RENZI E IL PD DISPONIBILI SOLO PER UN GOVERNO DEL PRESIDENTE
I DEM DIRANNO NO A UN GOVERNO CON LEGA E M5S ANCHE NELLE CONSULTAZIONI CON CASELLATI, SE AVRA’ UN MANDATO ESPLORATIVO
Mentre in aula scorre sonnacchioso il dibattito sulla Siria dopo l’informativa di Paolo Gentiloni, in Transatlantico al Senato i renziani si mostrano alquanto annoiati dalla mossa di Maurizio Martina di proporre tre punti programmatici per ribadire le idee del Pd.
Proprio oggi che Luigi Di Maio va promettendo nuove aperture al Pd, dichiarando chiusa la fase del dialogo con Matteo Salvini.
“Non era questo il giorno”, è il ragionamento degli uomini più vicini al segretario dimissionario e senatore Matteo Renzi che nel frattempo è in aula. “Ora i media penseranno che si trattava di un’apertura ai cinquestelle e siamo punto e a capo…”. Perchè per i renziani del Pd le nuove aperture di Luigi Di Maio non cambiano nulla: la risposta è no.
Semmai il partito scongelerà la sua linea di opposizione di fronte ad un appello alla responsabilità di Sergio Mattarella, quando arriverà .
Perchè arriverà ma non subito, si aspettano nel Pd e questa semmai è l’unica novità degli ultimi giorni.
In effetti intorno alle 18, proprio quando Gentiloni sta per prendere la parola in aula in Senato, Martina precisa: “Le prime tre proposte Pd presentate oggi sono per gli italiani, non per questo o quel partito. Noi andiamo oltre i tatticismi degli altri”.
Pure il ministro Andrea Orlando, capo della minoranza, sottolinea che il reggente non si riferiva al M5s. E anche per lui non se ne parla di aprire a Di Maio, spiega il Guardasigilli in Transatlantico alla Camera: “Non si pone nemmeno con dei punti programmatici, dei contenuti…”.
Siamo alle solite nel Pd. Pur ammettendo che i non-renziani siano tentati di andare a vedere le carte di Di Maio, dopo che avrà definitivamente chiuso il ‘forno’ con la Lega e aperto quello Democratico, sono i renziani che non ne vogliono sapere.
E siccome nessuno ha interesse a spaccare il Pd, anche i più dialoganti hanno le mani bloccate.
Tanto più che, se anche si convincessero tutti i parlamentari del Pd più quelli del M5s ne deriverebbe una maggioranza esile e questo lo sanno anche gli ‘aperturisti’, da Martina a Franceschini. Dunque la conclusione è che il ‘forno’ pentastellato nessuno tra i Dem vuole aprirlo.
Ci dice Matteo Orfini, uno dei più contrari: “Noi non facciamo pane con la farina della Casaleggio associati”. Quindi cosa resta? Perchè, se davvero Salvini e Di Maio resteranno in cagnesco lontani da un accordo, qualcosa resterà . Cosa? Una mossa del presidente Mattarella: ormai nel Pd se l’aspettano anche i renziani e di fronte a questa prospettiva preparano lo scongelamento.
Perchè in questo caso, vale a dire nel caso in cui il capo dello Stato dovesse fare un appello alla responsabilità di tutte le forze politiche per dare un governo al paese, anche il Pd sarà chiamato in causa e pure Renzi vorrà dire la sua, intestarsi lo scongelamento. A quel punto l’Aventino attuale sarà solo un ricordo.
L’iniziativa però – è la condizione essenziale – deve essere di Mattarella.
Nemmeno di Salvini, ragionano nel Pd, in riferimento alle aperture del leader della Lega su un “terzo nome” per la premiership.
Se scongelamento sarà , non succederà a stretto giro. Per domani, i Dem scommettono su un mandato esplorativo alla presidente del Senato Maria Alberti Casellati.
Se ne parla molto in Senato nei capannelli di Transatlantico, mentre in aula il dibattito sulla Siria cristallizza le distanze tra Lega e Cinquestelle e fotografa tante assenze nei banchi del Pd: abbastanza imbarazzante per un’informativa del Dem Gentiloni.
Seduto in aula di fianco alla senatrice Simona Malpezzi, Renzi si diverte a scrivere un elenco degli assenti e dei presenti: tra i primi, anche il nome dell’ex capogruppo Luigi Zanda, il più critico del segretario dimissionario.
Tornando alla Casellati, nessuno tra i Dem nutre molte speranze sul suo eventuale mandato esplorativo. Servirà però a prendere altro tempo. Nel giro di consultazioni che la seconda carica del Senato dovrebbe avviare con i partiti, il Pd andrà a dire no ad ipotesi di governo insieme alla Lega oppure insieme al M5s.
Oggi il vicepresidente della Camera Ettore Rosato lo ha spiegato anche a Renato Brunetta di Forza Italia in un colloquio in Transatlantico alla Camera.
Il succo: il Pd non ci sta nemmeno ad appoggiare un governo di centrodestra con un’astensione tecnica. Si tratta di un’ipotesi messa nel conto dai Dem subito dopo le elezioni, ora cade anche questa. “E poi quale centrodestra? Sulla Siria hanno tre linee…”, sono le parole di Rosato. Brunetta lo sa.
Troppe divisioni, solo Mattarella può rattopparle, è la sintesi che gira tra i parlamentari Dem. Non ora, tra un po’.
E a quel punto il film potrebbe essere diverso da quello visto finora.
(da “Huffingtonpost”)
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