SEQUESTRO FONDI LEGA, LINEA DURA DEI PM DI GENOVA PER ARRIVARE AI 48 MILIONI
CHIAMATI IN CAUSA SIA PARTITO CHE BOSSI PER RECUPERARE SOLDI RUBATI
Il dato fondamentale è chiaro: il tormentone del maxi-sequestro alla Lega Nord, e de ll’effetto domino che starebbe generando sulle scelte di alcuni maggiorenti, si protrarrà per un bel po’.
Nelle ultime ore la Procura di Genova ha infatti compiuto due scelte cruciali, ancorchè mascherate con qualche tecnicismo.
Ha nuovamente chiesto di poter sequestrare le somme che saranno depositate in futuro sui conti del partito di Salvini, fino a raggiungere quota 48 milioni, senza insomma fermarsi ai 2 milioni trovati finora.
E ha deciso di rilanciare contro Umberto Bossi, in questo caso chiedendo che nel processo di secondo grado sulla truffa al Parlamento i giudici dispongano la possibilità di bloccare somme anche a lui, e non soltanto al movimento.
Per orientarsi è necessario fissare alcuni paletti in ordine cronologico e ripartire dal 24 luglio scorso, quando Bossi e l’ex tesoriere Francesco Belsito vengono condannati a 2 anni e mezzo e a 4 anni e 10 mesi per le decine di milioni di rimborsi pubblici ottenuti fra 2008 e 2011 dalle camere, e usati per fare tutt’altro.
Il tribunale in quel frangente stabilisce la confisca di 48 milioni alla Lega, beneficiaria dello stanziamento, mentre non accoglie una parte della requisitoria del pubblici ministeri, che volevano cercare il denaro frugando pure nei patrimoni di Bossi e Belsito.
A luglio i giudici in pratica dicono: se la Cassazione confermerà i verdetti di colpevolezza, i 48 milioni andranno presi sui conti del Carroccio, non altrove. Tutto molto futuribile, sennonchè la Procura dopo poche settimane alza il tiro.
E chiede il sequestro immediato della somma come misura «cautelare», per evitare si volatilizzi completamente prima del terzo grado.
Poichè la sentenza, sul fronte confische-sequestri, ha messo nel mirino solo il partito e non le persone, la medesima Procura in quella fase ha “titolo” solo per concentrarsi sulla Lega.
Il tribunale accoglie l’istanza, dice insomma che non bisogna aspettare la Suprema Corte (quindi la confisca), ma si può agire subito (con un sequestro conservativo). E però con una postilla stabilisce che i pm si fermino alle somme trovate quel giorno (siamo ai primi di settembre). Gli inquirenti scovano poco meno di due milioni, ma non mollano.
E si rivolgono al Riesame per far cassare la postilla salva-Lega.
Sempre il Riesame dice che la clausola non vale nulla poichè scritta da un solo giudice e non da un collegio, e rispedisce la palla ai pm: se volete, gli spiegano, potete chiedere di proseguire con i sequestri «fino a 48 milioni» agli stessi tre magistrati che hanno condannato Bossi.
La Procura lo fa, ma il tribunale ordinario si oppone alla linea dura, ribadendo che i denari incamerati dal Carroccio in futuro non potrebbero avere alcuna «pertinenza» con il reato, e quindi bisogna rassegnarsi ai due milioni scoperti subito.
Partita chiusa? No, e qui vengono le ultime novità , che si sviluppano su due binari differenti.
I pubblici ministeri hanno da pochissimo fatto appello sul fronte sequestri, chiedendo di poter mettere le mani pure sugli introiti a venire (è il filone su cui i tempi sono più veloci e la risposta arriverà a breve). Non solo.
Dopo che sono state depositate le motivazioni della condanna per truffa a Bossi e Belsito, l’accusa ha deciso di andare in secondo grado anche sul piano “processuale” complessivo.
Chiedendo che la Corte d’appello non limiti la confisca, e quindi la possibilità di chiedere sequestri conservativi, solo alla Lega, ma la estenda «per equivalente» ai possedimenti di Bossi e Belsito.
Qui la risposta potrà arrivare solo dopo il nuovo processo sul raggiro al Parlamento – quindi fra qualche mese – e l’istanza è in fase di ultimazione, rappresentando comunque un’accelerazione pesante.
«Le nostre scelte – spiega il procuratore capo Francesco Cozzi nel confermarle entrambe – non sono dettate da alcun accanimento, ma solo dalla volontà di fissare principi precisi e definitivi».
Ecco perchè le “trattative” con gli avvocati della Lega, e l’ipotesi di garanzie immobiliari fornite dal partito mettendo a disposizione alcune proprietà , si sono interrotte: il Carroccio ormai spera di cavarsela con due milioni, mentre la Procura vuole arrivare fino in fondo.
Ed ecco perchè non si placano i sommovimenti politici. Basta pensare all’ultimo exploit di Roberto Calderoli, che al Senato è passato al Gruppo Misto.
Facendo pensare a molti che stia gettando le basi per un soggetto politico capace di dribblare giuridicamente le evoluzioni del caso Genova.
(da “Il Secolo XIX”)
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