deriva nel canale di Sicilia.
A bordo del barcone c’erano 439 migranti ancora vivi e 53 morti per la mancanza di ossigeno nella stiva dove erano ammassati.
Morirono tutti quelli che per ore rimasero in piedi vicino ai motori della barca, respirando i vapori del combustibile. I naufraghi vennero sbarcati a fine agosto nel porto di Palermo.
In quattro vennero subito arrestati e non sono mnai usciti dal carcere fino ad oggi. Issa Okrema Ahmad era stato scarcerato dopo 3 mesi, anche lui dal gip. Poi, però, la procura ha impugnato la scarcerazione, il tribunale del Riesame ha accolto l’appello dei pm. Il provvedimento è stato confermato in Cassazione. Così il siriano è ritornato in carcere su mandato di arresto europeo rimanendovi fino a oggi.
(da agenzie)
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