SALVINI NELLA MORSA BERLUSCONI-DI MAIO: L’ACCORDO SUL PREMIER NON C’E’
LA GIORNATA SI CONCLUDE DA DOVE ERA PARTITA, CON UN NULLA DI FATTO… IL “TERZO NOME” GRILLINO NON ESCE
Il grande gioco del governo si trasforma per l’ennesima volta nella più classica delle partite a Monopoli. Si ritorna in prigione senza passare dal via.
Uno stallo determinato dall’insistenza del Movimento 5 stelle sul nome di Luigi Di Maio, e dalla Lega a dire ostinatamente di no.
Così ecco che si materializza di nuovo la formula fatidica: nome terzo. Che sia un 5 stelle, però, magari un nome pesante d’area. Ma non un tecnico.
Con Silvio Berlusconi che si inserisce come variabile impazzita nella battaglia, e attacca la Lega accusandola di aver rotto il centrodestra.
Indebolendo in un momento clou la forza contrattuale di Salvini nella trattativa.
Il leader del Carroccio si sente morso, e reagisce in due direzioni. Da un lato con una nota durissima taccia gli azzurri di tradimento.
Dall’altro porta il Consiglio federale a sbattere in faccia al futuro alleato un no secco sul suo nome e a farsi dare mandato a trattare su un premier che sia sì del Movimento 5 stelle, ma che non abbia il nome e il cognome del suo leader.
È una giornata spartiacque, fatta di una girandola di telefonate tra i tre leader (con il segretario delle camicie verdi come perno), incontri segreti, forse mai avvenuti, inseguimenti in macchina, depistaggi.
Che si conclude sostanzialmente da dove era partita. Con i 5 stelle che incassano sì l’ok a un loro esponente per Palazzo Chigi, a patto che non sia il leader.
A via Bellerio si riuniscono i vertici. Incontro chiusissimo, dal quale Salvini esce sgommando, seguito a ruota dai suoi, finestrini alzati e bocche cucite.
L’unico che accetta di fermarsi, alla domanda sul capo politico 5 stelle al timone del futuro esecutivo, risponde con un poco eufemistico “Col c…o”.
Dando il polso di una giornata dove le tensioni dei non detti hanno fagocitato l’apparente ottimismo delle dichiarazioni.
Più prudente il leghista, con una girandola di “qualunque governo ci sarà dovrà fare”, più ottimista lo stellato, con i suoi “il governo del cambiamento è a un passo”.
Di Maio ribadisce: “Se sono io il problema sono pronto a fare un passo indietro”. Le stesse parole di due settimane fa, che confermano indirettamente che il ragazzo di Pomigliano è stato, è, e continua a essere in pista. “A breve avrete notizie” sulla casella apicale del futuro esecutivo, spiega. I suoi spargono cautela, e traducono quel “a breve” con un “non prima di domenica”.
Il problema è che un profilo alternativo che abbia le skills per incarnare le caratteristiche di un primo ministro il Movimento non lo ha.
Quindi tornano a circolare all’impazzata i nomi di Emilio Carelli, Alfonso Bonafede, Vincenzo Spadafora e Vito Crimi.
Insieme a quello del professore amministrativista Giuseppe Conte, già nel governo ombra 5 stelle come ministro della Pa e candidato a Chigi per una manciata di ore appena una settimana fa.
Nessuno convince appieno. E nonostante le tante telefonate intercorse tra i due capi politici fin dalla mattinata di venerdì, probabilmente ci sarà bisogno di un nuovo incontro.
Filtra che potrebbe essere domenica tra la mattina e il primo pomeriggio, ma in agenda ancora nulla è stato confermato.
Su tutto incombe l’orologio del Quirinale, che continua a ticchettare minaccioso sui due trattativisti. Lunedì è il giorno entro cui si attende venga comunicato il prescelto e salga al Colle.
Le ore avanzano, i giorni passano, e la situazione non si sblocca.
Si apre un fine settimana ad alta tensione.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply