RUSSIAGATE ANCHE PER LA BREXIT: DUE INCHIESTE SUI SOLDI SPORCHI ALL’UKIP
IL RUOLO DEL MISTERIOSO ARRON BANKS E LE INTERFERENZE DI PUTIN SUL REFERENDUM BRITANNICO
L’uomo che si è comprato la Brexit potrebbe averlo fatto con fondi neri provenienti dalla Russia. E anche in Gran Bretagna, come negli Usa prima delle presidenziali, Facebook e Twitter potrebbero essere stati i lasciapassare di Vladimir Putin per interferire sul referendum britannico.
Tutto andrà ovviamente dimostrato, ma intanto sia il Comitato elettorale inglese sia il Select committee di Westminster hanno aperto due inchieste per appurare se l’addio alla Ue sia stato sollecitato da “dark money”, usando la definizione del deputato laburista Ben Bradshaw, l’uomo che da tempo sfida il governo per avere chiarezza.
Nel bel mezzo dello scandalo sessuale che ha travolto il parlamento inglese, con le dimissioni del ministro della Difesa Michael Fallon, Bradshaw ci parla dal suo ufficio di Westminster, con ben altro per la testa:
«Sono mesi che chiedo risposte sulle possibili interferenze russe nella nostra democrazia, ma finora non ne avevo ricevuto di chiare. Ci sono prove, sempre più evidenti, di attività di Mosca su Facebook e Twitter nel Regno Unito», sostiene Bradshaw.
Nel mirino delle inchieste, però, ci sono soprattutto i quasi dieci milioni di sterline che un solo uomo, l’imprenditore inglese 51enne Arron Banks, ha iniettato nella campagna elettorale pro Brexit e nelle casse dell’Ukip, il partito xenofobo anti europeo che faceva capo a Nigel Farage.
La sua è stata la donazione più cospicua nella storia elettorale britannica ed è forse grazie a quel denaro che il Leave ha vinto il referendum.
Un’approfondita inchiesta di openDemocracy, citata da Bradshaw, ha messo in evidenza i guai finanziari di Banks.
Nel 2013 la sua compagnia di assicurazioni Southern Rock, con sede a Gibilterra, era in grosse difficoltà . Banks stesso aveva dovuto sborsare 40 milioni di sterline per tappare i buchi. Ma non erano bastati.
L’anno dopo, però, le preoccupazioni economiche sembravano evaporate e l’imprenditore aveva cominciato a investire in miniere di diamanti, aziende chimiche, società di consulenza politica e, soprattutto, aveva cominciato a finanziare l’Ukip.
Con quali soldi?
OpenDemocracy non è riuscita a stabilire la ricchezza reale dell’imprenditore che si scherma dietro conti off-shore e numerose società in cui è coinvolto. Ma di certo la sua resurrezione finanziaria ha del miracoloso.
OpenDemocracy ricorda anche che la seconda moglie di Banks è la russa Ekaterina Paderina, il cui ex marito, secondo il Sunday Times, era stato interrogato due volte dalla polizia responsabile della sicurezza nazionale che sospettava che Paderina fosse una spia per il governo di Mosca.
Banks nega ogni connessione con il Cremlino e definisce baggianate le accuse che gli vengono rivolte. Ma ora gli toccherà dimostrare la sua innocenza.
«Sappiamo già che alcune regole della campagna elettorale sono state violate», ammette l’onorevole Bradshaw. «Le nostre leggi sono molto severe. Per esempio ogni campagna ha un tetto massimo di spesa e le donazioni straniere non solo legali. Per questo è importante stabilire da dove vengano i soldi che hanno portato alla Brexit, cioè a un disastro per la Gran Bretagna».
Una donazione, in particolare, ha fatto preoccupare il laburista:
«Si tratta di 425.000 sterline ottenute dal Dup, il Partito unionista democratico dell’Irlanda del Nord, con le quali si è alimentato il movimento del Leave. A Belfast le regole sono diverse da quelle di Londra. I partiti possono ricevere donazioni anonime (poichè ai tempi degli scontri tra cattolici e protestanti finanziare un certo partito poteva voler dire condannarsi a morte, n.d.r.) eppure il comitato elettorale nordirlandese ha comminato una multa al Dup, spiegando solo che la fonte del denaro non era legale. Io chiedo che adesso le regole vengano cambiate».
Non un particolare di poco conto se si pensa che il Dup è il partito alleato dei conservatori grazie al quale Theresa May tiene in piedi il suo governo.
Il laburista vede un filo rosso tra il Russiagate americano e il possibile Brexitgate:
«Del resto lo stesso Robert Mueller (che indaga sui legami tra Donald Trump e la Russia, n.d.r.) sostiene che l’ex consigliere di Trump, George Papadopoulos, che ha ammesso contatti con Mosca, avesse affari anche a Londra. Il mio governo finora ci ha tenuti all’oscuro, ma spero che stia cooperando con gli Usa e che coopererà con le due inchieste aperte qui. E sono soddisfatto che, dopo le resistenze iniziali, Facebook e Twitter stiano ora collaborando».
Anche per il futuro serve tenere alta la guardia. Secondo il senatore americano Angus King, Mosca starebbe trafficando anche per incidere su un possibile secondo referendum scozzese per l’indipendenza.
«Non sono sorpreso — ammette Bradshaw — si parlava di un coinvolgimento russo anche per il primo referendum. Non dobbiamo dimenticare che l’obiettivo di Putin è di dividere e indebolire le grandi democrazie occidentali».
(da agenzie)
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