QUEL PUGNO CHIUSO SULLE MACERIE DI GENOVA
TONINELLI NON HA SAPUTO DARE DIGNITA’ ALLA MEMORIA DELLE VITTIME TRASFORMANDO UN ATTO DOVUTO IN UN IMBROGLIO CON FANGHI E CONDONI
La misurata e riflessiva presidente del Senato Elisabetta Casellati ha ragione da vendere.
Che cosa c’entrava il pugno chiuso del ministro Toninelli con i morti di Genova? Contro chi doveva sollevare il braccio destro e la mano chiusa il ministro?
La sfida, a chi, perchè, quando non è riuscito a dare dignità alla memoria delle vittime trasformando, non solo lui, il provvedimento nato sulle macerie del ponte Morandi, con famiglie distrutte per sempre e le tante lacrime sparse dai genovesi, in un quasi Milleproroghe, con fanghi e condoni che niente hanno a che fare con il dolore del 14 agosto?
Così come non ha senso applaudire fuori registro e fare tante altre cose, purtroppo indegne, nelle aule parlamentari, per fortuna non diventate ancora bivacco come qualcuno auspicherebbe.
Il pugno chiuso di Toninelli non va oltre l’esultanza di un calciatore sotto la curva, che magari ha motivazioni più forti e più acconce del ministro (ma non sempre).
Da Toninelli non attendiamo nè gaffe nè pugni chiusi. E’ governo, è al governo. E sono le minoranze, semmai, a sfidare il potere, non il contrario.
A meno che Toninelli non ritenga di essere minoranza della storia oppure non si voglia candidare a far passare per storia minore il suo vissuto politico, agitandosi come se avesse vinto fuori casa con la squadra da battere.
Ministro, la squadra da battere è lei. E’ lei la maggioranza, se ne renda conto.
E se avesse ottenuto un risultato esaltante partendo da 20 a 0 allora, ne avrebbe avuto buon diritto.
I pugni chiusi sono degli ultimi, di chi combatte una causa, dei rivoluzionari che spesso non vedono gli esiti delle loro giuste battaglie.
E’ quello di Tommie Smith e John Carlos a Città del Messico, vincitori di un’Olimpiade in nome di un’America ostile ai neri, di una patria che li considerava non degni.
Nessuno ha vinto oggi, ministro Toninelli, nell’aula del Senato.
La legge su Genova era un suo dovere, e nient’altro.
(da “Huffingtonpost”)
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