PD, LA RIVOLUZIONE COPERNICANA DI LETTA
L’OBIETTIVO E’ COSTRUIRE UN PARTITO NON SUBALTERNO MA GUIDA DEL “NUOVO CENTROSINISTRA”
Una sorta di piccola rivoluzione copernicana. L’archiviazione di una stagione. L’addio agli ultimi 10 dieci anni di storia politica. E il recupero di quella che ha segnato il centrosinistra tra il 1996 e il 2008.
La prima sfida di Enrico Letta è questa: ricostruire un Pd capace di non essere subalterno, che sia anzi la guida del sistema politico e del “nuovo centrosinistra”. Che trasformi il governo Draghi in una sorta di mallevadore di un nuovo sistema dei partiti e di levatrice del nuovo centrosinistra. E che restituisca ai Dem anche il compito di indicare il futuro premier
Basta tenere presente le poche citazioni fatte nel discorso con il quale ha proposto la sua candidatura alla segreteria per capire la cesura effettuata con il recente passato.
Oltre al governo Draghi, ha fatto riferimento per due volte a Romano Prodi, poi a Nino Andreatta, quindi a Paolo Gentiloni e infine, pur senza nominarlo, a Enrico Berlinguer.
Ha rammentato che le vittorie elettorali del fronte progressista sono avvenute solo con l’Ulivo, ossia con una coalizione che aveva il perno e il motore nel Partito Democratico. Ha così aperto di fatto la competizione dentro e fuori il centrosinistra. All’interno perchè spiega che il rapporto con il M5S non sarà e non potrà essere ancillare. Anzi, ha sottolineato che mentre la natura del Pd – seppure opacizzata nelle ultime due legislature – è comunque presente, quella dei grillini è tutta da definire.
Il rapporto con Conte, ossia con il capo del Movimento 5Stelle, sarà inevitabile ma competitivo, non rassegnato. Da alleati. E soprattutto con rapporti di forza invertiti rispetto a quelli presenti attualmente in Parlamento.
Anche il richiamo all’applicazione dell’articolo 49 della Costituzione (l’atttività dei partiti si deve svolgere “con metodo democratico”), va interpretato come uno schiaffo ai pentastellati. In questo quadro il segretario dem cambia anche la prospettiva del suo incarico e ritorna ad essere anche un candidato premier. La gara con Conte e i grillini riguarda anche questo aspetto.
Due ex presidenti del Consiglio con le carte per riproporsi per quel ruolo. E si contendono pure il compito del “federatore” che ora non è più solo nelle mani del professore fiorentino.
Lo schema preparatorio assomiglia molto a quello che lo ha visto protagonista negli anni ’90. L’esecutivo in carica, nella sua idea ricopre allora il ruolo avuto da quello di Ciampi dal ’93 al ’94. Come allora Letta non intende lasciare l’ex presidente della Bce nelle mani del centrodestra. “Draghi è il nostro governo, non della Lega”. Proprio come in quegli anni la scelta europeista del centrosinistra si contrapponeva alle perplessità del centrodestra, adesso rivendica la linea comunitaria contro la conversione poco credibile di Salvini al progetto dell’Ue.
Naturalmente l’obiettivo finale sono le prossime elezioni politiche. La battaglia con la destra di Salvini e Meloni. E arrivare a quella data senza la rassegnazione della sconfitta. Per questo ha proposto un nuovo impianto culturale.
Che non riguarda, come doveroso, solo l’adeguamento della forma-partito alle nuove tecnologie, ma anche il recupero di alcune funzioni e precondizioni. A cominciare dalla competenza. Le parole “corpi intermedi” erano scomparse dal lessico della politica italiana. E con ogni probabilità questa assenza aveva fatto subire una torsione alla nostra democrazia che lo stesso Letta definisce “malata”.
Di certo rappresenta, il cestinamento del concetto di “disintermediazione” – a cominciare dal rapporto con i sindacati – che si era presentata negli ultimi anni come stella polare di tutti i populismi. Questo punto di vista può essere letto anche come il superamento del “renzismo” con il quale il nuovo leader dem ha sicuramente un conto ancora aperto.
Ovviamente tutto questo passa dalla definizione di un “nuovo Pd”. Il suo partito, in effetti, si era trasformato in un insieme di correnti che non si distinguevano per la produzione ideale ma per la spartizione del potere. Letta ne è consapevole e sa che questa deriva è stata giustificata dal ruolo di equilibratore istituzionale assunto dal Pd negli ultimi anni. Dinanzi ai radicalismi irresponsabili di M5S e Lega, i Dem si presentavano come gli unici garanti di una certa normalità . Una situazione che si è trasformata lentamente ma inesorabilmente in un alibi.
Ma uno dei test più importanti per capire come sarà il Pd di Letta, sarà la legge elettorale. Il neo segretario ha accennato alla riforma, ma ora deve decidere se il suo progetto sia o meno compatibile con un sistema proporzionale. I precedenti di vittoria citati sono stati raggiunti nel contesto del maggioritario.
(da “Repubblica””)
Leave a Reply