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PRIMA DI TUTTO LA SALUTE DEI LAVORATORI: STILATO CON LA MEDIAZIONE DEL GOVERNO IL PROTOCOLLO D’INTESA TRA IMPRENDITORI E SINDACATI

ECCO COSA PREVEDE NEI DETTAGLI

Dopo il passo falso di ieri sera, dopo un lungo confronto andato avanti nella notte, anche in videoconferenza con il governo, questa mattina è stata raggiunta l’intesa tra sindacati e imprese sul “protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”.
La svolta matura alle 7.30 del mattino. Dopo diciotto ore di trattativa in videoconferenza. Giuseppe Conte è a palazzo Chigi, i rappresentanti di Confindustria e di Cgil, Cisl e Uil sono collegati via pc da casa e dalle sedi.
Nella maratona si alternano anche i ministri Speranza, Patuanelli e Catalfo. I volti sono tirati, stanchi. Alle dieci di ieri sera, il protocollo di sicurezza nelle fabbriche contro il coronavirus ha rischiato di saltare. Ma, come spiega una fonte industriale di primissimo livello, “nessuno poteva permettersi di fare una figuraccia davanti al Paese”. Tutti richiamati di fronte alla camera digitale a mezzanotte.
Da quel momento scattano le sette ore e mezza decisive. Tira e molla, discussioni, veti incrociati. Poi il sì di tutti. Un documento di 12 pagine, con 13 punti a marcare la cifra dell’intesa: prima la salute anche dentro le fabbriche rimaste aperte.
La trattativa a distanza tra le parti sociali ripropone gli elementi tipici di una partita che solitamente si tiene intorno a un tavolo.
Querelle, documenti di parte che non si incastrano con quelli delle controparti, mediazioni che sono legate allo sblocco di altre mediazioni. Anche questa volta si è dovuto faticare, e non poco, per far affiorare quello “spirito costruttivo” che il premier dava già  per scontato alle quattro e mezza del pomeriggio di ieri.
La grande questione che ha bloccato a lungo i lavori è stata quella relativa alla forma e all’applicazione delle nuove regole. I sindacati hanno spinto per un protocollo condiviso, le imprese per un codice di autoregolamentazione meno stringente, volontario e senza sanzioni.
Quello che Cgil, Cisl e Uil hanno messo sul piatto è stato un ruolo avanzato, di fatto la richiesta di cogestire il tutto insieme ai datori di lavoro. Gli industriali hanno voluto capire bene, approfondire, delimitare bene un confine che dentro una fabbrica è tutto perchè perimetra gli spazi di competenza e quindi gli equilibri della barra di comando.
Alla fine, come si legge nel testo del protocollo, spunta una mediazione. Nessun obbligo, ma “va favorito” il confronto preventivo con le rappresentanze sindacali presenti nei luoghi di lavoro o con le rappresentanze territoriali se l’impresa è piccola. La modalità  presuppone un obiettivo.
Eccolo: “l’esperienza delle persone che lavorano” contribuirà  a rendere “più efficace” ogni singola norma, tenendo conto delle specificità  della singola fabbrica. Riassumendo: le regole valgono per tutti, ma vanno calate e adattate nei singoli contesti. I sindacati interni non possono essere tenuti dietro alla porta.
Una grande questione, si diceva, immersa in altre micro-questioni, non per questo meno importanti. E così anche l’utilizzo delle mascherine e la misurazione della febbre all’ingresso in fabbrica hanno assunto le sembianze di terreno di scontro tra le parti sociali. Qui le questioni sono quelle della conservazione di dati sensibili e dell’ampiezza dell’utilizzo della mascherina.
Dopo diciotto ore si arriva alla quadra. La premessa è il carattere prioritario della tutela della salute. Se si è arrivati alla necessità  di un protocollo è perchè alcune fabbriche sono rimaste aperte, a fronte di tutte le altre che hanno chiuso secondo quanto previsto dal decreto che ha avviato la serrata.
Qui la grande questione tra sindacati e imprese era se evolvere verso il lockdown, cioè il blocco totale, o se lasciare aperte le fabbriche che sono imprescindibili per rifornire ad esempio i supermercati e le farmacie.
Prevalgono le ragioni della salute senza tuttavia prevedere un lockdown di settimane. Il principio viene messo nero su bianco all’inizio del documento: “La prosecuzione delle attività  produttive può avvenire solo in presenza di condizioni che assicurano alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione”. Quindi le fabbriche potranno chiudere qualche giorno per provvedere alla sanificazione degli ambienti.
La quantificazione dello stop non è uguale per tutti: un’azienda può metterci un paio di giorni, altre di più. Ma è quello che devono fare in modo prioritario. Anche a costo di ridurre gli orari di lavoro o il personale.
