SALVINI PROVA A TRADIRE IL CENTRODESTRA: PATTO DI DESISTENZA COI CINQUESTELLE
PRIMO ATTO: AFFOSSARE BERTOLASO… POI APPOGGIO A M5S A ROMA E TORINO PER AVERE IN CAMBIO APPOGGIO ALL’EX ZECCA ROSSA DI BOLOGNA: I VECCHI AMORI DI UN EX LEONCAVALLINO NON SI DIMENTICANO… MA HA IL DIFETTO DI PARLARE TROPPO E RESTERA’ CON UN PUGNO DI MOSCHE
Il ben informato Francesco Bei su “La Stampa” ha anticipato i contorni dell’operazione:
È tutto pronto, la strategia è stata studiata nei giorni scorsi. Matteo Salvini farà fuori Guido Bertolaso, il candidato di Berlusconi a Roma. Infilzandolo il prossimo fine settimana con la stessa arma scelta dal leader di Forza Italia per plebiscitare l’ex capo della Protezione civile: le gazebarie. La «gazebata» (copyright Maria Stella Gelmini) prevede un centinaio di chioschi aperti per far esprimere gli elettori romani su un quesito semplice: siete d’accordo con la candidatura di Bertolaso? Non essendoci altri nomi sulla scheda, i cittadini potranno mettere una croce sul sì oppure sul no.
Tutto scontato? Non proprio. I leghisti hanno infatti deciso di rovinare la festa a Berlusconi. E quella che avrebbe dovuto essere un’incoronazione, rischia di trasformarsi in un disastro. Il piano di Salvini prevede infatti di saturare i gazebo forzisti con una massa di elettori pronti a votare “No” a Bertolaso.
L’attacco avrebbe dovuto essere pianificato ieri tra lo stesso Salvini e lo stato maggiore leghista nella Capitale (il vicesegretario Giancarlo Giorgetti e il commissario laziale Gian Marco Centinaio). Riunione poi saltata all’ultimo minuto. Ma il capogruppo alla Camera Massimiliano Fedriga, dietro le quinte della trasmissione Omnibus, qualcosa si è lasciato sfuggire: «A queste consultazioni di Forza Italia si può votare sì… ma immagino si possa votare anche no. E se Bertolaso venisse bocciato, Berlusconi dovrebbe prenderne atto».
Certo, i leghisti mettono in conto anche un controllo capillare del voto da parte dei forzisti. Decisi a non farsi travolgere dalle truppe cammellate di Salvini.
Ma qui l’ottimo Bei commette un errore di sopravalutazione: nella migliore delle ipotesi Salvini a Roma conta elettoralmente meno della metà di Forza Italia e un quarto delle forze di Fdi.
In pratica non conta una mazza, al massimo può portare 1000-2000 persone a votare no a Bertolaso, ammesso che individuino la casella.
E lo stesso Bei passa oltre sulle intenzioni del grande stratega:
Il Carroccio ha pronto anche un piano di riserva, nel malaugurato caso Bertolaso venisse comunque incoronato dalle urne. Se infatti Berlusconi, come sembra, dovesse insistere, la Lega è già pronta a mollare gli ormeggi. E presentarsi da sola nella Capitale con un proprio candidato di bandiera . Con quale volto? «Irene Pivetti potrebbe essere quella giusta», confida Fedriga. Ma ci sarebbe anche l’ipotesi di una corsa tutta sulla fascia destra, con un candidato lepenista come Francesco Storace. «Se la lega converge su di me – dice l’ex governatore del Lazio – di sicuro prende una barca di voti». Ma è improbabile che regalare «una barca di voti» a Storace (o Pivetti) sia l’obiettivo di Salvini.
Ulteriore commento: non è questa la strategia, se non come extrema ratio. La Pivetti porta al massimo il voto del cardinal Ruini, quanto a Storace, se si alleasse con la Lega, i voti li perde lui e li fa pure perdere a Salvini. Improponibile.
Ma arriviamo al dunque, secondo Bei:
Le voci più affidabili su quanto viene discusso a via Bellerio, sede federale della Lega, descrivono un quadro molto più credibile e interessante. Che chiama in causa direttamente il Movimento Cinque Stelle. Negli ultimi tempi infatti colpiscono i ripetuti attestati di stima che il segretario elargisce a due candidate grilline: la romana Veronica Raggi e la torinese Chiara Appendino. «Entrambe – ha ripetuto ieri alla Zanzara su Radio24 – hanno le idee chiare su quello che bisogna fare. Se nelle due città ci fosse un ballottaggio tra Pd e Grillo, voterei certamente per i candidati dei 5 Stelle».
Questo rinnovato endorsement sulle due ragazze M5s nasconde l’ultimo elemento del piano leghista. Un patto occulto di desistenza tra Lega e Movimento 5 Stelle per lanciare reciprocamente Appendino a Torino, Raggi a Roma e i due candidati leghisti a Bologna e Novara. Una desistenza mascherata, che prevede il voto disgiunto nelle quattro città : a Roma e Torino i leghisti metteranno una croce sulla propria lista e sulla candidata sindaca grillina; in cambio a Bologna e Novara il M5s non si scalderà troppo per far arrivare al ballottaggio i propri candidati. Lasciando spazio a quelli del Carroccio.
Questa è l’idea ovviamente di Salvini, non certo quella dell’elettorato grillino.
Il problema lo ha Salvini che a Roma e a Torino va incontro a due brucianti sconfitte, non certo i Cinquestelle che di Novara possono anche fregarsene, ma non certo di Bologna.
A Bologna chi rischia di più è l’ex zecca rossa Borgonzoni, imposta da Salvini come unica candidata sindaco del centrodestra, nonostante la contrarietà di Forza Italia e Fdi su una che ha un lungo passato come esponente dei centri sociali.
Vogliamo vederli gli elettori della Meloni che vanno a votare la “sindachessa della fattanza”, come viene soprannominata la leghista in città .
In conclusione: Salvini è all’angolo e cerca di sabotare il centrodestra per favorire solo i suoi due candidati locali.
Con Maroni e Zaia che aspettano sullle rive del fiume un suo passo falso.
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