PROFESSIONISTI A 1.000 EURO AL MESE: STIPENDI DA FAME PER I GIOVANI LAUREATI E ISCRITTI AGLI ORDINI
LO SFRUTTAMENTO NON COLPISCE SOLTANTO CHI E’ POCO QUALIFICATO
Professionisti pagati come rider: giovani che dopo anni di studio lavorano dieci ore al giorno per portare a casa a malapena mille euro al mese. Tra le vittime del mercato del lavoro italiano, un far west di bassi salari e zero tutele che costringe ogni anno migliaia di ragazzi e ragazze a emigrare, non ci sono solo i precari con poche competenze, i lavoratori schiavizzati dei call center o gli over 50 disoccupati, ma anche architetti, ingegneri, avvocati, psicologi, giornalisti: trentenni sfruttati, retribuiti saltuariamente e poco, nonostante la laurea e l’appartenenza a un Ordine professionale.
Secondo Confprofessioni è scattato «un serio campanello d’allarme per l’occupazione giovanile, e in particolare per la libera professione che fatica ad attrarre giovani neolaureati, ponendo un’ipoteca sulla tenuta del sistema previdenziale».
Alla base c’è un problema salariale. L’Italia detiene una quota di giovani in possesso di laurea specialistica pari al 16,5%, non distante dalla media europea (18,5%) e superiore a quella di Germania, Svezia, Regno Unito. Eppure il reddito medio annuale dei professionisti è poco superiore a quello dei lavoratori che fanno le consegne. I redditi medi di chi aderisce alla flat tax, la maggior parte nella fascia tra 25 e 44 anni, si muovono tra i 12 e i 16 mila euro l’anno.
Al Nord chi è in regime agevolato guadagna mediamente 14.561 euro e al Sud 12.369. Il divario tra uomini e donne è di tremila euro. L’Aiga, l’associazione dei giovani avvocati, denuncia che i neo iscritti all’albo guadagnano tra i 700 e i 1.500 euro. Per Almalaurea, a cinque anni dalla laurea il reddito di un architetto è di 1.188 euro al mese. Cifre che rappresentano una goccia nel mare degli incassi degli iscritti agli ordini, il cui reddito complessivo vale oltre 40 miliardi di euro.
Finti autonom
Spesso questi ragazzi prestano servizio per studi di colleghi affermati e navigati senza essere retribuiti quanto dovrebbero. Di solito il giovane professionista ottiene “ospitalità” da uno studio e viene pagato come collaboratore con partita Iva solo per i lavori che trova o che vengono proposti all’ufficio. Una “consulenza” senza contributi previdenziali, malattia e disoccupazione. Gli under 35 che nel 2022 hanno aperto una partita Iva sono 250 mila. Dopo il lockdown e la crisi innescata dal Covid però qualcosa è cambiato. I giovani non sono più disposti a essere sfruttati, e chi decide di non emigrare rifiuta paghe da fame e magari cambia mestiere.
L’equo compenso
Che fine hanno fatto i minimi tariffari? Sostanzialmente sono stati smantellati dalle liberalizzazioni Bersani del 2006, un decreto che doveva assicurare maggiore trasparenza e costi più bassi per i consumatori e invece è stato aggirato dalle grandi imprese che hanno la forza di imporre la parcella.
Un paio di settimane fa l’aula della Camera ha dato il via libera all’unanimità a un provvedimento sull’equo compenso, ricalcando il testo depositato in Parlamento la scorsa legislatura. Il disegno di legge, ora all’esame del Senato, stabilisce come determinare compensi proporzionati nei confronti dei professionisti che lavorano con la Pubblica amministrazione, banche, assicurazioni e imprese con oltre 50 dipendenti o più di 10 milioni di ricavi.
Si tratta di una proposta valutata positivamente dagli ordini che però chiedono di estendere le nuove regole sulle prestazioni professionali a una platea più vasta.
La presidente dell’Ordine degli architetti di Torino Maria Cristina Milanese commenta così le misure approvate a Montecitorio: «L’applicazione va ampliata a tutti i tipi di committenti per ridare dignità al lavoro degli architetti che, dopo l’abolizione delle tariffe, hanno visto i compensi ridursi in modo ingiustificato, fino ai paradossali episodi di gare che prevedevano la prestazione gratuita da parte dei professionisti».
(da La Stampa)
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