PERCHE’ I PROSSIMI MESI SARANNO DECISIVI PER CAPIRE COME FINIRA’ LA GUERRA IN UCRAINA
MOLTO DIPENDERA’ DA CHI SARA’ IN GRADO DI OTTENERE VANTAGGI SUL CAMPO DI BATTAGLIA
Con l’arrivo dell’inverno, la Russia si sta focalizzando il più possibile nel “mantenere il più ampio territorio possibile sotto il suo controllo in Ucraina in preparazione per una nuova offensiva militare nel prossimo anno”, scrive l’ex generale australiano Mick Ryan in un articolo per la rete televisiva nazionale ABC.
Ma questi piani potrebbero incontrare delle difficoltà proprio a causa dell’inverno. Sebbene si pensi normalmente che le condizioni invernali favoriscano l’esercito russo (d’altronde il Generale Inverno è sempre stato il miglior alleato in guerra dei russi prima e dei sovietici poi), stavolta potrebbe non essere il caso, soprattutto per via dell’alto numero di soldati recentemente mobilitati.
Molti di questi hanno ricevuto solo un addestramento minimale, e sono equipaggiati in modo pessimo per far fronte alle dure condizioni invernali sul fronte. Ciò sembrerebbe confermato da una serie di drammatici video apparsi di recente che mostrano soldati russi semi-congelati nelle trincee che quasi non reagiscono dopo aver subito bombardamenti con i droni da parte ucraina.
Allo stesso tempo, l’inverno resta una forte arma per i russi anche per aumentare la pressione sull’Europa, puntando sull’aumento dei prezzi dell’energia. Ma anche questa strategia non sembra per ora aver avuto particolare successo: il prezzo del petrolio è ai minimi da inizio guerra mentre quello del gas resta comunque a livelli ben più bassi del record ottenuto nei mesi successivi.
Ad aiutare l’Europa è stata una serie di fattori, tra cui un clima invernale più mite del previsto ed essere stati in grado di riempire con successo i depositi di stoccaggio di gas nei mesi più caldi. Inoltre, l’uso del gas come metodo di pressione da parte russa ha rappresentato con tutta probabilità anche un boomerang politico per Putin.
“Si tratta di una sfida tra autocrazia e democrazia”, aveva avvertito la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nel suo discorso annuale sullo stato dell’Unione Europea a settembre.
Molti altri leader politici del continente europeo hanno dipinto lo stallo energetico con la Russia come “un’epica lotta tra il bene e il male”, afferma The Telegraph. Il rifiuto di Putin di fornire gas all’Europa “potrebbe anche finire per costare caro alla Russia” in termini finanziari, ostacolando la capacità di Mosca di finanziare l’invasione, aggiunge il giornale britannico.
Ciò avviene proprio mentre la situazione economica in Russia resta molto fragile, nonostante il 2022 stia andando meglio delle previsioni catastrofiche della primavera, quando si prevedeva un crollo dell’economia dell’ordine di due cifre percentuali. Invece ci si sta attestando verso una riduzione del PIL del -3% che viste le premesse è un risultato più che positivo. Tuttavia, non c’è molto spazio per l’ottimismo se si guarda al futuro.
Una delle previsioni più pessimistiche per il 2023 tra gli economisti russi è quella di Natalia Orlova di Alfa Bank. Secondo lei, il PIL russo il prossimo anno diminuirà significativamente di più rispetto a quest’anno, ovvero almeno del 6,5%. Le ragioni sono le stesse di questo anno: una riduzione della domanda dei consumatori, un calo degli investimenti e una diminuzione del potenziale di esportazione.
Dalla fine degli anni ’90 tutte le crisi in Russia hanno seguito più o meno lo stesso scenario, afferma Orlova: una recessione dell’economia durante l’anno precedente e un ritorno alla crescita quello successivo. Ma la crisi attuale ha una natura diversa, dipendendo direttamente dalla guerra in corso e dalle sanzioni che sono state imposte alla Russia.
Invece di una brusca caduta, l’economia russa sta molto probabilmente affrontando un lungo e doloroso declino, concordano diversi altri analisti. Il calo cumulativo del PIL per il 2022 e il 2023 sarà molto vicino al -8% e successivamente sarà molto difficile che la Russia viva una fase di rapida ripresa economica, anche per via dell’effetto delle sanzioni imposte contro Mosca che continueranno a farsi sentire nel tempo.
È perciò altamente probabile che una buona parte di cittadini russi continuerà a soffrire dal punto di vista economico per molti anni a causa del calo del tenore di vita collegato alla guerra.
Anche per questi motivi, se il conflitto dovesse durare ancora a lungo, Putin avrebbe sempre più problemi ad “addestrare, equipaggiare e rifornire un esercito in grado di occupare e controllare le quattro province ucraine annesse”, per non parlare del resto dell’Ucraina, come afferma Edward Carr, vice editore del The Economist.
Tornando al 2023, nello specifico, a determinare l’andamento delle operazioni militari sarà quasi certamente la possibile nuova offensiva russa che potrebbe avvenire per un motivo ben specifico: solo circa la metà delle 300.000 nuove truppe russe mobilitate si trova infatti ora già nella zona di combattimento.
Il resto, insieme alle forze liberate per l’azione dopo il ritiro di Kherson, offre così ai russi l’opportunità di lanciare una nuova offensiva.
Come lo scorso anno, è molto probabile che il cuore dello scontro resti nel Donbass anche nel prossimo anno, in particolare nelle regioni di Luhansk e Donetsk, ma una grande avanzata russa, come un’avanzata da sud verso Pavlograd per accerchiare interamente le forze ucraine nel Donbas, è ora meno probabile dopo che i russi hanno perso la loro testa di ponte al di là del fiume Seversky Donets, nella città di Izyum, a novembre.