Lo Stato, infatti, sosterrà  i costi della cassa integrazione per quei lavoratori che non potranno recarsi a lavoro. Insieme al ricorso allo smart working è questa la rete che le parti sociali e il governo costruiscono per frenare il contagio del virus.
Se tutti hanno concordato su questa impostazione è perchè nessuno può permettersi una propagazione dell’infezione nei luoghi di lavoro. Nè i sindacati, che hanno il fiato sul collo dei lavoratori che chiedono di alzare le condizioni di sicurezza, nè le imprese, che in caso di contagio sarebbero costrette alla quarantena e quindi alla chiusura.
Nè tantomeno il governo, che deve assolvere al ruolo politico e sociale di garantire che il lavoro si svolga in condizioni di salute e sicurezza adeguati al nuovo contesto. Tutti lo sanno e tutti l’hanno voluto. Vincenzo Boccia, il numero uno di Confindustria, esplicita bene questa consapevolezza quando a metà  mattina commenta il risultato raggiunto: “Le fabbriche si mettono al servizio del Paese”. Conte puntella il passo dell’Italia “che non si ferma”. Dopo diciotto ore l’interesse del Paese prevale su tutto e su tutti.
Ecco cosa prevede nel dettaglio il protocollo per la sicurezza dei lavoratori
Il protocollo è suddiviso in 13 punti: informazione, modalità  di ingresso in azienda, modalità  di accesso dei fornitori esterni, pulizia e sanificazione in azienda, precauzioni igieniche personali, dispositivi di protezione individuale, gestione degli spazi comuni, organizzazione aziendale, gestione dell’entrata e dell’uscita dei dipendenti, spostamenti interni, gestione di una persona sintomatica in azienda, sorveglianza sanitaria e aggiornamento del documento. Ecco i punti principali:
– In presenza di febbre (oltre i 37,5°) o di altri sintomi influenzali, il lavoratore deve rimanere a casa e contattare il proprio medico di famiglia e l’autorità  sanitaria.
– Prima di accedere al luogo di lavoro, il personale potrà  essere sottoposto alla misurazione della temperatura. Se si registrerà  un livello superiore a 37,5°, il lavoratore sarà  isolato e fornito di mascherina. Se i sintomi maturano durante l’orario di lavoro, il dipendente deve avvisare subito il proprio datore di lavoro.
– Gli autisti dei mezzi di trasporto, se possibile, devono rimanere a bordo dei propri mezzi. Non è consentito l’accesso agli uffici per nessun motivo. Per le attività  di carico e scarico, il trasportatore deve attenersi alla distanza di un metro. Va ridotto, per quanto possibile, l’accesso ai visitatori.
– L’azienda deve assicurare la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago. Vanno quindi sottoposti a pulizia   tastiere, schermi touch, mouse con adeguati detergenti, negli uffici come nei reparti produttivi. In generale deve garantire la sanificazione periodica degli ambienti di lavoro. Bisogna pulire anche le tastiere dei distributori di bevande e snack.
– Oltre a lavarsi frequentemente le mani, uno dei punti del protocollo prevede l’obbligo di indossare la mascherina e altre protezioni (guanti, occhiali, tute, cuffie, camici, etc.) se si lavora a distanza minore di un metro rispetto. Non è previsto l’obbligo per chi non manifesta sintomi, come previsto dall’Organizzazione mondiale della sanità .
– L’accesso a spazi comuni, comprese le mense aziendali, le aree fumatori e gli spogliatoi, è contingentato.
– Le imprese, d’intesa con le organizzazioni sindacali potranno disporre la chiusura di tutti i reparti diversi dalla produzione o, comunque, di quelli dei quali è possibile il funzionamento mediante il ricorso allo smart working o comunque a distanza. Prevista anche la rimodulazione dei turni per evitare che le persone si incontrino. Sospese o annullate tutte le trasferte e i viaggi di lavoro.
– Si favoriscono orari di ingresso/uscita scaglionati in modo da evitare il più possibile contatti nelle zone comuni. Dove è possibile, occorre dedicare una porta di entrata e una porta di uscita da questi locali e garantire la presenza di detergenti segnalati da apposite indicazioni. Gli spostamenti all’interno del sito aziendale devono essere limitati al minimo indispensabile.
– Utilizzare in via prioritaria gli ammortizzatori sociali disponibili. Ricorrere anche all’utilizzo dei periodi di ferie arretrati e non ancora fruiti.

(da “Huffingtonpost”)

This entry was posted on sabato, Marzo 14th, 2020 at 15:55 and is filed under emergenza. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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