SALVINI IN PELLEGRINAGGIO ALL’AMBASCIATA USA: MESTO INCONTRO TRA DUE ORFANI TRUMPIANI
RIPOSIZIONAMENTO IN VISTA DOPO LA VITTORIA DI BIDEN… L’AMBASCIATORE EISENBERG, FINANZIERE LEGATO A TRUMP, RIENTRA IN PATRIA E DOVRA’ RINUNCIARE AGLI INCONTRI FREQUENTI CON I SOVRANISTI ITALIANI
Un pranzo cordiale e rilassato a Villa Taverna per ribadire simpatia e stima reciproca, e soprattutto per salutarsi. Matteo Salvini, accompagnato dal numero due leghista Giancarlo Giorgetti, ha incontrato l’ambasciatore americano Lewis M. Eisenberg, che presto lascerà Roma per rientrare in patria.
I due, che hanno un saldo e “intenso” rapporto di conoscenza, e in passato si sono visti molte volte, hanno discusso dello scenario internazionale dopo le elezioni alla Casa Bianca e dei possibili riflessi sulle relazioni tra Roma e Washington.
“I rapporti tra Italia e Stati Uniti d’America e tra la Lega e la democrazia americana sono solidi e lo saranno sempre di più” ha detto poi il leader della Lega. Nessun appuntamento americano in agenda, complice anche la fase di pandemia che il mondo vive, pochi contenuti politici in senso stretto, ma un lungo scambio di opinioni e di analisi tra i due.
La sensazione è stata, però, quella – condita da un pizzico di “mestizia” – di un ciclo che si chiude: quello delle relazioni tra i dei due Paesi improntate al “sovranismo” e al nazionalismo.
Eisenberg, designato da Donald Trump di cui è amico personale, finanziere di lungo corso a Wall Street e tesoriere dei Repubblicani, si è molto speso in passato per riportare Salvini ministro dell’Interno nel solco di un rapporto transatlantico più solido e meno cedevole alle lusinghe della Russia.
Ed è probabile che il politico statunitense, che ha rassegnato come di prammatica le proprie dimissioni ancora prima del risultato elettorale e che descrivono sereno alla prospettiva di rientrare negli Usa per dedicarsi alla famiglia, abbia ricordato al segretario della Lega i “pericoli” di un eccessivo feeling politico con Mosca. E magari gli abbia suggerito un approccio più “prudente”.
Del resto, sebbene la “transition” alla Casa Bianca sia ancora in corso e il successore di Eisenberg non sia ancora stato scelto, il futuro è limpido: “Non importa chi arriverà a Via Veneto. E’ arrivato Biden” ripetono concordi ambienti americani. Vale a dire che la “svolta” in politica estera c’è già stata: si va verso uno schema multilaterale, dove il dialogo con la (e nell’) Unione Europea peserà molto di più.
Un approccio su cui Giorgetti punta non da adesso, spingendo il Capitano a interloquire — se non qualcosa di più — in modo stabile con il Ppe, ad aprire un dialogo proficuo con le cancellerie della “vecchia Europa” (e non soltanto con l’Ungheria e la Polonia) e, da ultimo, a non “incatenarsi” alla poltrona di Trump più di quanto faccia il presidente uscente stesso.
Non a caso, il responsabile Esteri è stato il primo a commentare la sconfitta di Trump: “Per noi non cambia nulla. Siamo assolutamente interessati a dialogare con l’amministrazione Biden. E’ importante farlo, se vogliamo andare al governo”.
La situazione, infatti, è cristallina: Trump ha cercato un asse privilegiato con il populismo della Lega e di FdI, il nuovo corso cercherà piuttosto “un rapporto con l’Italia”. Comincia una partita nuova, e bisognerà giocarla con regole diverse.
Si tratterà di capire se Salvini — che somma questo incontro a quelli recentissimi con i sindacati e Confindustria — sarà in grado di intercettare questa nuova fase. E di capitalizzarla.
Perchè anche in Italia le cose sono cambiate: l’ex titolare del Viminale è apparso “nervoso”, deluso dagli attriti con Silvio Berlusconi e ancora in cerca di una direzione di marcia vincente da contrapporre a quello che, fino a una settimana fa, appariva un anziano leader, tutto sommato poco interessato alle dinamiche parlamentari, e che adesso ha ritrovato centralità e interlocuzioni sul palcoscenico nazionale.
Una somma di circostanze che ha reso velatamente malinconico il pranzo odierno tra i due “amici” d’oltreoceano.
Insieme, “Matteo” e “Lew” hanno salutato anche la fine di un’avventura.
(da “Huffingtonpost”)
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