PUNTO. A CAPO. E ANCORA A CAPO
TUTTI QUELLI CHE HANNO CAPITO DEVONO URLARE LA VOGLIA DI SPARIGLIARE LE CARTE…. UN ARTICOLO DI FILIPPO ROSSI SU “FAREFUTURO” ALLA VIGILIA DI PERUGIA
C’è una sfida, davanti ai nostri occhi.
È quella di raccontare il respiro della storia, cogliere la trama degli eventi, delineare il futuro.
Ma è una sfida che non si può cogliere con uno sguardo vecchio, con mezzi e modi del passato.
Perchè cercare di raccontarlo con le regole della cronaca, quel respiro della storia, è un errore.
Ed è un errore che tanti, troppi “osservatori” stanno facendo in questi mesi. Senza capire (e senza far capire) quello che sta succedendo davvero. Parlano di uomini e non d’idee.
Si calano nei piccoli fatti, non negli “eventi” che plasmeranno il nostro domani.
Alla prima contestazione, agitano lo spettro degli anni Settanta.
Come se l’Italia fosse ancora quella, come se gli italiani non fossero cambiati, non avessero cambiato sguardo.
Alla prima polemica politica, snocciolano i retroscena, gli scandali e i contro scandali; si dilettano nel risiko del potere, sviscerano dinamiche che girano attorno a poltrone e strapuntini.
Senza vedere che le carte si stanno rimescolando, senza la capacità di immaginare che c’è altro, oltre alle poltrone, oltre agli strapuntini. Oltre ai politici. Oltre ai leader, anche.
Senza rendersi conto che stiamo per mettere un punto. Che stiamo per andare a capo.
E non è questione di nomi, di persone, di identikit, di alleanze e di cartelli elettorali.
È in gioco l’anima di un paese, il modo in cui una comunità civile si specchia, si legge, si racconta.
È in gioco il futuro della Politica.
Le nuove categorie, le nuove contrapposizioni, le nuove regole, forse.
Certo, all’epoca della società liquida è più difficile del solito individuare gli scarti epocali, cogliere il “senso” della storia.
Insomma, le attenuanti ci sono: niente manifestazioni quotidiane, niente carri armati per le strade, niente pensieri forti, niente slogan martellanti.
Niente di niente (anche se a qualcuno, forse, piacerebbe ritornarci, a quei bei vecchi tempi…).
Tutto è più difficile. È più “minimal”, per certi aspetti.
Richiede più pazienza, per essere capito. E meno paraocchi.
E così gli osservatori di professione, quelli che raccontano e non prendono parte, faticano a individuare quella che è, in sostanza, una rivolta generazionale.
Un’onda quasi sempre silenziosa che sta per mettere un punto, sta per andare accapo.
Un’onda che, come tutte le rivolte generazionali, sta ribaltando i paradigmi culturali. Un’onda che ha fame di nuovi orizzonti.
Tranne qualche eccezione, gli osservatori di professione, quelli che stanno alla finestra a guardare la gente che passa, che vive, che si incazza, che ride, che spera, non lo capiscono, questo rimescolamento delle carte.
Non capiscono il nuovo gioco che si sta preparando.
E cercano, a tratti anche disperatamente, di giocare la nuova partita con regole vecchie.
Si aggrappano al vecchio decalogo di una politica a gestione proprietaria, di una politica antiquaria e reliquiaria, che cerca di restaurarsi, di nascondere le rughe, di stuccare le sue crepe che sono sempre più profonde.
Una politica figlia dello strapotere televisivo, ancorata al tubo catodico e incapace di sopravvivere alla rivoluzione del web.
Questi signori, ci dispiace per loro, verranno travolti da questa marea tranquilla.
Che sta riscrivendo, dal basso e per il basso, la cultura dominante.
E la sta riscrivendo con una lingua tutta nuova, barbara, per dirla con Alessandro Baricco.
Incomprensibile per quella clas se intellettuale e politica che preferisce rimanere sorda. Vecchia dentro. E vecchia fuori.
Nonostante gli infiniti (e patetici) trucchi estetici a cui ha scelto di ricorrere.
È per questo che tutti quelli che hanno capito tutto, senza scriverlo, senza dirlo, devono urlare forte la voglia di andare accapo.
E di andare ancora accapo. E ancora. E ancora…
Per farla finita con una cultura congelata.
Con una cultura che non ha più nulla da dire.
Filippo Rossi
Farefuturoweb
Leave a Reply