RIFORME, PARTITI IMMOBILI: TRA PDL E PD E’ L’ORA DEL GRANDE SCARICABARILE
NEI DUE PARTITI C’E’ CHI ACCUSA: E’ STALLO PERCHE’ I LEADER NON CI HANNO MESSO LA FACCIA
Napolitano, al quale non mancano le informazioni, vede che le trattative sulla legge elettorale non approdano da nessuna parte.
Per cui denuncia lo stallo nella speranza di smuovere le acque. è come se l’uomo del Colle dicesse ai partiti: «Vi siete impantanati, ce ne siamo accorti, inutile che continuiate a fingere di negoziare, almeno abbiate il coraggio di litigare davanti a tutti…».
Le prime reazioni non autorizzano alcun ottimismo.
Tanto il Pd quanto il Pdl si giustificano dando ciascuno la colpa all’altro.
Tra i presidenti di Senato e Camera divampa una polemica sotterranea sulla responsabilità dei ritardi.
Quel che è peggio, nei cassetti della Commissione affari costituzionali giacciono ben 35 proposte, tutte però a titolo individuale.
La colpa, punta l’indice il referendario Parisi, è tutta di «A-B-C» (Alfano, Bersani, Casini) che non hanno fin qui avuto il coraggio di metterci la faccia, affidando la trattativa ai cosiddetti «sherpa».
In verità , qualche mezza intesa era stata raggiunta prima delle scorse Amministrative sulla cosiddetta bozza Violante-Quagliariello, un mix di sistema tedesco e spagnolo, un po’ proporzionale e un po’ maggioritario, che favoriva i grandi partiti senza troppo umiliare i piccoli.
Poi però il fenomeno Grillo ha spiazzato tutti, seminando il panico negli stati maggiori di Pd e Pdl.
Al sistema messo a punto da Violante e Quagliariello è stata rivolta l’accusa di non garantire maggioranza sicure, quando si apriranno le urne nell’aprile 2013. è spuntata così una nuova coppia di negoziatori, Migliavacca e Verdini.
Stessa base di partenza (un sistema di tipo proporzionale) con premio di maggioranza. Quasi due mesi di tira-e-molla sulla misura del premio, su chi ne dovrebbe godere e sul modo di restituire agli elettori la scelta dei propri rappresentanti.
Nessun passo avanti, semmai indietro, perchè ciascuna nuova proposta è stata volta ad avvantaggiare la propria parte politica con motivazioni più o meno nobili.
Il Pd vorrebbe un «premione» alla coalizione vincente perchè con la foto di Vasto, oppure in alleanza con Casini, non ci sarebbe partita.
Preferisce, come ovvia conseguenza, il metodo dei collegi uninominali, dove viene eletto chi arriva primo.
Il Pdl gradirebbe l’esatto rovescio: un premio non grande ma piccino, attribuito non alla coalizione ma al partito vincente; e preferenze anzichè collegi, ma senza chiudere la porta alla seconda ipotesi.
Alfano le tiene vive entrambe, quasi a suggerire uno scambio: noi vi concediamo i collegi abbandonando le preferenze, voi rinunciate al premio di coalizione e inghiottite il premio al partito vincente… Può essere che Bersani ci stia, nel qual caso l’intesa sarebbe fatta.
Conosceremo la risposta entro pochi giorni. In caso il Pd non fosse d’accordo, si comincerebbe a votare sulle varie proposte, in modo palese in Senato e a scrutinio segreto a Montecitorio. Un ruolo decisivo lo avrebbero Casini e Di Pietro.
Pure la Lega tornerebbe a dire la sua.
Può essere che, per non correre rischi, i due maggiori partiti alla fine ritornino sui loro passi, e recuperino dal cestino la bozza Violante-Quagliariello.
Napolitano pare volesse capire, nei giorni scorsi, come mai era stata accartocciata così in fretta.
Al momento il governo non intende entrare nella partita, ma col ministro Riccardi si dichiara «interessato».
E in fondo, cosa possono pensare di noi i mercati senza una legge elettorale che garantisca stabilità politica?
Anche questa è materia di spread.
Ugo Magri
(da “La Stampa“)
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