“OCCORRONO INGRESSI PROTETTI ATTRAVERSO L’AMBASCIATA A ITALIANA A TRIPOLI”
INTERVISTA A CHRISTOPHER HEIN, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ITALIANO DEI RIFUGIATI
I potenziali richiedenti asilo somali, eritrei e siriani bloccati in Libia dovrebbero avere la possibilità di chiedere lo status di rifugiato direttamente all’ambasciata italiana di Tripoli per evitare la traversata verso le coste siciliane.
È il suggerimento “assolutamente fattibile” del presidente del Consiglio italiano dei rifugiati, Christopher Hein, che respinge in parte le pesanti accuse scagliate dal rapporto del Consiglio d’Europa secondo il quale l’Italia non sarebbe in grado di gestire gli sbarchi.
Secondo i dati dell’Unhcr, via mare nel 2012 sono arrivate 25mila persone — in stragrande maggioranza profughi siriani e provenienti dal corno d’Africa.
Il numero di arrivi complessivo potrebbe toccare a fine anno i livelli del 2011, quando l’Italia accolse sulle coste 51mila tra migranti e richiedenti asilo.
Secondo le statistiche l’8% muore in mare.
“O continuiamo ad assistere a questa carneficina o per evitare che i rifugiati continuino a mettere a rischio la loro vita per arrivare in Europa dobbiamo dare loro delle alternative di ingresso protetto”, è l’opinione di Hein.
In queste ore il ministro Emma Bonino, riferendosi al terribile naufragio di Lampedusa, afferma che servirebbe “un miracolo” per affrontare il fenomeno degli sbarchi. È d’accordo?
Sono convinto che la ministra degli Esteri non intendesse un intervento provvidenziale bensì un enorme sforzo europeo per determinare una nuova politica nei confronti dei rifugiati. I flussi di chi è costretto a fuggire dalle persecuzioni non si possono fermare, per questo è indispensabile gestirli. La possibilità di richiedere asilo in Italia e nell’Unione Europea ad oggi dipende dalla presenza fisica della persona nel territorio di uno Stato Membro. Ma le leggi europee costringono i richiedenti asilo a giungere in Europa in modo illegale, rischiando la vita.
Da dove cominciare?
Per prima cosa dovremmo metterci nei panni di un somalo, un eritreo o un siriano bloccato in Libia. Non può tornare nel Paese di origine a causa delle guerre e delle persecuzioni, e non può chiedere asilo politico in Libia poichè non avrebbe chance. E dunque si affida forzatamente ai trafficanti, pagando cifre altissime, per arrivare in Italia. Se queste persone potessero materialmente chiedere asilo alle ambasciate europee a Tripoli, naufragi come quello odierno a Lampedusa sarebbero presto evitati.
L’Unione europea sarebbe favorevole a un cambiamento di questo tipo?
Già in questi mesi la Germania, l’Austria, la Svezia, la Finlandia, la Svizzera hanno promosso un programma di re-insediamento dei profughi siriani sul loro territorio, ciò significa che questi governi provvedono a trasportare in sicurezza i richiedenti asilo siriani senza attendere che questi affrontino un viaggio rischioso. Parliamo di numeri molto piccoli. La Germania ha accolto 5mila siriani, gli altri poche centinaia. Servirebbe che l’Unione europea nel suo complesso affrontasse la questione, capendo che non è possibile lasciare all’Italia e a Malta il compito ingrato di soccorrere e accogliere tutti i barconi. La presidenza europea dell’Italia, nel 2014, potrebbe essere un buon momento per cambiare atteggiamento.
In attesa di una politica comune a Bruxelles, l’Italia potrebbe aprire la propria ambasciata di Tripoli ai richiedenti asilo?
È una cosa fattibile. I profughi potrebbero ottenere un visto e arrivare in sicurezza in Italia. Perchè in ogni caso arrivano a bordo delle carrette. E da Tripoli a Lampedusa c’è la morte.
Il rapporto del Consiglio d’Europa dedicato alla gestione italiana dei flussi migratori verso le nostre coste accusa le nostre autorità di “non incentivare adeguatamente le persone arrivate a chiedere asilo” e di chiudere gli occhi di fronte alle centinaia di richiedenti asilo che fuggono, non identificati, verso altri Paesi europei.
Non sono d’accordo. L’Italia e Malta sono molto penalizzate per motivi geografici e secondo il regolamento di Dublino occorre chiedere asilo nel primo Paese dove si mette piede. A noi non risulta che le autorità spingano i richiedenti asilo a dirigersi verso altri Paesi europei per lavarsene le mani. Al contrario, la maggioranza delle persone che il Consiglio italiano per i rifugiati intervista afferma che non vuole rimanere in Italia, spesso perchè ha un parente che lo attende all’estero.
Il rapporto forse si riferisce alle numerose proteste degli eritrei che proprio a Lampedusa hanno ottenuto di non rilasciare le impronte digitali per potere poi chiedere asilo altrove in Europa.
Non è possibile obbligare con la forza fisica un richiedente asilo a rilasciare le proprie impronte digitali. Il dossier del Consiglio d’Europa ha ragione quando sottolinea le insufficienti forme di accoglienza dei richiedenti asilo ma non possiamo dire che la situazione sia catastrofica. In poco tempo i posti disponibili per i rifugiati in Italia sono passati da 3mila a 16mila.
Laura Eduati
(da “Huffington Post“)
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