ROMA E IL PARADOSSO RAGGI: ATTACCATA DA TUTTI E’ L’UNICA CANDIDATA VERA IN CAMPO
LA SUA ASSOLUZIONE FA SALTARE OGNI IPOTESI DI ACCORDO TRA M5S E PD, ALLONTANA CALENDA DAI DEM, MENTRE IL CENTRODESTRA NON TROVA ACCORDO SUL CANDIDATO
Ha postato le immagini dell’inaugurazione del presepe in piazza del Campidoglio, ha presenziato alla donazione di 300 pasti a ex detenuti in difficoltà , ha annunciato l’abolizione del canone agli operatori di car sharing a Roma.
Il Natale di Virginia Raggi è un Natale di frenetico attivismo e “di luci accese per guardare avanti con fiducia”.
Messaggio, quest’ultimo, lanciato ai suoi concittadini ma soprattutto a se stessa, sindaca che quest’ultimo scorcio dell’anno ha fatto diventare icona del paradosso.
Attaccata dai suoi compagni di Movimento, derisa dagli esponenti di tutti gli altri partiti e confinata dai sondaggi a una percentuale che supererebbe di poco il 20 per cento, l’avvocata è stata rilanciata dall’assoluzione nel processo nomine e ora è, oltre al tenace Calenda che duella col Pd e al momento ha solo l’appoggio di “Azione”, l’unica vera candidata alla sua successione.
Colpi di coda di questo 2020 imprevedibile. Un amministratore uscente (amministratrice in questo caso) che nelle formule della politica è solitamente una costante diventa una variabile impazzita, capace di complicare i giochi delle maggiori forze, o coalizioni, e insieme di metterne a nudo incertezze e ritardi.
Non aspettavano l’ora di vedere Raggi fuori campo gli stessi maggiorenti grillini, Di Maio in testa, pronti a sacrificare Roma sullo scacchiere di un accordo nazionale sulle candidature nelle grandi città al voto, che prevede per i 5Stelle Napoli (leggi Roberto Fico) e non la Capitale.
Invece i vertici pentastellati sono ora “costretti” a sostenere la discussa inquilina del Campidoglio. Sì, proprio lei diventa d’un tratto paladina del Movimento, lei vista anche da Beppe Grillo come la sorella meno brava (eufemismo) dell’altro volto femminile della conquista delle metropoli, di quella Chiara Appendino che invece alle prossime elezioni non ci sarà .
Sull’altro campo un’eventuale condanna della sindaca di Roma avrebbe agevolato il Pd, che un pensierino (più di uno) a un’intesa con l’altro partner dell’unione giallorossa che sostiene Conte lo ha sempre fatto. E invece come si può proseguire il dialogo con un Movimento che ha come espressione la donna definita da Zingaretti “il principale problema di Roma?”.
Situazione che, peraltro, ha pure portato alla rottura del già esile filo del confronto con Carlo Calenda, il quale continua a maramaldeggiare sulla mancanza di candidati da parte dei dem. E non ha tutti i torti, visto che i rumors su una figura forte pronta a scendere nell’agone (Paolo Gentiloni, lo stesso Zingaretti) si sono spenti rapidamente.
Il fatto è che neppure il centrodestra ha un nome, atteso che Giorgia Meloni (altra leader di partito nata e cresciuta a Roma) non gradisce l’opzione Bertolaso e le bocce sono ferme.
Non è azzardato parlare di una rivincita per la prima cittadina costretta sempre a remare controvento, sfidando mai sopite accuse di malgoverno e sberleffi.
Ora Raggi si concede persino l’ironia di paragonarsi a Spelacchio, l’albero di piazza Venezia “deriso e poi rinato, come questa amministrazione”.
Si lascia persino andare a un tweet d’orgoglio nel rispondere a Vittorio Sgarbi che l’ha paragonata a una cameriera: “Io nella mia vita ho lavorato e tra le tante cose ho fatto anche la cameriera, che è un lavoro più che dignitoso”. E per questa reazione ha finito per ricevere pure applausi.
L’impavida Virginia non vincerà , probabilmente, seppur adesso si veda come naturale avversaria del centrodestra al ballottaggio. Ma, in attesa di un voto che potrebbe anche slittare oltre la primavera, il suo successo l’ha già ottenuto: ha indotto i big grillini diffidenti a inghiottire la sua presenza e si può specchiare nel vuoto di candidature di Pd, meloniani, berlusconiani e salviniani.
Chi l’avrebbe mai detto?
(da “Huffingtonpost”)
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