PRECARI DELLA SCUOLA IN RIVOLTA: IL GOVERNO ORA TEME L’ONDA
GLI STUDENTI POTREBBERO FARE BATTAGLIA COMUNE COI DOCENTI “TAGLIATI” E ALLORA SAREBBE UN AUTUNNO CALDO CON LE SCUOLE BLOCCATE… SONO 20.000 I PRECARI IN RIVOLTA, ALTRI 110.000 CON CONTRATTO SCADUTO… IL GOVERNO PENSA A “CONTRATTI DI DISPONIBILITA”, D’INTESA CON LE REGIONI, MA NON VI E’ NULLA DI CERTO
La rivolta degli oltre 20.000 precari della scuola, rimasti senza lavoro dopo l’assegnazione degli incarichi annuali, si sta estendendo a tutta la penisola: docenti sui tetti, uffici occupati con la forza, supplenti incatenati, professori in mutande.
E’ un crescendo che comincia a preoccupare, anche per le implicazioni sul fronte dell’ordine pubblico.
In realtà si tratta dei tagli annunciati da mesi: meno 42.000 cattedre e 15.000 posti in meno per il personale non docente, a fronte di soli 26.000 insegnati che andranno in pensione entro il 2009.
Che fine faranno i precari annuali, quelli con il contratto fino al 31 agosto 2009? In 16.000 dovranno tornare a casa, secondo la legge Gelmini.
Poi ci sono i 110.000 con il contratto scaduto il 30 giugno 2009: per loro il futuro è ancora più nero. Badate bene, non si parla di docenti appena inseriti in graduatoria, ma di professori che insegnano, in stato di precariato, dal 2000-2002.
E dietro a questa situazione “precaria”, è bene ricordarlo ai facili “liquidatori dei problemi altrui”, ci sono vite, speranze, sacrifici, studi, famiglie, mutui da pagare, trasferimenti, viaggi, sofferenza. Sono stare create illusioni dai vari governi che si sono succeduti, speranze di contratti definitivi sulla base dei quali tanti hanno programmato la loro vita, per poi vedersi liquidare senza neanche un “grazie”.
Da qui i giustificati motivi della rivolta, perchè non esiste di peggio che il non avere più nulla da perdere.
Intelligenza voleva che i precari venissero regolarizzati una volta per tutte in modo graduale: tanti docenti vanno ogni anno in pensione e tanti precari vengono assunti.
Nel giro di qualche anno la situazione si sarebbe stabilizzata.
Le esigenze di tagli (spacciati per riforma della scuola) hanno invece indotto il Governo a tagliare anche l’Istruzione ed ora ci si accorge di aver commesso una forzatura.
Il rischio è si creai un’asse di contestazione dura tra meno di due settimane, quando le scuole riapriranno i battenti, tra gli studenti dell’Onda e i docenti appiedati e che tutti sfilino in piazza, bloccando di fatto ogni attività didattica.
L’Onda ha già lanciato i primi segnali di mobilitazione a fianco degli insegnanti “licenziati” dal Governo. E’ una chiamata alle armi che la Gelmini sa di non poter sottovalutare, anche se spetta al governo decidere per una “linea dura” o per il ricorso a misure straordinarie per attenuare l’impatto dei tagli.
Che la sia situazione sia tutt’altro che sotto controllo lo dimostra l’appello di un sindacato “morbido” verso il governo come la Cisl che avverte: “La situazione rischia di diventare esplosiva”.
Fa specie il fatto che già sei mesi fa non si siano valutate le conseguenze di quei tagli, ma ci si sia vantati del “non licenzieremo nessuno”, quando poi la realtà è ben diversa.
Una bugia che ora rischia di inchiodare e sbugiardare il governo e i suoi spot mediatici.
Una possibile via d’uscita, indicata dai sindacati, è quella dell’istituzione dei “contratti di disponibilità ” che garantirebbero ai supplenti annuali rimasti senza lavoro un’indennità mensile pari al 60% dello stipendio (circa 1.000 euro), una sorte di paracadute di cui stanno parlando da tempo la Gelmini e Sacconi che però salverebbe solo 9.000 insegnanti e non bidelli e impiegati.
Per ottenerla, nell’ipotesi ovviamente che venisse approvata, i docenti dovrebbero aver avuto contratti di lunga scadenza, dovrebbero accettare di mettersi a disposizione dell’amministrazione per sostituzioni di colleghi assenti o per realizzare progetti speciali, come quelli contro la dispersione scolastica e il recupero dei debiti formativi.
Dove si prenderebbero i fondi necessari?
Dalla solita colletta: una parte dal Tesoro, una parte dall’Inps e un’altra dalle Regioni (alcune hanno già dato il loro assenso).
C’è da dire però che di questo progetto si parla da giugno e non è stato fatto alcun passo avanti: i tempi ormai sono strettissimi e sta per aprirsi un tavolo di trattativa.
Facciamo una considerazione finale: qualcuno continua nel centrodestra a ritenere che insegnare sia un “ammortizzatore sociale” e che il docente in fondo concepisca come tale la professione.
Una ricerca del posto fisso a spese dello Stato per non fare nulla.
Chissà perchè a costoro non viene mai in mente di considerare un ammortizzatore sociale anche la politica dove gente senza arte nè parte e che spesso non ha fatto mai una mazza in vita sua, dal Parlamento alle regioni, dalle Province ai comuni, dalle Asl ai consigli di amministrazione delle società collegate, guadagna stipendi anche di 10 volte superiori a quelli degli insegnanti.
E tutta la Pubblica Amministrazione sarebbe fatta di fannulloni? E dove stanno i dirigenti, in questo caso?
Senza contare che in termini di ammortizzatori sociali l’Italia non è certo di esempio in Europa, salvo che non si abbiano santi o Superman in paradiso (vedi Alitalia).
Quindi finiamola con il disprezzare i docenti italiani: sono meglio di tanti ministri che per passare l’esame di Stato sono andati a sostenerlo a Catanzaro.
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