ORBÁN IN GEORGIA E FICO IN CINA: IL FRONTE ILLIBERALE GUARDA A EST
I DUE VENDUTI ALL’IMPERIALISNO RUSSO CONTINUANO A PRENDERE SOLDI DALLA UE INVECE DI ESSERE CACCIATI A CALCI IN CULO
Uno conclude il viaggio a Tbilisi, dove ha fatto ancora una volta il gioco di Putin; l’altro ha la valigia pronta per Pechino, dove sta per stringere la cooperazione con Xi Jinping. Uno è il premier ungherese Viktor Orbán, l’autocrate europeo per antonomasia, e l’altro è il premier slovacco Robert Fico, che ha seguito un corso accelerato per imitare l’originale in tutto: la stretta illiberale in patria e la bussola orientata su Russia e Cina.
Per comprendere davvero le parole pronunciate da Orbán nel suo secondo e ultimo giorno in Georgia è opportuno dotarsi di un dizionario di lingua orbaniana. «Visita ufficiale in Georgia», ad esempio, serve per mantenere una ambiguità, come è già successo col viaggio al Cremlino questa estate: nelle sue trasferte filorusse Orbán non rappresenta l’Ue, come gli è stato ricordato, ma sfrutta comunque il fatto di avere la presidenza di turno.
«Il popolo della Georgia ha votato per la pace»: in orbaniano «pace» significa non opporre resistenza a Putin. Infatti il premier dice pure: «La Georgia ha scelto di non diventare una seconda Ucraina». Insomma, ha scelto il filorusso Sogno georgiano. Tredici governi su 27, tra i quali Francia, Germania, Polonia (ma l’Italia no), chiedono un’indagine sul voto? «Queste sono state elezioni libere e democratiche», recita Orbán con Putin che fa da ventriloquo.
Dal canto suo, Robert Fico avrebbe di che ringraziare Bruxelles e von der Leyen, in questi giorni: nonostante i gravi attacchi allo stato di diritto, la Commissione europea ha appena deciso di liberargli ottocento milioni. Ma le concessioni non comportano redenzioni, anzi
Il premier slovacco segue ora la strada orbaniana, e lo fa anche nei rapporti con la Cina: il premier ungherese prende prestiti da Pechino e fa da avamposto per Xi Jinping in Ue; il premier slovacco prende esempio e da questo mercoledì al 5 novembre va in Cina a rafforzare l’intesa sia politica che economica. Orbán si è messo in casa la fabbrica di batterie elettriche cinesi Catl, comode anche alla filiera tedesca dell’automobile; Fico prepara l’impianto slovacco di batterie cinesi Gotion. Entrambi in Ue – ça va sans dire – hanno votato contro i dazi sulle auto elettriche cinesi.
Il paese è spaccato in due realtà parallele, ha a capo un governo intenzionato a non prestare ascolto alle proteste e un’opposizione che sta raccogliendo le prove di brogli per dimostrare che l’elezione di sabato scorso si è svolta in condizioni tutt’altro che corrette.
Per ora, il governo aspetta che sia l’avversario a mollare per primo. La strategia dei partiti che hanno sfidato la maggioranza di Sogno georgiano è insistere, quella di Sogno georgiano è far finta di niente, lasciare che siano gli altri a stancarsi: manifestare sfianca e il governo crede di poterla spuntare. “‘Sogno georgiano’ è una traduzione imprecisa”, dice il giornalista Giorgi Gabunia, tra i creatori del canale d’opposizione Mtavari Arkhi.
Durante la notte tra lunedì e martedì, per le strade di Tbilisi sono state messe in bella mostra le bandiere dell’Ungheria per accogliere il primo ministro Viktor Orbán, arrivato per congratularsi con Sogno georgiano.
Le bandiere sono montate tra quelle dell’Unione europea e quelle della Georgia e Orbán, nonostante i suoi colleghi europei abbiano preso le distanze dal suo viaggio, a Tbilisi non ha fatto altro che parlare di Europa, portandosi dietro anche il suo ruolo di capo di un governo che presiede il semestre europeo.
La visita in Georgia fa parte del piano di Sogno georgiano e il primo ministro ungherese è venuto a mettere il suo sigillo sulle elezioni dubbie di Tbilisi proprio mentre i georgiani scendono in strada per chiedere un nuovo voto e mentre gli europei aspettano che la raccolta dei brogli e delle irregolarità sia completa
Orbán si è complimentato con il governo, ha augurato buon lavoro e affermato che entro dieci anni la Georgia diventerà un paese membro dell’Unione europea.
Orbán appare per Sogno georgiano come un politico di successo che stando dentro all’Europa riesce a ottenerne i benefici e a metterle i bastoni tra le ruote.
Al governo georgiano sono arrivate le congratulazioni di Ungheria, Russia, Turchia e Cina: una formazione che rappresenta lo schema delle alleanze internazionali, con qualche assente, come la Bielorussia, che si unirà presto al gruppo.
Orbán rivendica per sé il ruolo di leader della branca europea dell’alleanza ed è pronto a mettere sotto la sua ala chi segue il suo esempio, come Sogno georgiano, che pure si proclama pronto a entrare nell’Unione, ma rifiuta la richiesta di alcuni paesi di un’inchiesta internazionale su cosa è accaduto nel giorno del voto. Lungo viale Rustaveli, c’è una vetrina tutta colorata con i manifesti di Sogno georgiano: è un quartier generale non ufficiale dei giovani sostenitori del partito. Sono tutti convinti che Orbán sia una guida, un vero amico della Georgia e Budapest e Tbilisi, insieme, possono contribuire a cambiare l’Ue. Orbán è venuto a portare il suo programma.
(da Domani)
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