PRIMO ATTO ILLEGITTIMO DELL’ITALIA, LA NAVE DELLA MARINA VERSO L’ALBANIA CON 16 PERSONE A BORDO: 10 DEL BANGLADESH E 6 EGIZIANI, DUE PAESI “NON SICURI” SECONDO LA SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA DEL 4 OTTOBRE
MATTARELLA BASTONA IL GOVERNO: “OBIETTIVI DI SOLIDARIETA’ SONO LA BASE DELLA NOSTRA CARTA”… SE I GIUDICI VENERDI NON CONVALIDERANNO L’OPERAZIONE PREPARATEVI AGLI STARNAZZAMENTI DELLA FOGNA SOVRANISTA
È partita da Lampedusa la nave Libra della Marina Militare diretta verso l’Albania per portare il primo gruppo di migranti nei centri allestiti al di là dell’Adriatico dove saranno sottoposti alle procedure accelerate di frontiera. Un’operazione sbandierata per mesi che a ora conta appena sedici persone a bordo: 10 bangladesi e 6 egiziani.
La Libra, un’imbarcazione da 80 metri che solo di equipaggio può portare tra 60 e 80 unità, viaggia a 20 nodi. Arriverà tra martedì sera e mercoledì a Schengjin.
Sulle persone da trasferire, soccorse in mare, è stato fatto un primo screening a bordo per verificare che abbiano i requisiti previsti dal protocollo inventato dal governo italiano: provenienza da Paesi sicuri, maschi, adulti, non vulnerabili. I migranti sulla nave sarebbero egiziani e bangladesi. È il ministero dell’Interno a curare l’intera operazione il cui avvio, dopo mesi di ritardi, era stato annunciato nei giorni scorsi da Matteo Piantedosi che vorrebbe garantire una “certa continuità” nelle partenze.
Donne, minori, persone torturate, malati sono stati fatti scendere invece a Lampedusa dalle motovedette della Guardia di finanza e da qui verranno immessi nel normale circuito di accoglienza in attesa che la loro richiesta di asilo venga vagliata dalle commissioni territoriali.
Il racconto delle operazioni
Chi era in mare ha avvistato la Libra, già in passato usata per operazioni di salvataggio e i cui ufficiali sono finiti sotto processo per il naufragio dei bambini del 2013, in piena attività attorno alle 21 di domenica sera.
A operare sono state diverse motovedette della Guardia di Finanza che più volte hanno raggiunto il pattugliatore italiano, rimasto in attesa a 20 miglia nautiche a Sud-Ovest di Lampedusa, fuori dalle acque territoriali, ma all’interno della Sar italiana, la zona di ricerca e soccorso di competenza di Roma.
Le foto che l’ong Mediterranea è riuscita ad avere da fonti riservate e ha fornito a Repubblica mostrano le attività andare avanti per quasi tutta la notte. Nella prima immagine, scattata con visore notturno, si vede la nave ferma all’ancora non lontano da Lampedusa. La seconda mostra l’inizio delle operazioni.
Attorno alle 21, una prima motovedetta carica di naufraghi ha affiancato il pattugliatore, su cui sono state trasbordate tutte le persone soccorse. Nessuna indossava un giubbotto di salvataggio. I naufraghi sono saliti a bordo percorrendo una stretta passerella, poi sul ponte sarebbe avvenuto lo screening. I fragili sono risaliti a bordo della motovedetta, gli altri tutti diretti in Albania.
Cosa accade in Albania
Una volta che la nave arriverà al porto di Schengjin, nel nord del Paese vicino al confine con il Montenegro, i migranti residui verranno fatti scendere e sottoposti nell’hotspot a un secondo screening di controllo più approfondito. Saranno poi trasferiti a Gjader, un ex sito dell’Aeronautica albanese a una ventina di chilometri verso l’interno, dove si trovano tre strutture consegnate solo il 9 ottobre al ministero dell’Interno italiano per il collaudo: un centro per il trattenimento dei richiedenti asilo da 880 posti (di cui a oggi sono pronti solo 400, meno della metà), un Cpr da 144 posti e un piccolo penitenziario da 20 posti.
È qui, in questa mega struttura, che i migranti soggetti alle procedure accelerate di frontiera verranno trattenuti con un provvedimento di fermo firmato dal questore di Roma che va convalidato entro 48 ore dai giudici della sezione immigrazione di Roma in attesa che, nel giro di quattro settimane, si decida sulla probabile bocciatura delle loro richieste d’asilo che li costringerebbe al rimpatrio.
Lo scoglio della sentenza europea
Lo scoglio contro cui il protocollo si scontrerà nelle prossime ore è la sentenza emessa il 4 ottobre dalla Corte di giustizia europea. Quel che i giudici di Lussemburgo dicono è che un Paese, per essere definito sicuro, non deve ricorrere “alla persecuzione, alla tortura o ad altri trattamenti inumani” in ogni sua zona e per qualsiasi persona.
Ma ben 15 dei 22 Paesi considerati sicuri dalla Farnesina non rispettano questo criterio. Non la Tunisia, non l’Egitto né il Bangladesh dai quali arriva la maggior parte dei richiedenti asilo.
Se i giudici si conformeranno alla sentenza europea — come appare inevitabile, e come è già accaduto a Palermo dove sono state appena respinte alcune richieste di convalida per il trattenimento di cittadini tunisini — pochissimi migranti potranno essere chiusi in Albania.
Cosa farà il governo
In questo caso cosa farà il governo italiano? L’ipotesi più probabile, almeno nell’immediato, è che si vada allo contro giuridico. Da giorni i giornali di destra gridano alle “toghe rosse”. E ieri sulla Stampa il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha annunciato che “ogni resistenza ideologica è destinata ad essere travolta dalla partecipazione all’ordinamento europeo spesso sbandierata proprio da coloro che adesso ci criticano. Sia chiaro – ha detto – che non ci faremo scoraggiare da queste decisioni di alcuni tribunali e contiamo di affermare le nostre ragioni con iniziative tutte interne allo stesso sistema giudiziario, impugnandole e portandole al giudizio delle massime giurisdizioni del nostro Paese”.
Dichiarazioni che secondo il dem Matteo Orfini mostrano “una certa allergia” del ministro “al rispetto delle norme e delle regole, cosa piuttosto inquietante dato il ruolo che ricopre. Il governo italiano se ne faccia una ragione e smetta di attaccare chi semplicemente fa con serietà e rispettando le leggi il proprio lavoro”, cioè i magistrati.
Mattarella: “Obiettivi di solidarietà alla base della nostra Carta”
E proprio nel giorno in cui è partita la piccola grande operazione Albania, è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a tornare sul tema dei migranti, invitato alla Fondazione Ambrosianeum, a Milano. “Oggi gli immigrati non vengono più dal Mezzogiorno d’Italia, ma da più lontano, da Paesi europei come l’Ucraina, aggredita da una invasione insensata, vengono dai Balcani. E da altri continenti, gravati anch’essi da condizioni insostenibili. Lo scopo del Centro orientamento immigrati è offrire strumenti per l’alfabetizzazione degli immigrati, per sostenerli nella ricerca di una casa e di un lavoro”, ha detto il presidente. I volontari dell’associazione Franco Verga, ha evidenziato Mattarella, sono “gli attori di un servizio prezioso e di un grande impegno che tende a inverare gli obiettivi di solidarietà che la nostra Costituzione ha posto alle basi della nostra convivenza e che va costante temente rammentata”.
(da La Repubblica)
Leave a Reply