SALVINI: “LA PAZIENZA E’ FINITA”. FIGURATI LA NOSTRA A SENTIRE LE TUE CAZZATE
ATTACCA DRAGHI MA POI ESCLUDE LO STRAPPO
“La pazienza è finita”. Matteo Salvini lo ripete spesso, in queste ore, nei conciliaboli con i fedelissimi che fanno da sfondo all’ultima battaglia leghista. Non molla, il segretario del Carroccio, convinto com’è che al governo Draghi non debbano essere fatti più sconti.
Chi gli è stato sempre al fianco, in queste ore, lo dice senza mezzi termini: “Siamo entrati in un esecutivo di unità nazionale per senso di responsabilità ma non possiamo continuare a ingoiare rospi, come questa delega fiscale, per regalare dividendi elettorali a Fratelli d’Italia”.
C’è aria di rivolta, almeno nella corte ristretta del Capitano, e si continua a non escludere anche l’extrema ratio di un’uscita dall’esecutivo. Difficile che accada, almeno fino all’elezione del Capo dello Stato: perché il senatore milanese ha tutta l’intenzione di giocarsela, la partita del Quirinale.
Anzi, sa bene che un effetto collaterale del pressing leghista, destinato ad aumentare, potrebbe essere un cedimento del premier alla stanchezza e all’insofferenza nel tenere a bada una coalizione rissosa: la conseguenza sarebbe un maggiore interesse, da parte di Draghi, per la via del Colle e dunque una maggiore probabilità di elezioni anticipate. E quest’ultima ipotesi rimane, per Salvini e Giorgia Meloni, la soluzione privilegiata.
Nel suo continuo gioco dell’elastico, il numero uno di via Bellerio frena e attende l’incontro con Mario Draghi: si dice “rassicurato” dalle garanzie fornite dal presidente del Consiglio che in Slovenia ha negato qualsiasi nuova tassa sulla casa (cosa che, in realtà, aveva fatto anche martedì) ma le distanze rimangono.
Salvini, infatti, insiste che si cancelli dalla delega ogni accenno alla revisione, anche futura, degli estimi, indicando con precisione due commi da cancellare: un appello che solo formalmente fa al Parlamento. È a Draghi che Salvini parla. E stavolta lo fa su una materia meno scivolosa rispetto a quella dei vaccini e del Green Pass – che per lui si è rivelata un boomerang – e lo fa pure con la solidarietà dei ministri e dei governatori.
Disposti a seguirlo, sia chiaro, sul punto specifico ma non sulla strada di un’eventuale crisi.
Discorso a parte va fatto per Giancarlo Giorgetti, il capodelegazione che martedì – nel pomeriggio della rottura – a Palazzo Chigi non si è fatto vedere. Salvini non esprime giudizi ma fonti leghiste riferiscono di un crescente malessere fra i colonnelli nei confronti del ministro dello Sviluppo economico, accusato di fare la voce grossa contro Draghi in privato e poi il filodraghiano in pubblico.
C’è chi riferisce di un Giorgetti che, nei mesi scorsi, nei colloqui con i colleghi di partito si sarebbe spinto fino a minacciare di rimettere la delega se il governo fosse giunto a valutare l’obbligo vaccinale.
E altrettanto duro sarebbe stato su alcuni aspetti del Green Pass, salvo concedere a Salvini l’onere e l’onore della “martellata finale”.
I veleni circolano velocemente, in una Lega scossa dal risultato elettorale, ed è il tempo del regolamento dei conti. Unica certezza, va detto, è che Giorgetti anche ieri è rimasto in silenzio, impegnato nei tavoli di crisi industriali.
Il segretario, invece, intende perseverare nella strategia dell’assalto, in quella linea di “maggiore incisività” annunciata minacciosamente (“Sarò molto più concreto e diretto”) nelle ore dello spoglio.
E si annunciano nuovi fronti: il prossimo consiglio dei ministri dovrà affrontare la questione delle capienze, sulla quale Salvini ha già annunciato opposizione. Dicendo ad esempio no al tetto del 35 per cento per le discoteche. E in Parlamento dovrà sbarcare l’ultimo decreto sul Green Pass.
La campagna d’autunno del Capitano, in attesa di sviluppi, un risultato l’ha prodotto: la frattura con Forza Italia.
Ieri, a turno, i ministri azzurri sono tornati a criticare con veemenza Salvini. Renato Brunetta sottolinea: “A forza di strappi si va a sbattere”. Esplicita Mara Carfagna: “Gli equilibri del centrodestra sono scossi dalla gara elettorale fra Meloni e Salvini. Ed anche i risultati poco soddisfacenti in alcune città mostrano che è davvero ora di smetterla”.
E invece i due leader sovranisti vanno sempre più a braccetto: in totale accordo sulla delega fiscale, si sono sentiti ieri per concordare una manifestazione elettorale.
La tentazione di una reunion fuori dalla maggioranza è forte, per Salvini. Che però sa pure che, in questa eventualità, il governo andrebbe avanti con una maggioranza Ursula, dai 5S a Fi. Non sarebbe certo la fine di Draghi. Ma del centrodestra sì.
(da LaRepubblica)
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