SE LA POVERTA DIVENTA UN DESTINO ALLA NASCITA
L’ITALIA HA UN TASSO SUPERIORE RISPETTO ALLA MEDIA EUROPEA
Sperimentare condizioni di povertà e grave deprivazione da bambini e adolescenti espone al rischio di essere poveri da adulti anche nei Paesi ricchi e democratici. Le ragioni sono note: i genitori poveri hanno meno risorse da investire nell’educazione – scolastica e non – dei figli e meno capitale sociale da trasmettere loro.
Le famiglie povere, inoltre, spesso vivono in contesti poveri anch’essi, che quindi offrono poche opportunità di integrare la scarsità di risorse familiari – educative, culturali, di capitale sociale e relazionale.
La persistenza intergenerazionale della povertà in società democratiche pone quindi un serio problema rispetto alla democrazia stessa, alle condizioni di pari opportunità che non sempre garantisce a tutti, a partire dai più piccoli, trasformando l’origine di nascita in un destino.
Un problema che, tuttavia, non presenta la stessa intensità dappertutto. È quanto emerge dall’analisi dei dati di un’indagine retrospettiva effettuata nel 2019 da ù
Eurostat all’interno dell’annuale indagine sulle condizioni di vita (EU-Silc) in 30 Paesi europei. Ne ha parlato ieri all’Università di Roma 3 Brian Nolan, professore di politiche sociali dell’Università d Oxford.
Considerando due diverse misure di povertà sperimentata da piccoli, una “ristretta” (aver fatto parte di una famiglia in difficoltà economica e seriamente deprivata) ed una “ampia” (far parte di una famiglia vuoi in difficoltà economica, vuoi seriamente deprivata, i cui i genitori erano a bassa istruzione e di classe operaia o disoccupati), si riscontra non solo un’ampia variazione nell’incidenza di queste condizioni tra Paesi, ma anche una forte variazione nell’incidenza della sua trasmissione intergenerazionale per entrambe le misure. Ciò conferma anche, e forse più, per la povertà il fenomeno che è stato chiamato Grande curva di Gatsby nel caso della mobilità intergenerazionale, ovvero che la mobilità sociale intergenerazionale è più ridotta là dove la diseguaglianza è maggiore.
Nel caso della povertà, la sua trasmissione intergenerazionale è maggiore nei Paesi in cui la sua incidenza è più alta, anche se vi sono eccezioni. Norvegia e Finlandia, infatti, hanno bassi tassi di povertà in entrambe le generazioni, ma un tasso di trasmissione comparativamente alto.
Agli estremi opposti si trovano Svezia e Danimarca, ove il tasso sia di povertà, sia di trasmissione è molto ridotto e vicino allo zero, Bulgaria, Romania, Lituania e Slovacchia dove viceversa il tasso sia di povertà sia di trasmissione è più alto. L’Italia, insieme a Portogallo, Spagna e Grecia è tra i Paesi con un tasso elevato, superiore alla media Europea. A differenza di Spagna e Portogallo, ove invece è successo il contrario, è anche, insieme alla Grecia, uno dei Paesi in cui l’incidenza della povertà è aumentata passando dalla generazione dei genitori a quella dei figli. Non sorprendentemente, in tutti i Paesi, in grado maggiore o minore, il rischio di trasmissione intergenerazionale
della povertà si riduce allorché chi l’ha sperimentata da bambino è comunque riuscito a raggiungere un buon livello di istruzione e ad accedere ad una occupazione migliore rispetto ai genitori. Si pone quindi la questione di quanto questa possibilità sia disponibile ai bambini e adolescenti poveri in ciascun paese.
Da questi risultati Nolan, nella sua relazione, ieri ha derivato due conclusioni rilevanti per le policy.
La prima è che se si vuole ridurre la trasmissione intergenerazionale della povertà occorre innanzitutto ridurne l’incidenza complessiva nella popolazione, stante che crescere in povertà in un Paese povero, offre poche opportunità per uscire da questa condizione. Una indicazione che vale, certamente nel caso italiano, anche a livello sub-azionale, per il Mezzogiorno e le aree interne, ove maggiore è l’incidenza della povertà.
La seconda conclusione è che occorre intervenire anche sui meccanismi che favoriscono la riproduzione della povertà da una generazione all’altra. Sostenere economicamente le famiglie povere e garantire loro sicurezza e una vita dignitosa deve accompagnarsi a investimenti sulla salute e l’educazione dei bambini a partire dalla primissima infanzia e poi lungo tutto il percorso di crescita, per rompere il ciclo della riproduzione intergenerazionale della povertà. In questa l’aumento dell’incidenza della povertà nel passaggio generazionale, oltre che gli elevati tassi di trasmissione, riscontrato per l’Italia nel 2019 dovrebbe essere considerato con grande preoccupazione, tanto più che da allora la povertà è ulteriormente aumentata. Segnala non solo il forte rischio che la povertà diventi un destino, ma che, lungi dal rompersi, il ciclo della sua riproduzione intergenerazionale si rafforzi di generazione in generazione in assenza di interventi efficaci.
(da La Stampa)
Leave a Reply