SALVINI DICE SI’ A DRAGHI E IN EUROPA LA LEGA VOTA IL RECOVERY MENTRE I SOVRANISTI EUROPEI DICONO NO
LA MARCIA DI AVVICINAMENTO AL PPE DOPO AVER RINNEGATO LE PROPRIE IDEE
Il primo sì parlamentare al governo Draghi la Lega lo esprime a Bruxelles. Nel giro di pochi giorni, dalla svolta della scorsa settimana a sostegno del tentativo dell’ex governatore della Bce di formare un governo, Matteo Salvini capovolge la posizione del partito sul regolamento della ‘Recovery and resilience facility’, il cuore del recovery fund. Dall’astensione votata in Commissione all’Europarlamento nemmeno un mese fa, gli eurodeputati leghisti passano al sì in plenaria.
Un sì che annuncia il voto favorevole alla fiducia per il governo Draghi in Parlamento in Italia. Ma quello di oggi è proprio un sì ‘sulla fiducia’ a Draghi, che, secondo la nuova linea del Carroccio, ha lo standing adeguato per limare le criticità del regolamento approvato dall’Eurocamera. Ma questo sì apre una crepa nel gruppo sovranista ‘Identità e democrazia’, di cui la Lega detiene la presidenza.
Il resto di Identità e Democrazia, a cominciare dai lepenisti del Rassemblement National per finire all’ultra-destra tedesca Afd, non sostiene il regolamento sulla ‘Recovery and resilience facility’. Eppure per ora le tensioni non deflagrano, se si eccettua il battibecco tra il presidente Marco Zanni e il tedesco Jorg Meuthen proprio sulla figura di Draghi, il leghista lancia in resta a difendere l’ex presidente della Banca Centrale dagli attacchi teutonici.
Per ora la Lega resta nel gruppo sovranista, seppure in una posizione molto complicata, nè le altre delegazioni nazionali di Identità e democrazia mostrano interesse ad espellere la testa del gruppo: la delegazione della Lega è la più numerosa, 29 parlamentari, da qui la presidenza assegnata a Zanni. Perderli significherebbe perdersi.
E pur di non disperdersi, gli alfieri del sovranismo anti-europeista si ‘inventano’ la formula secondo cui “soprattutto sulle decisioni economiche, ogni delegazione ha libertà di voto”, ci dice una fonte parlamentare del gruppo ‘Identità e democrazia’.
Dunque, nessuna decisione formale, sebbene la temperatura sia alta nel gruppo sovranista, più eterogeneo che mai. Afd è partito impegnato nella campagna elettorale in vista delle politiche in Germania il 26 settembre, contro la Cdu di Angela Merkel e gli altri partiti europeisti tedeschi. E anche il Rassemblement National si calerà presto nella campagna elettorale per le presidenziali dell’anno prossimo in Francia contro Emmanuel Macron. Non è il periodo buono per seguire il tentativo di svolta europeista di Salvini, ammesso che ce ne fosse la volontà da parte di Marine Le Pen e dell’ultra-destra tedesca, cosa che non è all’orizzonte.
E allora per ora si preferisce concedere libertà di voto: del resto, quando mai i sovranisti sono stati compatti visto che per costituzione sono divisi dagli interessi nazionali sull’immigrazione, per dire, e anche sulle materie economiche?
I nazionalisti del nord-Europa sono sempre stati contrari al pacchetto di aiuti anti-crisi messo in campo dall’Ue. “Non un centesimo per l’Italia”, disse l’alleato di Salvini in Olanda, l’ultra-nazionalista Geert Wilders, l’estate scorsa alla vigilia dell’approvazione del Next Generation Eu da parte del Consiglio Europeo.
Ma, malgrado Identità e democrazia tenti di far finta di niente, il passaggio della Lega su un crinale di governo con il banchiere Draghi segna inevitabilmente il futuro del sovranismo anti-europeo. Salvini era diventato il punto di riferimento per tutti gli altri partiti dell’ultra-destra in Europa. D’ora in poi non sarà più così, sempre che la conversione leghista regga alla prova del governo, all’impatto con i sondaggi, alla competizione con Fratelli d’Italia.
Quanto alla Lega, non è un mistero che per il futuro l’intento è di lasciare i sovranisti per aderire al Ppe, la famiglia politica più grande in Europa, che comprende dalla Cdu di Merkel a Forza Italia di Berlusconi fino a Fidesz di Orban, pur sospeso dal partito da ormai due anni per le violazioni dello stato di diritto in Ungheria. C’è posto anche per Salvini?
Il presidente del gruppo dei Popolari, il tedesco Manfred Weber, non si sbilancia ma non chiude la porta. “La mia speranza – dice – è che la gente capisca che viviamo in un mondo globalizzato e che nessuno può governare un Paese come l’Italia o la Francia, la Spagna o la Germania, senza un approccio favorevole a riforme costruttive e senza la volontà di dare contributi pro-europei. Se ci sono persone disposte ad avere un comportamento costruttivo e pro-europeo, io come leader Ppe lo accoglierò sempre con favore. Questo vale per tutti, anche per la Lega”.
Ma nel Ppe non la pensano tutti come Weber: ci sono le delegazioni del nord che da due anni chiedono l’espulsione di Orban. Non l’hanno ottenuta, a maggior ragione non faranno sconti a Salvini.
(da “Huffingtinpost”)
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