È invece maggiormente ipotizzabile una continuazione delle tattiche attuali: una lenta distruzione delle forze ucraine su direzioni strette e una lenta avanzata, come nelle aree di Bakhmut e Avdiivka, con la possibilità di adottare la stessa tattica nell’area di Svatove-Kreminna, dove però sono al momento gli ucraini maggiormente all’offensiva.
I continui attacchi alle infrastrutture energetiche ucraine e altri attacchi alle retrovie ucraine completeranno questa strategia di guerra di logoramento.
Va detto però che anche gli ucraini si stanno preparando al meglio delle loro possibilità per possibili nuove offensive: ingenti forze ucraine sono state liberate per l’uso in altre zone del fronte dopo la ritirata russa da Kherson, e, come ha ammesso lo stesso comandante Zaluzhny, un buon numero di riserve non è ancora stata ancora impegnato sul campo per essere usato in maniera strategica nel momento più opportuno.
Per Kyiv la direzione più valida per una nuova offensiva è quella che punta a sud, verso Melitopol o Berdyansk, con l’obiettivo finale di tagliare il corridoio continentale russo verso la Crimea.
Si tratterebbe, se portata a termine con successo, di una grande vittoria ucraina e di un colpo decisivo per le prospettive russe nel sud dell’Ucraina, ed è proprio per questo motivo che i russi stanno attualmente fortificando Melitopol.
Un’altra opzione per l’Ucraina è quella di prendere il controllo di Svatove per mettere in pericolo l’intero fianco settentrionale del fronte russo nel Donbass.
La questione principale è sapere quante forze ucraine siano davvero libere e disponibili per l’offensiva in questo momento, e quale sia il calendario che il generale Zaluzhny ha sulla sua scrivania, che indica quante nuove brigate e corpi d’armata di riserva che si stanno costruendo saranno pronte nei prossimi mesi, compresi gli uomini, i veicoli corazzati e le armi pesanti a loro disposizioni.
Le possibilità ucraine di effettuare nuove controffensive di successo dipenderanno anche (e soprattutto) dalla capacità occidentale di continuare a rifornire Kyiv di sistemi di armamento avanzati.
A tal proposito di recente il Congresso degli Stati Uniti ha approvato un nuovo stanziamento di 45 miliardi di dollari di aiuti finanziari e militari. Nondimeno, ora che alla Camera dei Rappresentanti a partire da gennaio ci sarà una nuova maggioranza repubblicana, è facile immaginare che il ritmo degli aiuti possa rallentare.
Il possibile futuro Speaker repubblicano della Camera, Kevin McCarthy, ha già più volte segnalato, infatti, che sarà necessario un maggiore controllo dei fondi spesi a favore dell’Ucraina ed un certo numero di suoi sostenitori della destra repubblicana più vicina all’ex presidente Donald J. Trump è a dir poco scettico sulla necessità di ulteriori aiuti a Kyiv.
Ma da questo punto di vista rischia di sorgere anche un ulteriore problema: come fanno notare diversi media occidentali, al ritmo attuale di utilizzo delle munizioni di artiglieria in Ucraina, l’Occidente avrà ben presto problemi a poter continuare a supportare Kyiv in questo ambito anche volendo, visto che l’uso che ne viene fatto è ben più veloce della velocità di produzione di queste munizioni in Occidente.
Il problema in questo caso è che la tattica militare occidentale non si basa, come quella ex sovietica, su una guerra di artiglieria e di posizione come quella in atto al momento in Ucraina. Di conseguenza, i Paesi occidentali non saranno in grado, a lungo andare, di mantenere questi ritmi di forniture, e ci vorranno mesi, se non anni, per aumentare sensibilmente la produzione di queste munizioni chiave.
Lo stesso problema, ovviamente, lo hanno i russi. Fonti di intelligence occidentale affermano che la scarsità di munizioni è stata parzialmente compensata dalle forniture di munizioni di artiglieria da Corea del Nord ed Iran, due Paesi che però finora hanno negato di aver fornito armi ai russi per le operazioni militari in corso in Ucraina. Ma se così fosse, quanto potrebbero continuare queste forniture? È difficile dirlo.
In conclusione, mentre ci avviciniamo sempre più alla fine del 2022, la situazione in Ucraina è ancora incerta.
Di sicuro, la Russia non è più grado di vincere la guerra nei termini originari in quanto palesemente non è più in grado di prendere il controllo dell’intera Ucraina, e forse neppure a pieno delle sole quattro regioni che si è illegalmente annessa a settembre, nonostante le recenti roboanti affermazioni di Lavrov.
Dall’altro lato, però, Putin ormai ha investito così tanto nella guerra da non potersi permettere di perdere la guerra senza rischiare in prima persona la sua permanenza al Cremlino.
L’Ucraina, allo stesso tempo, è ora abbastanza equipaggiata per non perdere più la guerra, ma probabilmente non ancora per essere in grado di vincere in maniera netta.
E più passerà il tempo più sarà difficile per entrambe le parti in guerra dotarsi dei rifornimenti necessari per montare offensive su larga scala. Tutto ciò a lungo andare costringerà entrambe le parti a dover sedersi al tavolo dei negoziati per raggiungere una qualche sorta di compromesso, se nel frattempo non accadrà qualche svolta al momento imprevedibile.
I prossimi mesi saranno quindi essenziali per stabilire come si svolgerà la guerra nel 2023: la chiave di volta è se una delle due parti sarà in grado di ottenere vantaggi significativi sul campo di battaglia. Quando il fango sarà del tutto congelato, avremo una prima risposta, che ci porterà un po’ più vicino a sapere “come andrà a finire”.
(da Fanpage)
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