NON LO VOI PIU’: LA PROCURA DI PALERMO E’ DI NUOVO SENZA CAPO
LA SENTENZA DEL TAR ERA PREVEDIBILE IN QUANTO LA NOMINA ERA “PALESEMENTE ILLEGITTIMA”
Da ieri, di fatto, la Procura di Palermo è di nuovo senza capo.
Com’era facile prevedere e come avevamo scritto in beata solitudine sul Fatto, il Tar del Lazio ha annullato la nomina di Franco Lo Voi da parte del Csm in quanto palesemente “illegittima”,accogliendo i ricorsi dei due concorrenti esclusi: i capi delle Procure di Messina e Caltanissetta,Guido Lo Forte e Sergio Lari.
Per escluderli dalla corsa e isolare quel pugno di magistrati che tuttoggi, pervicacemente, a rischio quotidiano della vita, cercano la verità sulla trattativa Stato-mafia e sui retroscena politico-istituzionali delle stragi del 1992-’93, si era mobilitato con gli scarponi chiodati tutto il potere che conta: il presidente Napolitano, il suo vice Vietti, tutti i membri laici del Csm messi lì dai partiti e quelli togati della corrente di destra MI, più i vertici della Cassazione.
Pronti a tutto, anche a calpestare ogni precedente, ogni regola interna, ogni circolare, pur di premiare il candidato meno titolato, ma più gradito ai partiti e alle retrostanti lobby di ogni colore e risma.
Che, di fatto, fu il primo procuratore della Repubblica nominato dal potere politico. Lo Voi ha 9 anni in meno di Lo Forte e Lari, non ha mai diretto nè organizzato un ufficio giudiziario, non è mai stato nè procuratore capo nè aggiunto, ma solo sostituto (e per tre anni appena).
L’unico incarico di prestigio della sua anonima carriera l’ha ottenuto su nomina politica, addirittura per grazia ricevuta dal governo Berlusconi: quella a delegato italiano in Eurojust (la cosiddetta “procura europea”, che non è neppure un organo giurisdizionale, ma “amministrativo” — come scrive lo stesso Tar — tant’è che molti paesi membri dell’Ue ci mandano degli impiegati o dei poliziotti).
A Palazzo dei Marescialli si sapeva benissimo che il candidato con maggiore anzianità di servizio e con più esperienza professionale era Lo Forte: infatti l’estate scorsa la commissione Incarichi direttivi del vecchio Csm gli tributò 3 voti, contro 1 a Lari e 1 a Lo Voi.
Mancava solo la ratifica del Plenum, quando arrivò il diktat del solito Napolitano, che tramite il segretario generale del Colle Donato Marra bloccò la votazione, in base a un principio inedito e inaudito, mai applicato dal Csm: quello dell’ordine cronologico da seguire, a cominciare dagli uffici giudiziari da più tempo vacanti, come se un Tribunale dei minori avesse la stessa delicatezza della prima Procura antimafia d’Italia.
Un abuso di potere bello e buono. Anzichè difendere le proprie norme e la propria dignità , il vecchio Csm si piegò fantozzianamente all’ukase quirinalizio e rinviò la votazione fino alla propria scadenza.
E il nuovo Csm, nel frattempo eletto, capì l’antifona e assecondò i desideri del Colle e dei partiti, violando le proprie stesse regole premiando il meno meritevole.
Che però, in una tragicomica relazione firmata dalla forzista Elisabetta Casellati, veniva dipinto come Er Più proprio perchè il governo degli amici di Dell’Utri, di Mangano e di Cuffaro l’aveva promosso a Eurojust e questo incarico rappresentava “lo snodo fondamentale nella straordinaria carriera del dott. Lo Voi”.
Roba da non credere. Il risultato fu quello di normalizzare e commissariare la Procura di Palermo, isolando i pm che indagano sulla trattativa Stato-mafia, fino alla pantomima dell’altro giorno, quando la Procura di Lo Voi ha convocato d’urgenza via email 50 giornalisti perchè non prendano impegni a metà giugno, quando saranno interrogati i due criminali più pericolosi della Sicilia: Antonio Ingroia e Rosario Crocetta.
Naturalmente Lo Voi e Lari fecero ricorso al Tar Lazio, competente a giudicare la legittimità delle delibere del Csm.
Che ieri ha giudicato illegittima quella che nominava Lo Voi e l’ha annullata per “vizi sintomatici dell’eccesso di potere, sia delle violazioni di legge in ordine al procedimento valutativo”, ritenendo che “non superi il vaglio di legittimità ” a causa della motivazione “non coerente rispetto agli indici di valutazione del parametro attitudinale”, “illogica”, “irrazionale”, e addirittura “apodittica” dove “disconosce le esperienze pregresse del dott. Lo Forte in ordine alle peculiari caratteristiche dell’ufficio da ricoprire, idonee a denotare non in assoluto, ma in concreto, la particolare attitudine del magistrato a soddisfare le esigenze organizzative, di direzione e coordinamento, e di funzionalità dell’ufficio per le peculiarità che lo caratterizzano” per preferirgli Lo Voi che, “non ha mai svolto funzioni direttive e semidirettive specifiche”.
Idem per il ricorso gemello di Lari.
Ora il Csm è condannato a pagare 3 mila euro di spese legali a ciascun ricorrente. E — a meno che il Consiglio di Stato non ribalti il verdetto del Tar — dovrà bandire un nuovo concorso per nominare finalmente il miglior procuratore di Palermo.
Cioè tornare a essere l’organo di autogoverno della magistratura per difenderne l’indipendenza, e non l’eterogoverno del Quirinale e dei partiti per metterle il guinzaglio.
Per questo, al di là dei casi personali, la sentenza del Tar è fondamentale. Perchè ripristina la legalità a lungo aggirata nell’interminabile regno di Sua Maestà Giorgio di Borbone.
Perchè ridà speranza ad altri valorosi magistrati esclusi dal Csm con motivazioni politiche anzichè tecniche a vantaggio di colleghi meno titolati ma più “graditi” (Davigo aspirante presidente della Corte d’appello di Torino; Di Matteo, candidato a sostituto della Procura nazionale antimafia; Greco e lo stesso Lo Forte, in corsa per diventare Pg a Milano).
E soprattutto perchè spazza via tutte le scemenze della propaganda impunitaria dell’ultimo ventennio: quelle di chi strilla alla presunta guerra dichiarata dalla magistratura alla politica, mentre l’unica vera guerra vista in questi anni è quella scatenata dai politici indecenti contro i magistrati indipendenti.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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