“PER COLPA DI BERLUSCONI A NEW YORK RIDONO DI NOI”
ITALIANI D’AMERICA: “UNA VOLTA ERAVAMO I PRONIPOTI DI GIOTTO E RAFFAELLO, ADESSO DI UNO CHE FA FESTINI CON MINORENNI”… LA TESTIMONIANZA DI UNA ITALIANA CHE VIVE DA VENTI ANNI NELLA GRANDE MELA
Mio marito è americano, un banchiere, i miei figli vanno in un’ottima scuola qui a New York.
Ci aspettavamo con l’arrivo di Obama che le tasse aumentassero per i ricchi, ma viste le pressioni repubblicane non è stato così, si vedrà in futuro quale sarebbe stata la cosa migliore.
Noi eravamo pronti a pagarne di più per migliorare lo stato economico del Paese.
Nella mia vita confezionata all’americana che più o meno funziona bene c’è un problema: sono italiana.
No, per carità , non rinnego la mia identità , le mie opere d’arte, le mie montagne, i miei mari, i miei connazionali.
Ma mi vergogno tremendamente in questo momento di renderlo noto. Mi sento come se fossi stata sporcata.
Ero a cena proprio ieri sera in un locale trendy della città , Jean Georges al The Mark Hotel, con dei colleghi di mio marito, uomini di Wall Street, quelli che in parte decidono che piega deve prendere la Borsa e tra quelli che per fortuna non sono stati responsabili dei titoli tossici della finanza.
Arroganti certo, ma grandi lavoratori, hanno tutti votato Obama, perchè era il cambiamento. Ebrei, quattro su cinque.
Abbiamo parlato della morte del figlio di Madoff. Loro dicevano che tutto si sarebbe evitato se lui non fosse stato un disonesto, che nella vita non si ruba e così i figli non si ammazzano per causa tua e non finisci in prigione.
Io ero lì che speravo tra me e me che il discorso rimanesse sulle sciagure di Madoff e non si parlasse di politica, quella del mio Paese per esempio.
E invece loro sapendo benissimo che io sono italiana con gusto quasi cattivo si sono rivolti a me con la domanda “Perchè Berlusconi è ancora capo del governo?”.
E ancora: “Non è un disonesto pieno di procedure penali in corso che va con le minorenni?”.
I banchieri incalzano, senza pietà , anche perchè loro la pietà non la conoscono. Il discorso si fa tutto a sfondo sessuale, cosa c’è di più divertente… “Ma con l’età che ha non dovrebbe essere impotente?”, mi chiedono. Ma io che ne so dell’impotenza o meno degli uomini a che età arriva o non arriva. Mio marito è giovane e non rispondo.
“Ma quante ragazzine ha? Ma si compra tutti”. Ma voi lo lasciate governare?”. E giù battute, nessuno in quella tavola mi giunge in aiuto nemmeno mio marito.
Il mio disagio sale, continua a salire. Non so cosa dire.
Accetto tutto quello che viene detto, io che sono come dicono qui una fighter, cioè una combattente, divento timida, impaurita, provo un misto di vergogna e disgusto perchè è tutto vero quello che questi bomboloni dicono.
E noi italiani d’America e nel resto del mondo ci mortifichiamo e soffriamo ancora più impotentemente degli italiani in Italia.
La mattina dopo non vedo l’ora di telefonare a Simona la mia amica italiana che vive in California, lei è una manager, il marito anche lui italiano un medico, le voglio raccontare la serata.
“Siamo degli zimbelli, ci ridicolizzano in ogni occasione”, dice lei alla fine del mio racconto e insiste “Ora scrivo a mio marito che i suoi amici conduttori della sinistra — si è comprato l’iPad per ascoltarli e vederli — ecco come hanno cambiato le sorti politiche, lui sta ancora lì, nessuno riesce a mandarlo via”. Le rispondo “mai, prima d’ora era successa una cosa del genere, io sono vent’anni che vivo qui, non era mai accaduto che ci umiliassero in tale modo”. Prima bastava solo accennare di essere italiana a un americano che ti sentivi una regina, una star, una voluta più degli altri, perchè considerata al di sopra degli altri.
Perchè l’Italia è il massimo in tutto per gli americani, no scusate l’Italia era il massimo in tutto ora non è così.
I nostri figli prendono in giro i genitori italiani perchè hanno un primo ministro del genere.
È difficile spiegare una situazione così anomala a un figlio.
Lo stesso tassista newyorchese che americano non è, e che a casa sua magari ne vede di cotte e di crude, ha la sua rivincita grazie a Silvio e te la scaraventa addosso nella corsa in macchina.
Non lo avresti mai detto che lui pachistano o sudanese o coreano conosca certi dettagli così nello specifico.
Un emigrante, chiunque esso sia, ha il bisogno di sentirsi orgoglioso del proprio paese, deve sentire che la sua terra amata è riconosciuta, non se ne deve vergognare se no diventa difficile vivere in una nazione che non è la tua. Ti senti senza patria perchè la tua la devi nascondere, perchè sei stufo di essere preso in giro, non ti va e non c’è Giotto, Leonardo, Toscanini e Verdi che ti possano aiutare.
Flaminia Lodovico Lubin
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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